SIGNORA MIA, RISCHIAMO DI RESTARE SENZA LA FILIPPINA – DUTERTE SI RIBELLA ALLA “TRATTA DELLE COLF” (“TROPPE VIOLENZE”) E METTE LIMITI ALLE PARTENZE DELLE DONNE DA MANILA – “È L'ORGOGLIO DI UN CONTINENTE CHE NON HA ALCUNA INTENZIONE DI CONTINUARE A PULIRE IL CESSO ALTRUI"

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colf colf

Giorgio Gandola per la Verità

 

«Signora mia, sa qual è la novità? Rischiamo di rimanere senza la filippina». Un fremito percorre gli scaloni aviti, rimbalza sui bowindo del quartiere Prati a Roma e di Porta Venezia a Milano; il malumore si adagia come un foulard sui servizi da tè in argento, lustrati proprio ieri dalla meravigliosa colf arrivata da Puerto Princesa («Quelle di Mindanao valgono meno») una decina di anni fa.

 

duterte presidente filippine duterte presidente filippine

Lavora in silenzio a nove euro l' ora, dai un ordine e lei esegue, più che una collaboratrice è un ansiolitico per signore. Il pianeta radical chic è in subbuglio dopo aver letto la ferale notizia in prima pagina su la Repubblica, il suo giornale di riferimento. «Manila si ribella alla tratta delle colf: troppe violenze». Ma è l' occhiello rosso a preoccupare la datrice di lavoro con cinque giri di perle sul cachemirino beige: «Limiti all' emigrazione».

 

La vicenda è molto seria e la decisione del muscolare presidente Rodrigo Duterte è originale ma condivisibile: per evitare prepotenze, vite di stenti e inaccettabili soprusi ha deciso di contingentare l' emigrazione femminile dal suo Paese, vietando esplicitamente alcune nazioni cosiddette canaglia come il Kuwait e la Malesia, dove recentemente due ragazze hanno trovato la morte. Le due storie sono terribili. Joanna Daniela Demafelis, 29 anni, era partita nel 2013 per il Golfo Persico con lo scopo di trovare lavoro e aiutare così i genitori a ricostruire la casa distrutta da un incendio. Dopo un paio d' anni di lavoro nell' abitazione di una coppia siriano-libanese di Kuwait City, i contatti con la famiglia si sono interrotti.

truppe filippine truppe filippine

 

Joanna faceva parte della colonia di ben dieci milioni di persone espatriate nel mondo dalle Filippine e dall' Indonesia, con alterna fortuna. A lei è andata decisamente male. È stata trovata recentemente in un appartamento affittato, dentro il congelatore, strangolata dopo avere subito violenze di ogni genere. È la quarta domestica filippina uccisa barbaramente in Kuwait in meno di un anno. La seconda vicenda da brividi è quella di Adelina Luisao, 21 anni, indonesiana, che era andata a servizio a Penang, in Malesia. È morta di fatica e di stenti dopo tre anni di soprusi documentati dai vicini di casa della famiglia che la ospitava. La facevano dormire sul pavimento, tenuta a bada da un rottweiler. Il presidente indonesiano, Joko Widowo, sta pensando di imitare il collega ed emettere un' indentica ordinanza.

 

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Laggiù la chiamano tratta delle colf, ma fatta eccezione per questi casi limite non è altro che il naturale flusso di emigrazione, con le sue durezze, con il suo cinismo.

Da noi tutto ciò è all' amatriciana, la colf ha un ruolo sociale, è finita anche dentro i cinepanettoni. Qui al massimo si rischia un eccesso di colonialismo chic. «La settimana prossima ti portiamo a Gstaad, peccato ci sia la neve farinosa», è una frase imbecille che non ha in sé niente di violento. In Italia il flusso migratorio verso il Bimbi e il frigorifero a due piazze continuerà; la sinistra al caviale potrà seguitare ad indignarsi leggendo il giornale e ad avvalersi della collaboratrice domestica venuta da lontano.

 

Dopo un momento di smarrimento, immaginiamo che a casa di Francesco Rutelli, di Walter Veltroni, di Marianna Madia, di Beppe Sala gli animi si siano placati; Duterte ha ragione ma non sta ovviamente parlando di loro.

 

Il Donald Trump delle Filippine ci ha preso. E pur non avendo niente contro la fuga dei cervelli, sembra abbia parecchio da obiettare allo sfruttamento occidentale delle braccia asiatiche.

 

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Che senso ha lasciare che le ragazze di Manila in cerca di sogni vengano relegate in cucina a diecimila chilometri di distanza? Quella di Duterte è una decisione che mette a fuoco un sistema sociale distorto, uno dei simboli fallimentari della globalizzazione. È la prima presa di posizione forte in questo senso, è un' inversione di rotta. In fondo è l' orgoglio di un continente che non ha alcuna intenzione di continuare a pulire il water e a mettere a letto il nonno altrui. La legge «anti badante» varata nelle Filippine dovrebbe far riflettere per primi coloro che non trovano nulla di male, anzi si sentono molto cosmopoliti nell' allargare le braccia, accogliere tutti per relegarli nello scantinato, per costringerli a far parte del panorama di servizio e garantire loro soltanto una vita da fame.

 

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Non lo diciamo noi, che abbiamo come supporto solo la realtà, flebile e poco praticata dai mercanti di sogni (Gaber cantava provocatoriamente «Non fatevi fuorviare dalla realtà»). Lo dice un' autorità ecumenica come l' Università Cattolica di Milano, che un anno e mezzo fa ha organizzato attraverso il suo centro di ricerca Cross un percorso di 12 incontri al termine dei quali ha attribuito, a coloro che frequentavano, il patentino dei rifugiati e richiedenti asilo politico. Finanziati dal ministero dell' Interno, i seminari servivano ad aiutare i migranti a inserirsi nella società italiana.

 

E accanto a temi come «Sistema formativo e mercato del lavoro» o «Progettualità di carriera», ecco fare capolino un argomento chiave: «Le aspettative irrealistiche», alle quali seguiva in automatico il corso su «come ridisegnare la nuova carriera alla luce del nuovo scenario occupazionale». Colf, se va bene. Colf in villa italiana se va benissimo, ma pur sempre colf. Viene una gran voglia di fare il tifo per Duterte, detto il Castigatore per la sua inclinazione alla tolleranza zero. I radical chic sostengono fermamente che ogni lavoro abbia una sua dignità, quindi i piatti toccano a loro.

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