UNA BIOGRAFIA “NON AUTORIZZATA” RACCONTA MISTERI E SEGRETI DI GIANNI LETTA - È RARO LEGGERE 280 PAGINE DI FILA NON OSSEQUIOSE SULL’UOMO PIÙ POTENTE D’ITALIA - È DA 15 ANNI ORMAI L’INTOCCABILE DEGLI INTOCCABILI. PIÙ DI BERLUSCONI, PIÙ DELLA FIAT - A PARTE “IL FATTO”, PUNTUALIZZA MARCO LILLO, NESSUN GIORNALE OSA DISTURBARE IL POLIZIOTTO BUONO DEL REGIME, E NOI AGGIUNGIAMO: TANTO MENO SANTORO (GLI AUTORI GIUSY ARENA E FILIPPO BARONE LAVORANO NELLA REDAZIONE DI ‘ANNO ZERO’)

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1 - IL GRAN VISIR DELLA SECONDA REPUBBLICA: UNA BIOGRAFIA "NON AUTORIZZATA" NE RACCONTA MISTERI E SEGRETI
Marco Lillo per Il Fatto

La biografia non autorizzata di Gianni Letta, firmata da Giusy Arena e Filippo Barone, è una boccata di aria fresca nella cappa dell'editoria italiana. È raro leggere 280 pagine di fila non ossequiose sull'uomo più potente d'Italia. Letta è da 15 anni ormai l'intoccabile degli intoccabili. Più di Berlusconi, più della Fiat.

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Nessuno osa disturbare il poliziotto buono del regime. Nessuno scrive una riga negativa sul sottosegretario che siede sul tesoro dei fondi all'editoria. I giornali italiani si dividono in due categorie: da un lato la stampa di partito che riceve i fondi milionari dell'ufficio che dipende da Letta.

E dall'altro i grandi quotidiani degli editori impuri (banche, case automobilistiche, produttori di energia elettrica) che da un lato battono cassa per i prepensionamenti al medesimo ufficio e dall'altro sono sottoposti ad autorizzazioni e concessioni governative e non vogliono precludersi una linea dialogante con il Governo che deve dare loro autorizzazioni, licenze e tariffe.

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E così, quando nelle redazioni arriva la notizia che Letta è indagato, come è accaduto nella primavera scorsa, nessun direttore ha il coraggio di dire: "Si stampi". La congiura del silenzio grottesca e imbarazzante è stata rotta da "Il Fatto Quotidiano" il giorno della sua nascita, il 23 settembre scorso. Quel giorno, chi scrive fu invitato alla trasmissione "Omnibus" su La7 per presentare il giornale che titolava in prima pagina "Letta indagato".

Il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri si lanciò in una difesa d'ufficio, dicendo : "Tutte sciocchezze. Tutti gli italiani affiderebbero i loro soldi a Gianni Letta". Forse Gasparri ha ragione. Ma questa reputazione di poco inferiore a quella del Papa si è consolidata grazie alle lunghe paginate zeppe di saliva e omissis che i cronisti politici hanno dedicato al loro collega.

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Mentre i direttori dei maggiori quotidiani nascondevano la notizia dell'indagine su Letta (che nel libro è ben raccontata) il giornalista più potente d'Italia è stato addirittura premiato dall'Ordine dei giornalisti e invitato a tenere una lectio magistralis all'Auditorium di Roma.

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Ora finalmente due giornalisti veri (Giusy Arena e Filippo Barone lavorano nella redazione di Anno zero, con Michele Santoro) cercano di ristabilire la dignità della categoria regalandoci questa "Biografia non autorizzata di Gianni Letta" che cerca di raccontare il lato B del gran ciambellano della seconda repubblica.

