VOLETE FARE SOLDI E LAVORARE PURE POCO? FACILE: FONDATE UN PARTITO! - COME SI EVINCE DAL CASO DI PIETRO, il meccanismo DEi rimborsi è UNA VERGOGNOSA CUCCAGNA: i partiti sono tenuti a portare le pezze d’appoggio delle spese affrontate, ma i pagamenti avvengono in relazione ai voti conquistati - Al punto che a fronte di spese riconosciute per 600 milioni di euro sono stati erogati contributi per due miliardi 253 milioni....

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Marcello Sorgi per \"la Stampa\"

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La querelle irrisolta tra Antonio Di Pietro e il suo vecchio socio fondatore di «Italia dei valori» Elio Veltri, che lo accusa di aver organizzato una truffa sui rimborsi elettorali, appropriandosi di una parte di quel che lo Stato ha versato al suo partito per interessi personali, non accenna a finire. Ma al di là delle responsabilità che toccherà alla magistratura accertare (Di Pietro si dice sicuro anche stavolta, come in precedenza, di un\'archiviazione), il caso ha messo in evidenza un aspetto non secondario della crisi della politica.

In Italia, in altre parole, è diventato conveniente fondare un partito. Si guadagna bene. E questo spiega perché, ad onta dei meccanismi maggioritari che, escluse le europee, funzionano per qualsiasi tipo di elezione, nell\'approssimarsi della data per la presentazione dei simboli, si moltiplichino liste senza quasi alcuna altra ragione sociale che quella di concorrere alla ricca torta dei rimborsi.

DiDi Pietro GiuseppeGiuseppe Sangiorgi

Basti solo un dato, pubblicato, al termine di un\'approfondita ricerca, in un piccolo e prezioso pamphlet di Giuseppe Sangiorgi, («Rivoluzione Quirinale», Gaffi editore): nel 1993, ultimo anno prima che il finanziamento pubblico venisse abolito da un referendum, lo Stato versò ai partiti poco più di 80 miliardi delle vecchie lire, pari a meno di 45 milioni di euro di oggi. Nel 2008 i rimborsi elettorali assegnati ai nuovi partiti per le elezioni politiche sono stati più di 503 milioni di euro, dieci volte di più.

A ciò si aggiunga il fatto che hanno diritto a prenotare i rimborsi tutti i partiti che abbiano partecipato almeno alle elezioni regionali eleggendo un consigliere, e quelli che hanno raggiunto l\'uno per cento dei voti (più o meno 450mila) alle elezioni politiche. Un siffatto partito può conquistare, non solo la fetta di torta che riguarda la competizione in cui s\'è presentato, ma anche quella delle altre elezioni, con l\'unico limite, stabilito nel 2009, che per farsi rimborsare le europee dovrà aver raggiunto il 4 per cento dei voti.

CORTECORTE DEI CONTI

Del tutto inspiegabile - e la Corte dei Conti lo ha più volte sanzionato - è poi il meccanismo che sovrintende ai rimborsi: i partiti sono tenuti a portare le pezze d\'appoggio delle spese affrontate, ma i pagamenti avvengono in relazione ai voti conquistati, con un moltiplicatore che è andato sempre in crescendo dal \'93 al 2008. Al punto che a fronte di spese riconosciute per 600 milioni di euro sono stati erogati contributi per due miliardi 253 milioni, un miliardo e 670 milioni in più di quanto speso. Un campo lasciato intatto dalla manovra di Tremonti.

 

 

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