LUIGI DE MAGISTRIS ANTONIO DI PIETRO
1. CONDANNATO DE MAGISTRIS PER ABUSO D’UFFICIO: 15 MESI AL SINDACO DI NAPOLI, EX PM DELL’INCHIESTA WHY NOT
Guido Ruotolo per “la Stampa”
Fu questo giornale, il 4 ottobre del 2007, a svelare l’esistenza di un immenso archivio di utenze telefoniche, tabulati, anagrafici, insomma dati sui titolari dei cellulari di mezza Italia che contava. Si ipotizzavano migliaia di utenze, in realtà ne furono accertate oltre tredici milioni. Ministri, sottosegretari, parlamentari, ufficiali degli apparati di sicurezza, magistrati.
congresso italia dei valori genchi jpeg
Scoppiò uno scandalo, e sul banco degli imputati - alla fine dell’indagine dell’allora colonnello del Ros Pasquale Angelosanto - finirono il pm di Catanzaro Luigi De Magistris, poi diventato sindaco di Napoli, e un vicequestore di polizia, consulente informatico delle procure che contano in Italia, Gioacchino Genchi.
Sette anni dopo, quella che Michele Santoro definì in diretta nella sua trasmissione una «polpetta avvelenata» (lo scoop della ‘’Stampa’’) ha trovato conferma nella sentenza del Tribunale di Roma: un anno e tre mesi di condanna per i due imputati Luigi De Magistris e Gioacchino Genchi.
Accusati di abuso d’ufficio per aver violato la legge Boato, che stabiliva che per avere un tabulato telefonico di un parlamentare occorreva l’autorizzazione del Parlamento. E si sono costituiti come parti civili Romano Prodi, Francesco Rutelli, Sandro Gozi, Clemente Mastella, Giancarlo Pittelli, Antonio Gentile. Tutti parlamentari. Anzi fu proprio l’avvocato Pittelli, allora di Forza Italia, a presentare denuncia alla Procura di Roma depositando le carte della inchiesta «Why Not» di De Magistris.
Sembra passato un secolo. Un pm napoletano in servizio a Catanzaro indaga sui palazzi, sul malaffare tra politica, logge massoniche, faccendieri. Le inchieste in realtà sono due, ma si fondono, si intrecciano almeno nel lavoro di raccolta dati da parte del consulente Genchi: Why Not e Poseidon. Appalti, affari, assunzioni. Ci sono tutti alla festa del malaffare. Anzi, all’inizio De Magistris punta i suoi cannoni sulla giunta regionale di centrodestra dell’ex procuratore generale di Catanzaro, Giuseppe Chiaravalloti. Poi apre il fuoco contro il governatore del centrosinistra, Agazio Loiero.
Why Not arriva a Palazzo Chigi, al premier Romano Prodi. E l’inchiesta che era partita indagando su una società riconducibile ad Antonio Saladino, il braccio imprenditoriale di Comunione e liberazione, decolla creando attese, polemiche. Spaccando il Paese. Tanto teso era il clima, che poi lo stesso De Magistris finì sotto procedimento della Disciplinare del Csm e fu punito.
Tanto incomprensibile lo scontro sotterraneo, che addirittura gli strascichi del dopo De Magistris portarono un ufficio giudiziario (la procura di Salerno) a far circondare, perquisire uffici e abitazioni di magistrati del Tribunale di Catanzaro, acquisendo d’imperio gli atti delle inchieste che promettevano sfracelli.
Veltroni Prodi Rutelli giovani
A proposito, le due inchieste si sono perse nel tempo. Molti indagati non sono stati neppure portati a processo. Gli altri in pratica quasi tutti assolti.
SANDRO RUOTOLO E MICHELE SANTORO
L’ex Torquemada-Masaniello, Luigi De Magistris, è sconfortato: «La mia vita è sconvolta. Ho subito la peggiore delle ingiustizie. Rifarei tutto». Si era difeso nel processo, De Magistris. Che sembrava aver convinto il pm Roberto Felici - che aveva chiesto la sua assoluzione quando ha scaricato ogni responsabilità su Gioacchino Genchi. Intanto negando di sapere che quelle utenze per le quali il consulente voleva acquisire i tabulati fossero di parlamentari.
Ricorda un inquirente che ha studiato il «metodo» di lavoro dell’accoppiata Del Magistris-Genchi: «Il consulente inviava via mail una richiesta di acquisizione di dati telefonici senza specificare i motivi della richiesta né le generalità dei titolari delle utenze fisse o dei cellulari. De Magistris firmava e basta».
