SALMA E GESSO! SMARRITI DURANTE GLI SCAVI AL CIMITERO I RESTI DEL PAPA’ DI RITA PAVONE: IL COMUNE DI TORINO CONDANNATO A UNDICIMILA EURO DI RIMBORSO – LA CANTANTE: "ABBIAMO VINTO LA NOSTRA BATTAGLIA. NOI FIGLI SIAMO RASSEGNATI A PIANGERE NOSTRO PADRE SU UN LOCULO CHE CONTIENE SOLO..."

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rita pavone rita pavone

Marco Bardesono per “Libero quotidiano”

 

Da diciotto anni non c' è più una tomba sulla quale pregare per Giovanni Pavone. Il papà di Rita, la piccola-grande cantante, il Giamburrasca che ha divertito e anche educato più di una generazione. Le spoglie mortali del genitore si persero durante le operazioni di esumazione avvenute nel cimitero Monumentale di Torino nell' aprile 2004. Dopo quasi vent' anni di denunce sui giornali e inchieste aperte e poi archiviate, due giorni fa il Tar del Piemonte ha riconosciuto i danni patrimoniali ed esistenziali agli eredi: i figli Rita, Pietro, Carlo e Cesare. Il comune di Torino dovrà pagare 1.400 euro per quello patrimoniale e 2.500 a ciascun erede per l' esistenziale. Un totale di 11.400 euro che a malapena serviranno per coprire le spese legali.

 

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INACCETTABILE «Ma non è questo ciò che conta», spiegano Rita e i suoi fratelli attraverso il loro legale, l' avvocato torinese Mauro Milan. «L' aspetto economico - aggiungono - per noi non era importante. Ciò che contava era l' affermazione di un principio, perché la dispersione dei resti non appare in alcun modo giustificabile o accettabile in quanto contrasta con la pietà che si deve non solo a nostro padre, ma a tutti i defunti».

 

Giovanni Pavone morì nel 1990 all' etá di 79 anni. Nel 2004 i figli furono convocati per assistere all' esumazione. Per un errore, come ha accertato anni dopo la procura di Torino, l' escavatore sfondò la cassa e i resti di Pavone e di altri defunti finirono in un cumulo di macerie. Inizialmente nessuno si accorse di nulla e alle famiglie che attendevano fu solo detto che non era stato trovato nulla. A denunciare lo scandalo fu il quotidiano torinese CronacaQui; seguirono gli esposti, ma l' inchiesta si fermò in quanto non fu rilevato dolo. I Pavone e altri parenti di defunti "spariti" non si arresero e proseguirono con iniziative legali sia sul piano civile che amministrativo. Quella di due giorni fa è la prima pronuncia sulla vicenda da parte di un organo giudicante. In giudizio il Comune di Torino ha rinunciato a "resistere" e ciò ha reso le cose un po' più semplici. Nel 2011, subito dopo l' archiviazione definitiva dell' inchiesta penale e di fronte al continuo scaricabarile tra Comune e la società che si occupava delle esumazioni, i quattro fratelli Pavone scrissero una lettera aperta nella quale esprimevano dolore e sdegno: «Nel momento più drammatico constatammo impietosamente l' avvenuta scomparsa dei suoi resti. L' incuria umana e quella negligente di certe dirigenze non ebbero a darci spiegazioni in merito, scaricando le proprie colpe reciprocamente».

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LA RIVINCITA Ieri sera, Rita Pavone è intervenuta sulla vicenda con un post sul suo profilo Facebook: «Qualche volta - scrive la cantante - bisogna sapere aspettare per ottenere quello che ci è dovuto, ma se siamo dalla parte della ragione, prima o poi la spunteremo. Ed è quello che è successo proprio nel giorno della Festa del Papà. Malgrado vari esami del Dna andati a vuoto su ossa ritrovate e riportate alla luce, noi figli siamo definitivamente rassegnati a piangere nostro padre su un loculo che invece dei suoi resti contiene solo il suo cappello da marinaio. Ma adesso lo faremo con orgoglio e anche con un leggero sorriso. Papà era orgoglioso del suo passato di marinaio e per questo si è deciso di mettere il suo cappello di ufficiale nel loculo. Perché quel cappello era il suo distintivo, il suo biglietto da visita che dichiarava il suo amore per il Paese. Adesso penso che anche nostro padre sorriderà con noi. Il cielo non ci ha abbandonati. Abbiamo vinto la nostra battaglia e ci è stata resa la dignità».

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