BOLOGNA LA ROTTA - COLPO DI SCENA, PARLA IL PADRE DEL BAMBINO: \"Non è vero che viviamo in strada. Abbiamo una casa in affitto, 460 euro per un buco, abbiamo difficoltà economiche e facciamo i salti mortali ma non siamo dei pazzi che tengono due neonati al gelo senza curarsene\" - \"Nel 2007 abbiamo fatto richiesta per la casa popolare e stavamo preparando quella per l’assegno. Ma più di questo no, perché avevamo paura che ci togliessero i bimbi. Ma dalla morte di Devid nessuno dal Comune si è fatto vivo\"....

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1- PARLA IL PADRE: «MACCHÈ CLOCHARD. NON CHIEDEVAMO SUPPORTO? CI AVREBBERO TOLTO I PICCOLI»
Gianluca Rotondi per il \"Corriere di Bologna\"

BOLOGNABOLOGNA

«Non è vero che viviamo in strada, che siamo dei vagabondi. Abbiamo una casa in affitto, 460 euro per un buco in via delle Tovaglie, abbiamo difficoltà economiche e facciamo i salti mortali ma non siamo dei pazzi che tengono due neonati al gelo senza curarsene». Sergio Berghi, 43 anni, se ne sta seduto fuori dal Gozzadini e fuma l\'ennesima sigaretta. È furente, arrabbiato col mondo e disperato.

È alla pediatria del Sant\'Orsola che si è consumato il suo dramma e quello della compagna Claudia, 36 anni, cinque figli avuti da tre uomini diversi e una vita segnata dalle difficoltà. Qui è venuto al mondo e se ne è andato dopo soli venti giorni Devid, uno dei due gemelli nati il 13 dicembre e morto in ospedale il 4 gennaio dopo essere stato raccolto da un\'ambulanza in piazza Maggiore.

Non respirava quasi più quando è arrivato al Sant\'Orsola. Il padre, un passato difficile a Firenze e un presente fatto di lavoretti per sbarcare il lunario, ha seppellito Devid alla Certosa da nemmeno un\'ora ed è tornato al Gozzadini dove sono ricoverati l\'altro gemellino, la compagna e la figlia di un anno e mezzo della donna. Stanno bene e presto andranno in una struttura protetta.

«Sono pronto a togliermi il pane da bocca per i figli ma non c\'è lavoro. Claudia faceva assistenza agli anziani ma quando ha avuto la bimba ha smesso - dice Sergio - A novembre ho fatto un lavoretto ma mi sono rimasti cento euro. I problemi ci sono ma non siamo barboni, abbiamo una casa dove stare».

In quella casa alle spalle del tribunale in realtà ufficialmente ci vive Claudia col marito, un magrebino che ha sposato a maggio su due piedi. I vicini e i negozianti, che raccontano di difficoltà economiche e litigi, giurano di averli visti traslocare a settembre. Ma per andare dove? Ogni tanto dalla nonna, poi chissà. Lui è stato per qualche tempo in una struttura del Giovanni XXIII° a Funo. Li hanno visti in giro in città, alla stazione, in Sala Borsa e in via Capo di Lucca. Non chiedevano né soldi né aiuto e hanno tenuto nascosta la gravidanza della donna fino al parto.

Poi il dramma: «Abbiamo mangiato dalla mamma di Claudia e poi ci siamo avviati a piedi verso casa - racconta - Ci siamo fermati in piazza Maggiore a salutare un amico e abbiamo visto che Devid era viola e giallo e respirava a fatica. Sono stato io a chiamare l\'ambulanza. Nessun dottore ha parlato di freddo e stenti, ci hanno detto che è morto perché aveva il latte nella trachea», dice con rabbia: «Siamo tornati a casa ma a mezzanotte ci hanno chiamato perché era gravissimo».

ILIL PREFETTO ANNA MARIA CANCELLIERI

Ma perché non avete chiesto aiuto? «Nel 2007 abbiamo fatto richiesta per la casa popolare e stavamo preparando quella per l\'assegno. Ma più di questo no, perché avevamo paura che ci togliessero i bimbi. Ma dalla morte di Devid nessuno dal Comune si è fatto vivo. Ora vorrei la casa popolare».

Era già successo, sia a lui che a Claudia, quando i loro destini non si erano ancora incrociati. Incapacità genitoriale, sintetizzano i servizi sociali. Chiamati a mettere in fila le tappe di una vicenda dolorosissima che interroga tutti. Sergio la risposta non ce l\'ha ma precisa: «Sono nati di sette mesi, seguivano una terapia ma ci hanno detto che stavano bene. Poi le solite raccomandazioni, tenerli al caldo e avere cura che mangiassero. Secondo noi invece dovevano tenerli di più in ospedale».

