AMERICA FATTA A MAGLIE - BOOM DEI POSTI DI LAVORO, BORSA RECORD, MARINES IN SIRIA, OBAMACARE IN VIA DI RIFORMA, -40% I TENTATIVI DI INGRESSO ILLEGALE AL CONFINE: TUTTO SOMMATO IL 45ESIMO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI BOMBARDATO DAL PARTITO DI OPPOSIZIONE E DAI MEDIA MONDIALI COME UN MALFATTORE CHE AVREBBE RUBATO IL POSTO CHE OCCUPA, SEMBRA CAVARSELA - IL RUSSIAGATE SMONTATO DAL ‘NEW YORKER’

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il discorso di donald trump al congresso 5 il discorso di donald trump al congresso 5

 

Maria Giovanna Maglie per Dagospia

 

Preparate le manette o perlomeno i moduli per l'impeachment, e nel frattempo inorridite per il negazionista nominato all'ambiente (ma la parola irripetibile non si usava per l'Olocausto?), per l'incapacità già dimostrata del nuovo segretario di Stato, per le dichiarazioni dell’attorney general su Guantanamo, per la rissa tra repubblicani su un’impossibile riforma della sanità di Obama, insomma cronaca di una settimana ulteriore di disastro dalla Casa Bianca secondo i giornaloni. Solo che non è così.

 

Solo che il lavoro è cresciuto a 235000 posti in più nel solo mese di febbraio e sono saliti i salari, il numero degli americani occupati è a livelli record, triplicato il numero di impieghi nel manifatturiero e nei posti di governo, le costruzioni sono allo sviluppo più grande degli ultimi 10 anni, il debito in un mese e mezzo è diminuito di 60 miliardi di dollari.

 

donald trump nell ufficio ovale casa bianca donald trump nell ufficio ovale casa bianca

Sono anche diminuiti del 40% i tentativi di ingressi di illegali ai confini. Insomma, America great again, ha twittato Drudge report e ha ritwittato il presidente Donald Trump, citando i dati forniti da Matt Drudge sulla eccezionale performance del Paese nell'ultimo mese. Naturalmente non è tutto  merito della nuova presidenza, lo è però in parte, Trump come qualsiasi leader al suo posto fa bene a mettere il cappello sulle conquiste, quel che maggiormente e incredibilmente stride è un'altra cosa, ovvero che si cerchi di nascondere nell'informazione questi dati.

 

Ci sarebbe anche da annunciare che i marines sono arrivati in Siria e ti saluto politica del “leading from behind” e del “no boots on the ground” di obamiana memoria, ovvero strategia di intervenire tardi, poco e male, e collezionare soltanto figuracce e insuccessi, che ha trasformato il Medio Oriente in un orrendo teatro di strage militare e di confrontation politica.

 

marines americani in siria marines americani in siria

Sono arrivati 400 tra marines e Army Rangers pronti a dare un colpo definitivo all'Isis contro la roccaforte di Raqqa. Che poi gli strateghi politici dell'eliminazione del califfato Donald Trump se li è coltivati negli ultimi due anni, ci ha fatto la campagna elettorale con loro, e sono personaggi eclettici come l'ungherese cresciuto in Inghilterra, figlio di una vittima del comunismo, Sebastian Gorka, e sua moglie Katherine, due che a distruggere Isis e terrorismo islamico hanno dedicato tutta la vita e che ora sono rispettivamente consigliere anziano nello staff della Casa Bianca e alto funzionario alla Homeland security.

marines americani in siria marines americani in siria

 

Verrebbe da dire, a usare il buon senso, che se questo è isolazionismo, meno male, ben venga. Ci sarebbe anche che l'indice di gradimento del presidente Trump e al 52% secondo Rasmussen reports, che io cito sopra gli altri perché l'intera campagna elettorale ne ha dimostrato la capacità di rilevazioni e sondaggi obiettivi, ed anche la grande popolarità della first lady Melania, le vendite di vestitini della figlia Ivanka al record nazionale, insomma tutto sommato il 45esimo presidente degli Stati Uniti bombardato dal partito di opposizione e dai media mondiali come un malfattore che avrebbe rubato il posto che occupa, sembra cavarsela.