Dai fondi neri dell'Iri, all'inchiesta sul piano frequenze, dalle mazzette al Psdi all'inchiesta oscurata del pm Woodcock sul business degli immigrati. Arena e Barone inseriscono i verbali e i documenti nel contesto politico rendendo il clima delle tante epoche attraversate da questo galantuomo per tutte le stagioni. Quelli che seguono sono due estratti tratti dai capitoli dedicati al caso dei fondi neri Iri e alle mazzette pagate da Fininvest al Psdi.

2 - GIANNI LETTA E GLI SCHELETRI DELL'INTOCCABILE EMINENZA
di Giusy Arena e Filippo Barone - tratto dal libro "Gianni Letta - Una biografia non autorizzata"

È il 15 ottobre 1984, quando Roma si sveglia con un brutto colpo. L'avvocato Fausto Calabria, presidente di Mediobanca, e Sergio De Amicis presidente dell'Associazione società Autostrade, sono finiti in manette. (...) Il giudice istruttore Gherardo Colombo e il pm Luigi De Ruggiero, accusano i due dirigenti di falso in bilancio e in comunicazioni sociali, appropriazione indebita continuata e pluriaggravata. L'accusa appare subito esorbitante: si parla di sottrazione di qualcosa come 240 miliardi di lire.

Il nocciolo dell'inchiesta non è del tutto nuovo, perché nasce da un rapporto della Finanza del maggio 1976. Un anonimo, allora, aveva presentato un esposto dal titolo interessante: "Ipotesi di costituzione di fondi neri alla Scai", cioè una società del gruppo Iri controllata attraverso l'Italstat. (...)

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I dirigenti di queste società che sono le committenti di lavori pubblici e che veicolano svariati miliardi, avevano creato dei conti correnti su cui far transitare le somme destinate ai finanziamenti per le opere pubbliche.

I soldi, anziché essere subito impiegati per le opere, venivano parcheggiati per diversi mesi su quei conti, in modo da generare interessi del valore di miliardi (in quegli anni arrivano anche al 20%). Nel 1976 gli interessi accumulati erano di 150 miliardi, nel 1984 raggiungono i 240. (...)

Ben presto Colombo e De Ruggiero scoprono che le destinazioni dei fondi erano le più svariate. Erano le tasche dei diretti interessati, la redistribuzione ad amici, società, partiti, o altre finalità per nulla trasparenti. (...)

C'è poi il capitolo dei giornali. Dei beneficiari di finanziamenti, si conoscono solo due nomi. Uno è l' Avanti, quotidiano socialista, che ha avuto trecento milioni in forma di Cct, come regalo di Natale, passando dal finanziere Ferdinando Mach di Palmstein.

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È lo stesso Bernabei, davanti al giudice Colombo, a raccontare come andò nel secondo caso, il finanziamento al Tempo: "Alla fine del 1983 ebbi modo di parlare con Pesenti (Carlo, il patron dell'Italcementi e del Tempo, morto l'anno dopo),il quale mi evidenziò le difficoltà finanziarie del Tempo... A tal fine venne a trovarmi nella primavera del 1984 Gianni Letta, al quale consegnai 1,5 miliardi di lire in Cct, dietro promessa di appoggio della politica economica dell'Italstat".

Bruno Vespa e Gianni LettaBruno Vespa e Gianni Letta Berlusconi,Ginevra Cavalletti,Gianni Letta - Copyright Pizzi Berlusconi,Ginevra Cavalletti,Gianni Letta - Copyright Pizzi

Letta viene interrogato da Colombo e si difende: è "un'operazione legittima. L'Iri pagava una campagna promozionale. Chi doveva dirci che i fondi erano neri?". (...) Su tutta la vicenda dei fondi neri al quotidiano romano preme una cappa di silenzio. Il Giornale d'Italia si lancia in un attacco solitario, a firma di Tommaso Albani: La somma che "oscilla tra i 1.250 e 1.750 milioni, ricevuta da Gianni Letta, non figura nel bilancio '83 della società editrice del quotidiano romano" .