Sandro Ruotolo e Raffaella Carra
In sostanza, Genchi partendo da una utenza di «interesse» chiedeva i tabulati telefonici degli interlocutori di quella utenza. Insomma, anche l’attuale presidente del Senato, Piero Grasso, è finito sotto la lente di Genchi. Anche l’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu o l’ex sottosegretario all’Interno Marco Minniti. Un elenco sterminato. Un «metodo» di lavoro scoperto anche grazie a questo giornale e adesso censurato da una condanna di primo grado.
2. E RUOTOLO IN DIRETTA CRITICA SUO FRATELLO
Dal “Corriere della Sera” del 5 ottobre 2007
«Sbilanciati, anche perché uno dei due articoli l' ha scritto tuo fratello: è una polpetta avvelenata?». Michele Santoro si rivolge così al suo inviato Sandro Ruotolo, in diretta per Annozero da Catanzaro, dove racconta la mobilitazione della città che si è schierata con il pm Luigi De Magistris, messo sotto accusa dal ministro Mastella. Il fratello di Sandro, Guido Ruotolo, ha infatti pubblicato sulla Stampa una pagina in cui spiega che il pm ha acquisito «un impressionante elenco di personalità politiche».
DE MAGISTRIS ESULTA DOPO IL PRIMO TURNO
«Ti devo chiedere subito una cosa - dice Santoro - questa mattina sono usciti due giornali, Libero e La Stampa, con articoli in cui descrivono De Magistris come un pazzo. Se dovessi credergli, allora è completamente matto, perché è uno che vuole mettere sotto controllo tutto il Paese. Duemila persone sotto controllo. Pazzo furioso, fermiamolo subito, se è così».
Ruotolo replica: «De Magistris ha smentito, gran parte di quei nomi non esistono, non c' è nessun grande Fratello e ha fatto pochissime intercettazioni telefoniche». «Se hai ragione tu - prosegue Santoro - è una polpettina avvelenata. Lo è?». E Ruotolo, invitato a sbilanciarsi, si sbilancia: «Penso di sì».
3. MASTELLA SU CONDANNA DE MAGISTRIS: NULLA MAI POTRÀ RIPAGARMI”
LaPresse - "Nulla mai potrà ripagarmi. Quell'indagine, condotta in maniera illegale, è stata all'origine di tutte le mie difficoltà, sul piano umano e sul piano politico. Quell'indagine ha cambiato, fino a stravolgerla, la storia politica italiana. Da allora tutto è precipitato". Lo afferma Clemente Mastella, parte civile del processo terminato con la condanna di Luigi de Magistris per vicende relative all'inchiesta 'Why Not' quando l'attuale sindaco di Napoli era pm a Catanzaro.
In 'Why Not' Mastella fu indagato e poi prosciolto dopo l'avocazione del fascicolo a de Magistris. "Ho subito processi mediatici - dice Mastella -, sono stato additato come il politico aduso all'illegalità, ora i magistrati hanno accertato la verità, ovvero che a compiere atti illegali è stato chi mi ha voluto a forza indagare, senza alcun motivo. Purtroppo, nessuno, niente potrà mai ripagarmi per il grave danno subito".
De Magistris bacia la teca del sangue di San Gennaro
4. UN ANNO E TRE MESI A DE MAGISTRIS FINE DI UN EX PM TROPPO D'ASSALTO
Filippo Facci per "Libero Quotidiano"
Chi l’immaginava? Il tribunale di Roma ha condannato Luigi De Magistris e Gioacchino Genchi a un anno e tre mesi di carcere per concorso in abuso d’ufficio: acquisire tabulati telefonici di parlamentari senza autorizzazione (e leggerli, e usarli) in Italia è ancora un reato, pazzesco.
Diciamo subito che non accadrà nulla: la pena è stata sospesa (c’è la condizionale, cioè) e non sarà menzionata sul casellario giudiziale: effetti della concessione delle attenuanti, al pari della sospensione dell'interdizione dai pubblici uffici (un anno) che a sua volta è stata sospesa.
E comunque è solo il primo grado di un processo in cui il pm, cioè la pubblica accusa, aveva chiesto l'assoluzione per De Magistris: il quale, secondo lui, da magistrato, non sapeva neppure che stava commettendo un reato.
Il giudice Rosanna Ianniello, tu guarda, non ci ha creduto: e per il sindaco di Napoli e l'ex informatico è arrivata una condanna più una provvisionale di 20mila euro (da pagare subito) che è solo l'anticipo di un risarcimento che sarà valutato in sede civile. Chi ringrazia? Beh, i parlamentari che nel 2006 furono intercettati per l'inchiesta-patacca «Why Not»: per esempio Francesco Rutelli, Giancarlo Pittelli, Romano Prodi, Clemente Mastella, Antonio Gentile, Sandro Gozzi e, per il solo Genchi, Domenico Minniti.
prodi sandra lonardo mastella lap
A non ringraziare, comunque sia andata, è il governo in carica che nel 2006 ne ricavò una violentissima campagna di stampa: si può tranquillamente dire che Prodi cadde per essa. Impossessarsi di quei tabulati ha però rappresentato «una violazione e una indebita intrusione nella vita privata»: e va notato che il pm (pur chiedendo l'assoluzione di De Magistris) ha detto «di non apprezzare quelli che erano i suoi metodi, la sua ansia ed euforia investigativa e l'uso eccessivo di strumenti come le perquisizioni».