2- GELO E INDIFFERENZA, MUORE A 20 GIORNI...
Franco Giubilei per \"La Stampa\"

Per giorni hanno cercato rifugio in Sala Borsa, la biblioteca che si affaccia su piazza del Nettuno, nel cuore di Bologna. Padre, madre, due figli gemelli di soli venti giorni e una bimba di un anno e mezzo, una famiglia italiana senza casa che viveva di espedienti. Poi il 4 gennaio qualcuno ha finalmente chiamato il 118 e i sanitari sono venuti a prendersi i bambini in piazza Maggiore perché uno dei due gemellini stava malissimo.

Per Devid Berghi però era troppo tardi: il piccolo è morto nel reparto di rianimazione dell\'ospedale Sant\'Orsola. Si parla di crisi respiratoria e per avere la risposta definitiva sulle cause bisognerà aspettare gli esiti dell\'autopsia, ma l\'ipotesi più verosimile è che il neonato non abbia retto al freddo e agli stenti. Il gemellino e la sorella, ricoverati in Pediatria, fortunatamente ora stanno bene. Una vicenda incredibile che ha come teatro i portici e le piazze del centro di Bologna, dove i cinque hanno vagato per giorni.

Adesso in città è tutto un rincorrersi di dichiarazioni incredule e sgomente per il clima di indifferenza in cui è maturata la tragedia, ma è la ricostruzione dei fatti a rendere l\'idea di quel che è accaduto: «Ho fatto entrare il padre al caldo, in negozio, ma non era lucido, la madre stava fuori e piangeva - racconta il dipendente della farmacia comunale di piazza Maggiore, a due passi da Palazzo D\'Accursio, che ha dato i primi soccorsi -. Lui invece continuava a tenere in braccio questo bimbo, che sembrava già morto. Era bluastro, non respirava più».

Era il pomeriggio del 4 gennaio, poco dopo le 15: a pochi metri la gente di passaggio si era accorta che c\'era qualcosa che non andava. «Una collega mi ha descritto la scena dicendomi che era già stata chiamata un\'ambulanza - aggiunge il farmacista -. Sono uscito e ho visto un capannello di persone intorno a questi genitori. Il padre non era lucido, con lui non si riusciva a interagire».

CaritasCaritas

A questo punto, visto che i soccorsi ancora non arrivavano, l\'uomo col neonato è stato fatto entrare in farmacia e il dipendente ha richiamato il 118: «Quando ho telefonato mi hanno detto che l\'ambulanza era appena arrivata. Poi si è presentato un signore dicendo di essere il nonno, con una carrozzina vuota, e ci ha chiesto se potevamo custodirla noi».

Il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini ha aperto un fascicolo, l\'inchiesta è stata affidata al pm Alessandra Serra, che ha disposto l\'acquisizione di tutta la documentazione riguardante la famiglia di Devid. Critiche al funzionamento dei servizi sociali sono venute dal direttore della Caritas diocesana, che conosceva i genitori anche se «da non molto tempo: è una carenza dei servizi sociali, ci sono lacune non piccole. A questa città manca un vero padre di famiglia. I servizi dovrebbero avere la possibilità di valutare le situazioni, senza rimandarle alle calende greche. Questa vicenda fa capire cosa sono le nuove povertà».

Il commissario straordinario di Bologna Anna Maria Cancellieri, che rimpiazza il sindaco da quando si dimise Delbono, ha replicato: «La madre aveva sempre rifiutato aiuti e assistenza». In passato aveva avuto altri due figli che le erano stati tolti dai servizi sociali e dati in affido. Dal 2001 avrebbe avuto cinque bambini da tre uomini diversi. «In occasione di un pranzo di solidarietà l\'ultimo dell\'anno era stata avvicinata da due operatori che le hanno chiesto se aveva bisogno, ma lei non ha chiesto nulla», dice la Cancellieri.

Neanche quando i figli sono stati dimessi e trasferiti in una struttura protetta la madre ha voluto seguirli. Ai servizi sociali specificano che il 31 dicembre era stato offerto un posto per dormire, «ma loro hanno risposto di avere una casa. La donna, che era seguita dal servizio sociale di Santo Stefano, non aveva mai riferito di non averla». Il padre, originario dell\'Aretino, in passato era stato ospite di strutture di accoglienza a Bologna, ma da tempo viveva per la strada.

 

 

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