 

Anche con l'annosa questione  della riforma della sanità  Trump sembra aver imboccato senza rimorsi la strada del compromesso moderato in accordo con il presidente del gruppo della Camera, Paul Ryan, senza curarsi della protesta dei democratici, che era scontata ed è giustificata perché si tratta della loro riforma cardine di 8 anni, ma anche delle proteste altrettanto forti dei conservatori repubblicani più rigorosi.

il discorso di donald trump al congresso 6 il discorso di donald trump al congresso 6

 

La Casa Bianca è arrivata alla conclusione che una legge come quella non la puoi buttare, devi cercare di emendarla e migliorarla, e in questo gli americani lo seguono perché solo il 12% vuole mantenerla ma l'83% dice che il Congresso e il presidente devono trovare una qualche forma di programma che la rimpiazzi, non la elimini completamente. Il 62% degli elettori dice che la cosa  importante e’ ridurre i costi dunque che è più importante spendere di meno che avere un'assicurazione obbligatoria per tutti .

 

Di questa riforma noi italiani dovremmo avere un'idea molto chiara perché quel che Obama ha fatto e’ enfatizzare un sistema nel quale i politici eletti cercano in continuazione di attirare voti di alcuni blocchi di elettori facendone  pagare i costi agli altri. Il principio al quale sperava di ispirarsi Trump, glielo ricorda in un editoriale il Wall Street Journal, e’ che le sole persone che ricevono sussidi dovrebbero essere i poveri oppure quelli le cui malattie congenite o croniche li rendono non assicurabili, e che però questo tipo di sussidio non deve essere fatto in modo tale da incoraggiare le persone a non  assicurarsi finché non si ammalano.

donald trump jeff sessions donald trump jeff sessions

 

Alla fine però’ rispetto a questi principi si prepara una via di mezzo, e resterà’ un sistema ampiamente pagato dalla collettività, più di quanto gli americani avrebbero voluto, ma meno ingiusto e burocraticamente forzoso di quello messo in piedi da Obama obbligando alcune categorie a comprare polizze sovrapprezzo in modo che altri potessero averne sotto prezzo. Più onesto allora il sussidio diretto di Stato.

 

La diatriba sulla sanità può apparire noiosa, ma è di fatto al top delle preoccupazioni e delle arrabbiature degli americani soprattutto ora che si prepara la dichiarazione delle tasse. Rischia certamente di interessare di meno almeno per il momento la politica estera, ma le novità sono molto importanti.

 

Gli Army Rangers sono arrivati a controllare Manbij, la città siriana liberata dalle forze curdo arabe, mentre i marines vanno a combattere per prendere all’ Isis Raqqa. Il quale Isis in Iraq sta perdendo completamente terreno, e le forze irachene sono vicine ad al Nour, la Grande Moschea da dove nacque il califfato, e da dove oggi pare che il califfo sia scappato. Praticamente i marines sono in grado di dare una grande mano alle forze locali perché hanno le armi pesanti.

sergey kislyak sergey kislyak

 

 L'iniziativa vincente ci porta dritti dritti alla Russia e all'accordo raggiunto con la Russia da quei ministri e militari che i giornali continuano a dipingere come fallimentari o inutili. I vertici di  forze armate russe, americane e turche si sono accordate durante l'incontro ad Antalya. Probabilmente Erdogan ha chiesto qualcosa di importante in cambio del permesso ai curdi di combattere, e altrettanto probabilmente gli uomini di Trump hanno detto che interverranno forze arabe a controllare la fase dopo la guerra.

il new yorker su jeff sessions e sergey kislyak il new yorker su jeff sessions e sergey kislyak

 

Resta da capire che cosa succede con Assad che potrebbe a questo punto riconquistare terreno, ma gli americani hanno garantito che resteranno in Siria. Vedete che gli States sono tornati a contare nell'area in poco tempo, e sono tornati a fare accordi con russi e turchi che erano fuori controllo fino a ieri. Evidentemente a parlare con l'ambasciatore russo non si fa solo peccato.

 

A questo proposito una nota di colore, anche se a pensarci bene è grave: il mitico New Yorker, quello che si sente il padrino dei letterati di tutto il mondo radical chic, ha scritto un lungo articolo sulle attività dell'ambasciatore russo in America e ha dovuto riconoscere che questo signore si è mosso sempre da grande diplomatico, parlando con tutti, cercando di  raccogliere informazioni di alto livello e di fornire suggerimenti utili al suo Paese, insomma ha fatto l’ambasciatore.

 

Il titolo dell'articolo originariamente era “Che c'è di male a parlare con l'ambasciatore russo?”, e a fine lettura la risposta era un “ben poco”, visto che anche i membri della campagna Obama raccontano al giornalista di aver parlato coi diplomatici sovietici nei mesi prima dell’elezione 2008. Eppure, una manina ha provveduto a cambiarlo in un secondo momento, in un più ambiguo “Perché Jeff Sessions dovrebbe nascondere i colloqui con Serghej Kislyak?’’.

il new yorker su jeff sessions e sergey kislyak con titolo sospettoso il new yorker su jeff sessions e sergey kislyak con titolo sospettoso

 

 

 

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