IL VERO “MADE IN ITALY” E’ LA TRUFFA! SE PER I FALSARI CHE STAMPAVANO MONETE TAROCCHE A NAPOLI CI VUOLE LA GALERA, PER QUELLO CHE HA RIFILATO, A UN ALLOCCO TEDESCO, UN BIGLIETTO DA 300 EURO (!) CI VUOLE L’APPLAUSO

Certo, a forza di buttarla in ridere si può arrivare tranquillamente anche al collasso del sistema. E comunque nel nostro privato la voglia di ridere passa di colpo, quando ci resta in mano il cerino acceso di una banconota farlocca, dopo il suo lungo giro cominciato nei dintorni del Vesuvio…

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Cristiano Gatti per "il Giornale"

 

Un altro duro colpo inferto alla creatività del Made in Italy: la voglia di titolare così è molto forte, quasi irresistibile. A dirla tutta, siamo troppo legati a Totò e Peppino in una delle loro leggendarie recitazioni («La banda degli onesti») per resistere alla tentazione perversa di una certa indulgenza, inconfessabilmente malinconica e affettuosa, nei confronti dei nostri falsari.

BIGLIETTO DA 300 EURO FALSO BIGLIETTO DA 300 EURO FALSO

 

È storia: nel ramo specifico, con o senza Totò, siamo da sempre i numeri uno al mondo. La nostra inesauribile vena artistica, il nostro gusto per l'alta precisione artigianale, la nostra inguaribile furbizia levantina ci portano a ridicolizzare puntualmente la concorrenza. Via, come possono pensare di arrivare ai nostri livelli, anche con tutto l'impegno e lo zelo che riescono a metterci persino i grandi copiatori asiatici, se il nostro genio ora vanta l'impresa totale, il pezzo d'autore più inedito di sempre: farsi cambiare da un tedesco la banconta da 300 euro, nuovo conio che nessuna zecca europea aveva mai nemmeno immaginato.

 

Lo sappiamo: non sarà una retata, benchè ingegnosa e capillare come quest'ultima, a stroncare la gloriosa tradizione. Per un falsario che viene ingabbiato, altri dieci sono pronti a colmare il vuoto. A raccoglierne l'eredità artistica e lo spirito imprenditoriale. Un know-how secolare non viene sgominato da una retata. E neppure da dieci retate. La verità è che il falso, in certi luoghi italiani, è patrimonio culturale.

TOTO BANDA DEGLI ONESTI TOTO BANDA DEGLI ONESTI

 

Affonda le radici nel territorio, nel costume, nella stessa anima della comunità. Viene tramandato religiosamente di padre in figlio, inalterabile dal tempo e dalle evoluzioni tecnici. Ammettiamolo: di fronte a un falsario vero, di quella scuola che una volta persino l'intelligence europea definì «qualitativamente inarrivabile», di fronte a simili talenti nessuno degli onesti riesce a provare soltanto sdegno e condanna: inconfessabile, nascosta, nel doppiofondo, sopravvive sempre una microscopica particella di ammirazione.

 

Con tutta l'ironia e il cinismo goliardico che ci vogliamo concedere, non dobbiamo però cadere nell'errore di minimizzare, comprendere, giustificare. Al netto del colore e di Totò, queste bande stampano moneta corrente, come vorrebbero fare - senza averne più il potere - i singoli stati sovrani per reagire alla crisi. Anche se ci scappa da ridere, questo resta pur sempre uno dei reati più gravi.

 

A forza di buttarla in ridere si può arrivare tranquillamente anche al collasso del sistema. E comunque nel nostro privato la voglia di ridere passa di colpo, quando ci resta in mano il cerino acceso di una banconota farlocca, dopo il suo lungo giro cominciato nei dintorni del Vesuvio.

TOTO’ BANDA DEGLI ONESTI TOTO’ BANDA DEGLI ONESTI

 

A quel punto è rabbia vera, come per un furto o uno scippo. Verificare improvvisamente che il nostro biglietto da venti, da cinquanta, da cento (lasciamo perdere quello da trecento) è in realtà carta da vetri non diventa poi così esilarante e folkloristico. È solo in quel momento, forse, che davvero realizziamo quanto in realtà sia poco invidiabile un certo mitologico Made in Italy, diffuso in giro per il mondo con il brand «Illegalità». È in quel momento che comprendiamo l'unica verità vera: prima ce ne liberiamo, prima diventiamo una nazione civile.

 

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