SE PAGA IL MAGISTRATO - LA RESPONSABILITÀ CIVILE È UNO DEI PUNTI DELLA RIFORMA CHE PIÙ METTE PAURA ALL’ANM: “IN UN PROCESSO C’È SEMPRE UNA PARTE CHE CREDE DI AVERLO PERSO INGIUSTAMENTE” (E VIA COL RITORNELLO SULL’INDIPENDENZA MINATA) - NELL’ULTIMO DECENNIO SOLO L’1,3% È STATO COLPITO DA GRAVI ILLECITI DISCIPLINARI (SOLO 7 TOGHE NEGLI ULTIMI TRE ANNI) A DIMOSTRAZIONE “CHE LE COLPE GRAVI SONO POCHISSIME” (O CHE CANE NON MANGIA CANE)…

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Paolo Festuccia per \"La Stampa\"

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Sono solo cinque righe di testo. Ma quante ne bastano per far alzare le barricate all\'Associazione nazionale magistrati. L\'argomento è la «responsabilità civile» dei giudici, articolo 16: «I magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti al pari di altri funzionari e dipendenti dello Stato. La legge espressamente disciplina la responsabilità civile dei magistrati per i casi di ingiusta detenzione...».

Fuori dal «giuridichese» significa che «con questa riforma - annota il presidente dell\'Anm, Luca Palamara - si passa dal principio di responsabilità indiretta a quello di responsabilità diretta». Come dire, oggi nel caso di gravi colpe o dolo, del magistrato il cittadino intenta causa allo Stato (che poi, eventualmente cita in giudizio il giudice); quando, invece, il disegno di legge costituzionale approvato ieri dal consiglio dei ministri diverrà legge a tutti gli effetti potrà chiamare in giudizio direttamente il giudice.

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«E questo significherà - sottolinea l\'ex consigliere del Csm, Giuseppe Maria Berruti - che ogni persona che perderà una causa, e ciascuno crede di averla persa ingiustamente, potrà fare causa al suo giudice». Con un primo risultato: altri processi e indennizzi. Già, oggi le richieste «per colpa o ingiusta detenzione sono migliaia, figuriamoci se la riforma dovesse parlare»: 1382 denunce solo lo scorso anno, mentre negli ultimi dieci anni lo Stato ha sborsato circa 400 milioni di euro.

Del resto le cifre non impiegano molto a lievitare: 235,83 euro per ogni giorno di reclusione ingiusta (117,91 in caso di arresti domiciliari) con un tetto massimo di risarcimento di 516mila di euro e spicci. Si pensi, che le richieste viaggiano al ritmo di oltre mille l\'anno e più o meno 500 sono quelle che giacciono solo sul tavolo della Corte d\'appello di Napoli. Senza poi tener conto di quelle intentate ai sensi della «Legge Pinto» sulla ragionevole durata dei processi (al dicembre scorso 475 casi giacevano alla Corte Europea): migliaia per ogni Corte d\'appello con risarcimenti milionari attraverso il ministero dell\'Economia.

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Ma al di là di numeri e statistiche, ciò che colpisce è che nell\'ultimo decennio solo l\'1,3% dei magistrati è stato colpito da rimozioni per gravi illeciti disciplinari, e nell\'ultimo triennio è toccato solo a 7 toghe. Dimostrazione, si fa notare, «che le colpe grave sono di fatto pochissime».

Tant\'è, afferma Luca Palamara che questa riforma, «colpendo sulla responsabilità civile altro non fa che tentare di mettere in ginocchio l\'autonomia dei magistrati. Nel processo ci sono sempre diverse parti - osserva il presidente dell\'Anm - e una di queste sarà sempre scontenta della decisione presa dal giudice ed agirà nei confronti di questo. Ciò potrebbe portare il giudice ad una decisione diversa da quella che avrebbe preso altrimenti».

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Condizionamenti, dunque e autonomia, «perché se il giudice - rincara la dose Cosimo Ferri, segretario di Magistratura Indipendente - è colpito da azioni strumentali che tendono a indebolirlo, ciò comporta a un inevitabile indebolimento. Lo si rende vulnerabile, e sottoposto costantemente ai condizionamenti del ricatto psicologico. E\' chiaro, allora, che ciò si tramuterà anche in una minore produttività».

Partita, dunque delicatissima: da un lato il governo, che con la cosiddetta «riforma epocale», intende sancire che chiunque sbaglia deve pagare, dall\'altra i magistrati che vedono nell\'azione dell\'esecutivo un «disegno per limitarne la loro autonomia». «La riforma - insiste Berruti - nasce per disegnare l\'Inferno. Se diverrà legge non resta che fuggire da questo scenario se non viene governato con saggezza. Qui, ci troviamo di fronte allo Stato che che fa la guerra a un altro pezzo dello Stato. Ci dobbiamo fermare se non vogliamo portare il Paese sugli scogli».

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Ma di fatto, il Paese ebbe modo di esprimersi nell\'87 facendo raggiungere il quorum al Referendum promosso dai Radicali insieme al Pli e al Psi. Ma dopo quella indicazione degli italiani sulla responsabilità civile dei giudici, il Parlamento approvò la cosiddetta «legge Vassalli» (votata da Pci, Psi, Dc), che fece ricadere la responsabilità di eventuali errori non sul magistrato ma sullo Stato, che successivamente poteva rivalersi sullo stesso, ma solo entro il limite di un terzo di annualità dello stipendio.

 

 

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