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E poi ancora: "L'uso che Gianni Letta avrebbe fatto della cospicua somma getta nuove ombre sull'intero episodio. Infatti, da successivi accertamenti, sarebbe emerso in modo inconfutabile che il finanziamento occulto fu utilizzato per un'operazione nell'interesse personale di chi si trovò ad averne la disponibilità".

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Letta risponde alle accuse del quotidiano a colpi di denunce e diffide, e smentisce "nella maniera più assoluta la falsa e fantasiosa ricostruzione" della testimonianza resa davanti ai magistrati e pubblicata dal Giornale d'Italia. (...) A poco serve la solitaria battaglia del quotidiano, perché le sue domande non ottengono risposta.

Come non la ottiene Giampaolo Pansa: "Quale fu il destino di quel miliardo e mezzo? Certo, c'era un rosso profondo che gravava sui conti del giornale, ma questa ‘cura da cavallo' di liquidità proveniente da fondi Iri evidentemente non è servita: nel giro di un paio d'anni il quotidiano dovrà fare fronte ai costi, e provvedere a numerosi tagli di personale. E lo stesso Letta sarà costretto a dimettersi".

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MANI PULITE.
Il 1992 vede uno dopo l'altro aprirsi una serie di guai giudiziari per la stessa Fininvest. L'8 aprile 1993 è la volta di Gianni Letta. Il vicepresidente della Fininvest Comunicazioni viene interrogato dal magistrato Antonio Di Pietro, che con il pool milanese di Mani pulite sta indagando sui finanziamenti illeciti ai partiti. Si potrebbe pensare che stia per rispuntare da lontano l'ombra nera e immane dei fondi occulti miliardari targati Iri, un passato che tutti avevano voluto seppellire.

Ma invece si parla di piccoli finanziamenti a piccoli partiti. Letta, che nel frattempo è diventato vicepresidente del gruppo, di fronte a Di Pietro ammette di avere versato soldi nel 1988 all'allora segretario del Psdi Antoni Cariglia. È una piccola cifra di cui Letta conserva un ricordo vago, "una settantina di milioni, non ricordo bene", versati a un amico in difficoltà.

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Ad aiutare i magistrati milanesi nella ricostruzione della vicenda è Roberto Buzio, uomo di fiducia di Cariglia dall' ‘89 al ‘92. Racconta che era stato lo stesso esponente di partito del Sole nascente a contattare Letta, alla vigilia delle elezioni europee del 1989. Chiede di avere più spazio sulle tv della Fininvest, per l'occasione elettorale. Soprattutto, Cariglia chiede contributi al partito.

Davanti a Di Pietro, il 16 aprile 1993, sarà Cariglia a confermare di aver ottenuto il versamento da parte del vicepresidente Letta, di cui dice di essere in ottimi rapporti. "Con Letta sono amico da tempo e, in una fase in cui i nostri rapporti con il Psi erano difficili, sapendo che la Fininvest aveva ottimi rapporti con il Psi, mi rivolsi a lui perché il Psdi avesse più spazio in tv e non fosse discriminato".

L'amico di tutti Letta aveva quindi esercitato un salutare bilanciamento, una par condicio in salsa socialista, sulle reti del Cavaliere. E quei settanta milioni di Letta? chiede Di Pietro. "Un contributo a titolo personale", risponde Cariglia. Ma poi ci ripensa: "Non sono in grado di dire nulla".

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Neanche due ore dopo si fa viva la Fininvest con un comunicato: "Si tratta di un episodio lontano nel tempo e circoscritto nelle dimensioni, già chiarito nelle sue motivazioni personali e nelle sue finalità (stampa di manifesti). Un gesto di amicizia nei confronti di chi si trovava in difficoltà (...).

Un episodio che non contraddice ma conferma il comportamento costantemente osservato dal gruppo Fininvest ormai da molti anni nei confronti dei partiti". (....) Sull'intera vicenda, sulle accuse di violazione della legge sul finanziamento ai partiti, calerà l'amnistia, estesa fino al 1989.

 

 

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