LASCIA O RADDOPPIA? ORE 12: TREMENDINO TREMONTI VA AL CONSIGLIO DEI MINISTRI E CHIEDEREBBE UN "SEGNALE FORTE" DA BERLUSCONI E TIPINI FINI: NON SOLO LA CARICA DI MINISTRO DELL'ECONOMIA MA ANCHE QUELLA DI VICE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO! - IN CASO DI RIGETTO, GIULIETTO LASCIA - BOSSI LO HA 'VENDUTO' PER PIEMONTE E VENETO? - (PRONTI I FESTEGGIAMENTI IN CASA PDL, D.J. GIANNI LETTA, LAP-DANCER STEFANIA PRESTIGIACOMO) -

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Mario Sensini per il Corriere della Sera

È stato un collo­quio tesissimo. Durante il qua­le Giulio Tremonti ha chiesto a Silvio Berlusconi una scelta di campo netta e definitiva. O la linea europea, quella del rigore e della ragionevolezza sui con­ti pubblici, o quella della spe­sa. Ben interpretata, secondo il ministro dell'Economia, dai concetti espressi da Gianfran­co Fini ieri sul Corriere della Sera.

È stato quasi superfluo aggiungere che lui, Giulio Tre­monti, non rimarrebbe un mi­nuto di più al suo posto nel go­verno se il premier dovesse scegliere la via facile della spe­sa pubblica. Doveva essere una telefona­ta distensiva, quella fatta ieri a tarda sera al ministro dell'Eco­nomia dal presidente del Con­siglio, che dalla Russia tornerà solo questa mattina. Il tentati­vo di rassicurarlo dopo l'an­nuncio improvviso, affidato a Gianni Letta, di una «graduale riduzione dell'Irap fino alla sua soppressione». Che dire sia sta­to accolto con sorpresa dal tito­lare dell'Economia è forse un eufemismo.

Dopo il ritorno in campo di Fini sulla politica economica e il documento dei dieci punti che chiede un cambio di pas­so, smentito da tutti ma segno evidente del clima che si respi­ra nella maggioranza, la sortita sull'Irap è stata la classica goc­cia di troppo nel bicchiere.

Va bene che la riduzione «gradua­le e progressiva» dell'Irap è prevista dal programma eletto­rale del Popolo della Libertà. Ed è pure vero che lo stesso Tremonti, non più di una setti­mana fa a Milano, parlava del­­l'Irap come di «una delle critici­tà del sistema».

A differenza della Francia, che ha finito con il mettere tre nuove tasse, dice­va il ministro dell'Economia, «se noi eliminiamo l'Irap la eli­miniamo e basta». Il problema sta in quel «se», pronunciato dal titolare del Tesoro. Perché una discussione sui tempi, la quantità e le modalità tecniche dell'operazione non c'è mai sta­ta all'interno del governo o del­la coalizione di maggioranza. E abbattere l'Irap non è un'operazione semplice. Ogni anno quella tassa, per quanto odiata, porta nelle casse dello Stato una quarantina di miliar­di di euro.

Perché il taglio sia sensibile, ed avvertibile dalle imprese che ieri si sono subito lanciate in grandi apprezza­menti al premier, servono ri­sorse che oggi è impossibile trovare nel bilancio. A disposizione ci sarebbe­ro pure il gettito dello scudo fiscale, che potrebbe anche arrivare a oltre 5 miliardi di euro, ed una parte dei fondi per i Tremonti Bond alle ban­che, che avanzano.

Ma nono­stante quel che dice qualche ministro, con le «una tantum» non è proprio possibile finan­ziare una riduzione strutturale delle tasse, come sarebbe in ogni caso il taglio dell'Irap. Si potrebbe fare in deficit, ma la tenuta del bilancio per Tre­monti è la condizione indi­spensabile per il rilancio del­l'economia, ma anche per con­tinuare a debito pubbli­co.

Non a caso, ieri, le agen­zie di rating hanno soppe­sato la proposta del collocare tutti i mesi gli enormi quantitativi di ti­toli di Stato che servono per finanziare il pre­mier con grande perples­sità, parlando di «un cambio di rotta sorpren­dente ». «Finora l'Italia non ha preso misure di­screzionali di taglio delle tasse - sottolineano gli analisti dell'agenzia di ra­ting Fitch - tenendo un comportamento responsabile dato l'elevato debito pubbli­co ».

Per il taglio dell'Irap servi­rebbero altrettanti tagli di spe­sa pubblica. Una scelta va fatta. Oggi Berlusconi e Tremonti, at­teso in serata a Lecce per la due giorni a porte chiuse del­l'Aspen, si parleranno. Gianni Letta, che ieri sera ha vestito di nuovo i panni del mediatore, dopo una giornata di forte ten­sione, fa intendere un certo ot­timismo. Il colloquio avverrà subito prima del Consiglio dei ministri durante il quale, sem­mai il faccia a faccia tra il pre­mier e il ministro avesse esito positivo, tutto dovrà esser mes­so ben in chiaro sul tavolo.

 

 

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