Mario Sensini per il Corriere della Sera
È stato un colloquio tesissimo. Durante il quale Giulio Tremonti ha chiesto a Silvio Berlusconi una scelta di campo netta e definitiva. O la linea europea, quella del rigore e della ragionevolezza sui conti pubblici, o quella della spesa. Ben interpretata, secondo il ministro dell'Economia, dai concetti espressi da Gianfranco Fini ieri sul Corriere della Sera.
È stato quasi superfluo aggiungere che lui, Giulio Tremonti, non rimarrebbe un minuto di più al suo posto nel governo se il premier dovesse scegliere la via facile della spesa pubblica. Doveva essere una telefonata distensiva, quella fatta ieri a tarda sera al ministro dell'Economia dal presidente del Consiglio, che dalla Russia tornerà solo questa mattina. Il tentativo di rassicurarlo dopo l'annuncio improvviso, affidato a Gianni Letta, di una «graduale riduzione dell'Irap fino alla sua soppressione». Che dire sia stato accolto con sorpresa dal titolare dell'Economia è forse un eufemismo.
Dopo il ritorno in campo di Fini sulla politica economica e il documento dei dieci punti che chiede un cambio di passo, smentito da tutti ma segno evidente del clima che si respira nella maggioranza, la sortita sull'Irap è stata la classica goccia di troppo nel bicchiere.
Va bene che la riduzione «graduale e progressiva» dell'Irap è prevista dal programma elettorale del Popolo della Libertà. Ed è pure vero che lo stesso Tremonti, non più di una settimana fa a Milano, parlava dell'Irap come di «una delle criticità del sistema».
A differenza della Francia, che ha finito con il mettere tre nuove tasse, diceva il ministro dell'Economia, «se noi eliminiamo l'Irap la eliminiamo e basta». Il problema sta in quel «se», pronunciato dal titolare del Tesoro. Perché una discussione sui tempi, la quantità e le modalità tecniche dell'operazione non c'è mai stata all'interno del governo o della coalizione di maggioranza. E abbattere l'Irap non è un'operazione semplice. Ogni anno quella tassa, per quanto odiata, porta nelle casse dello Stato una quarantina di miliardi di euro.
Perché il taglio sia sensibile, ed avvertibile dalle imprese che ieri si sono subito lanciate in grandi apprezzamenti al premier, servono risorse che oggi è impossibile trovare nel bilancio. A disposizione ci sarebbero pure il gettito dello scudo fiscale, che potrebbe anche arrivare a oltre 5 miliardi di euro, ed una parte dei fondi per i Tremonti Bond alle banche, che avanzano.
Ma nonostante quel che dice qualche ministro, con le «una tantum» non è proprio possibile finanziare una riduzione strutturale delle tasse, come sarebbe in ogni caso il taglio dell'Irap. Si potrebbe fare in deficit, ma la tenuta del bilancio per Tremonti è la condizione indispensabile per il rilancio dell'economia, ma anche per continuare a debito pubblico.
Non a caso, ieri, le agenzie di rating hanno soppesato la proposta del collocare tutti i mesi gli enormi quantitativi di titoli di Stato che servono per finanziare il premier con grande perplessità, parlando di «un cambio di rotta sorprendente ». «Finora l'Italia non ha preso misure discrezionali di taglio delle tasse - sottolineano gli analisti dell'agenzia di rating Fitch - tenendo un comportamento responsabile dato l'elevato debito pubblico ».
Per il taglio dell'Irap servirebbero altrettanti tagli di spesa pubblica. Una scelta va fatta. Oggi Berlusconi e Tremonti, atteso in serata a Lecce per la due giorni a porte chiuse dell'Aspen, si parleranno. Gianni Letta, che ieri sera ha vestito di nuovo i panni del mediatore, dopo una giornata di forte tensione, fa intendere un certo ottimismo. Il colloquio avverrà subito prima del Consiglio dei ministri durante il quale, semmai il faccia a faccia tra il premier e il ministro avesse esito positivo, tutto dovrà esser messo ben in chiaro sul tavolo.