Parliamo appunto dell'inchiesta «Why Not», tutto sommato la più rumorosa di quelle incasinatissime già condotte da De Magistris: prendeva il nome da una società di Lamezia Terme che forniva dei tecnici informatici alla Regione. Val la pena di riassumere.
Una dei soci ed amministratore della Why Not, Caterina Merante, diede il via a queste fumosissime indagini che ipotizzavano un gruppo di potere trasversale tenuto insieme da una loggia massonica coperta: la «Loggia di San Marino». Questa loggia, secondo De Magistris, influiva sulle scelte delle amministrazioni pubbliche per l'utilizzo di finanziamenti e per l'assegnazione di appalti, così il pm indagò subito 19 persone per associazione per delinquere, truffa, corruzione, violazione della legge Anselmi e finanziamento illecito dei partiti. Come niente.
Il 18 giugno 2007 fece eseguire dai carabinieri 26 perquisizioni nei confronti, tra altri, di Pietro Scarpellini, consulente non pagato della Presidenza del Consiglio; nell'inchiesta risultarono indagati anche il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa, il consulente Luigi Bisignani e il senatore Giancarlo Pittelli di Forza Italia, anche se il ruolo centrale doveva appartenere all'imprenditore Antonio Saladino, allora presidente della Compagnia delle Opere della Calabria.
Altri indagati furono il generale Paolo Poletti (capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza) e poi il diessino Nicola Adamo e il margheritino Mario Pirillo e altri ancora. È l'inchiesta nota per il famigerato «scontro tra procure», coi togati di Catanzaro e Salerno a litigare meritandosi i primi interventi del Consiglio Superiore della Magistratura. Morale: l'avviso di conclusione indagini fu notificato a 106 persone tra le quali l'ex presidente della Regione Calabria Agazio Loiero e il suo predecessore Giuseppe Chiaravalloti.
L'indagine ruotava anche attorno a dei presunti contatti tra l'imprenditore ciellino Antonio Saladino e l'allora presidente della Commissione Europea Romano Prodi: ma poi risultò che c'era stato soltanto un rapporto amichevole tra Prodi e questo Saladino e la cosa finì in nulla dopo opportuno baccano mediatico.
Poi c'è il caso di Clemente Mastella: negli atti dell'inchiesta figurarono anche alcune intercettazioni riguardanti alcuni colloqui dell'allora ministro della Giustizia (che in precedenza aveva chiesto il trasferimento di De Magistris) e immaginarsi il bailamme sui giornali: ma anche la posizione di Mastella sarà infine archiviata, mentre a scomparire dai capi di imputazione sarà anche la violazione della Legge Anselmi sulle organizzazioni segrete: in pratica non rimase in piedi quasi nulla, anche perché la procura di Roma avocò l'indagine e si accorse che non stava in piedi.
DE MAGISTRIS TROMBONE BY BENNY
Venne anche fuori che le dichiarazioni di Caterina Merante - principale teste d'accusa in «Why Not», l'architrave di Luigi De Magistris - secondo i giudici «costituiscono un’ipotesi congetturale espressa in maniera del tutto opinabile e possibilista… presentandosi prive di contenuto penalmente rilevante». La Merante finì imputata per diffamazione.
E la famigerata «Loggia di San Marino»? Ben due questure appurarono che in pratica non era mai esistita. Il 2 marzo 2010 ci fu il processo con rito abbreviato e il giudice dell'udienza preliminare (gup) assolse 34 dei 42 imputati accusati di peculato, truffa e abuso d'ufficio.
Caddero tutte le ipotesi di associazione per delinquere, corruzione, peculato e truffa. L'imprenditore Antonio Saladino è stato condannato a due anni di reclusione (pena sospesa) soltanto per concorso in abuso d'ufficio. Altri scelsero il giudizio ordinario, ma il gup dispose 28 assoluzioni e 27 rinvii a giudizio per tutt'altre questioni rispetto alle cosmogonie disegnate da De Magistris. Era sbagliata l'inchiesta. Secondo i giudici, ora, anche i metodi, anzi, errano illegali. In sostanza era sbagliato tutto: chi l'immaginava?