Da "La Stampa"
Un agente della marina messicana - Guerra ai Narcos e alla drogaColpo grosso del governo messicano: mercoledì notte, dopo quattro ore di combattimento con mitra e granate, le forze speciali della Marina che cercavano di prenderlo vivo hanno ucciso Arturo Beltrán Leyva, uno dei tre «padrini» più ricercati del Paese. Lo spietato boss, 48 anni, capo del cartello Beltrán che guidava insieme ai fratelli, aveva molti soprannomi: «El Barba», «Scarpe Bianche», «Morte».
Ma quello cui teneva di più, con il quale firmava l'esecuzione dei suoi nemici - che squartava - era «il Capo dei Capi». «È stata un'azione importantissima, la prova che lo Stato prevarrà sui criminali», ha commentato soddisfatto il presidente conservatore Felipe Calderón.
Il Paese, sconvolto dalla narcoguerra, soprattutto a partire dal 2006, quando Calderón iniziò la crociata armata contro i trafficanti, impiegando fino a 50 mila uomini delle Forze Armate - bilancio: 17 mila morti ammazzati in tre anni, 7 mila nel 2009) - ha vissuto il blitz in diretta tv. Il «Barba» si era rifugiato nel suo covo, il residence di lusso Altitudes, un complesso di sei torri di dieci piani a Cuernevaca, 70 km a Sud di Città del Messico, soprannominata la «Città dell'eterna primavera». Una zona ricercatissima dai vip aztechi. Con sé aveva sette sicari, sei dei quali sono morti con lui resistendo fino all'ultimo.
CACCIA AI NARCOS IN MESSICOL'intelligence della Marina l'aveva localizzato venerdì scorso a Morelos a una festa con famose star musicali, ma il Barba era riuscito a scappare. Qualcuno aveva soffiato la retata al boss, famoso per corrompere chi gli dava la caccia, tra cui nientemeno che l'ex zar dell'Antidroga Ramírez Mandujano. Però, forse per la taglia che pendeva sulla sua testa - un milione e mezzo di euro - uno dei criminali feriti e catturati a Morelos ha spifferato dove si nascondeva.
Figlio, fratello e cugino di trafficanti di droga, il «Capo dei Capi» era nato in una delle culle dei narcos, Badiraguato, nello Stato di Sinaloa, che non a caso dà il nome a uno dei sei cartelli che si sono divisi il Messico e che fanno da pipe-line nel traffico di cocaina (oltre che di eroina e droghe sintetiche) tra la Colombia e gli Stati Uniti.
Crudele e vendicativo, prima ha fatto parte della mafia del suo grande nemico, El Chapo Guzmán, leader del cartello di Sinaloa, poi nel 2004 si è messo in proprio, controllando sei Stati nell'Est del Paese. Alleandosi però con i terrificanti Zetas, il braccio armato del cartello del Golfo, ex forze speciali dell'Esercito addestrati negli Usa e poi passati ai narcos perché pagano molto meglio.
Agenti si calano nel tunnel sotterraneo tra USA e Messico scovato dentro una casa ( Ap)I Seals della Marina questa volta non hanno fallito come nel 2008, sempre a Morelos, quando il «Barba» era riuscito a volatilizzarsi e, per far capire chi era, aveva ordinato l'esecuzione del capo della polizia federale che comandava il blitz, e che fu freddato a casa sua. Alle 17,30 le teste di cuoio sono arrivate a centinaia, con l'appoggio degli elicotteri. Hanno allontanato i vicini di casa, poi è cominciato il conflitto a fuoco, mentre la città tratteneva il fiato. Nell'appartamento da mille e una notte, pieno di sangue, i militari hanno trovato lanciagranate, mitra, pistole. E 40 mila dollari in contanti.
Famoso anche come fan delle teste mozzate di narcos nemici e di poliziotti, «Morte» è il più importante boss neutralizzato da quando Calderón combatte i narcos con l'esercito. Gli Stati Uniti, nell'agosto scorso, oltre a includerlo tra i Most Wanted, lo avevano accusato di aver contrabbandato nel Paese, tra il 1990 e il 2008, 200 tonnellate di cocaina, enormi quantità di eroina e 5,8 miliardi di dollari in contanti. «Muore il Barba, capo dei Beltràn, stavolta non l'ha fatta franca», titolava ieri a tutta pagina, trionfante, «El Universal».