VI IMMAGINATE UN VIGILE CHE NON FA MULTE PERCHÉ HA LASCIATO LA PENNA A CASA? GLI AGENTI DELLA MUNICIPALE DI ROMA MINACCIANO DI INCROCIARE LE BRACCIA NELLE SETTIMANE DELLE FESTIVITA' PERCHÉ NON HANNO DIGERITO LA NOMINA DI UN GENERALE DELL’ESERCITO A CAPO DELLA SQUADRA. E SI SENTONO SOTTO ATTACCO SENZA CHE VIRGINIA RAGGI LI DIFENDA (MA SONO DIFENDIBILI?) - L’APPIGLIO E' SERVITO: LE FORNITURE DI PENNE E OROLOGI NON ARRIVANO DAL COMANDO GENERALE...

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Flaminia Savelli per http://www.ilmessaggero.it

 

La nomina di un generale dell' Esercito a capo dei vigili urbani deflagra sottotraccia nei ranghi della Municipale di Roma. La sindaca Virginia Raggi ha scelto Paolo Gerometta, alto ufficiale in ausiliaria, insomma in prestito dal Ministero della Difesa, per rimpiazzare l' ex comandante Stefano Napoli, dopo un' ondata di polemiche, vecchi scandali tornati a galla e malumori. Con la decisione di assegnare a un esterno la guida della polizia locale, la polemica sta già montando tra i 6mila agenti. E rischia di tradursi in uno sciopero bianco.

 

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«Lasciamo a casa orologio e penna. Sono gli strumenti, insieme al fischietto, del nostro mestiere. Senza non possiamo notificare atti e multe» annuncia Mauro Cordova, presidente dell' Arvu, l' associazione romana vigili urbani che conta oltre 2 mila iscritti. La minaccia è di lasciare le strade della città, nelle due settimane più calde dell' anno per le festività natalizie, senza regole e controlli.

Con una protesta che fa leva su un cavillo burocratico: le forniture di orologi e penne ai pizzardoni romani non arrivano dal comando generale. «Li compriamo noi, io stesso rifornisco i miei iscritti» spiega Cordova, che di proteste e battaglie sindacali ormai è esperto.

 

LE REAZIONI

Negli anni 70, Cordova, era un agente in servizio del centro storico quando alla guida del comando Generale c' era Francesco Andreotti, fratello del senatore Giulio. Poi ha attraversato mezzo secolo di storia dell' amministrazione capitolina come funzionario e quindi come presidente dell' Arvu.

 

Ora, in testa all' ennesimo braccio di ferro tra pizzardoni e amministrazione. Ad accendere la miccia della protesta non sarebbe però solo la nomina del generale Gerometta. I motivi dei pizzardoni avrebbero radici più profonde. Da giorni il malcontento è alimentato da polemiche e incertezze: «Ci sentiamo traditi, il corpo della Municipale è stato attaccato su più fronti e non è stato difeso» dice Cordova. A partire dal servizio di Report andato in onda la settimana scorsa e che inanella una serie di inchieste sul corpo della polizia Locale romana.

 

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Dalle autorizzazioni per i set cinematografici, alle ombre sui gruppi che coordinano i controlli su negozi e ristoranti del centro storico. Indagini archiviate ma che hanno spinto il Campidoglio a procedere con le rotazioni dei vigili destinati agli incarichi più delicati, e cioè commercio e ambulanti. La risposta, al pugno duro della sindaca Raggi che ha incassato pure le dimissioni dell' ormai ex comandante Napoli, sta dunque arrivando. Con i caschi bianchi che senza orologi e penne, si stanno preparando a notificare atti e sanzioni con tempi lunghi. A rallentare il lavoro dunque, e le pratiche. Minacciando addirittura l' interruzione del servizio. In settimane delicatissime per i romani che dovranno già fare i conti con restrizioni e divieti previsti per le norme sanitarie. Una su tutte: il rispetto del coprifuoco, il divieto di circolazione nelle ore notturne tra Natale, Santo Stefano e Capodanno. Ma senza vigili a presidiare le strade.

 

I PRECEDENTI

Non si tratta della prima rivolta silenziosa. Durante l' amministrazione del sindaco Ignazio Marino - era la notte del 31 dicembre 2014 - sparirono dai ranghi ben 767 vigili previsti in servizio (con la collaborazione di molti medici di fiducia).

Un' assenza di massa per contestare due iniziative dell' ex primo cittadino: aver rimesso in discussione il salario accessorio (lo straordinario notturno alle quattro del pomeriggio) e aver tentato di applicare un sistema di rotazione del personale negli uffici previsto dal piano anticorruzione, sostenuto pure dall' allora comandante del Corpo Raffaele Clemente.

 

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