DAGOREPORT
Culatello Bersani ha stra-ragione quando afferma sarcastico “Il patto del Nazareno è stato rinnovato tre giorni fa e la Borsa ha fatto meno 2,9 per cento ma Mediaset ha invece guadagnato il 6 per cento: se è un toccasana così, allarghiamolo a tutte le imprese”.
Già Dagospia lo scrisse chiaramente lo scorso 2 ottobre quando svelammo i quattro punti del Patto del Nazareno (http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/fermi-tutti-dagospia-vi-svela-patto-nazareno-renzi-85663.htm). Ecco un breve estratto:
‘’L’avvertimento l’ha lanciato per primo Ferruccio de Bortoli nel suo editoriale di mercoledì scorso sul “Corriere” contro Renzie: “Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria”.
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Il quarto capitolo del Patto, come intuito anche da De Bortoli, riguarda la Rai. Qui l’accordo tra Renzi e Berlusconi è per prima cosa di natura economica: vista la perdurante crisi della pubblicità bisogna che Rai e Mediaset tengano sotto controllo i costi senza farsi scherzi reciproci.
E allora, tanto per fare un esempio, se uno vuole andare da Urbano Cairo a La7 a incassare compensi stellari, che si accomodi pure, ma Rai e Mediaset stanno con il freno a mano tirato e non si fanno concorrenza su ingaggi e acquisti. La doppia politica di austerity Rai-Mediaset, questo il ragionamento di Berlusconi e Renzie, non può che far bene a entrambe le aziende”.
Essì, i ricavi di Mediaset si reggono sul semplice fatto che la Rai viene tenuta ferma dal governo Renzi con un possente scarpone in testa, tutte le iniziative di Gubitosi vengono regolarmente bloccate e il prelievo forzoso di 150 milioni è stato il colpo del kappao.
Inoltre Renzi ha sempre una spada sulla capa dei Berlusconi con la riforma della legge Gasparri: se Forza Italia rompe il Patto e vota contro in Senato potrebbe scattare immediatamente un riforma che spaccherebbe il duopolio Rai-Mediaset concedendo a Sky una/due reti generaliste che drenerebbero una quota di pubblicità. Piersilvio spende pochissimo rispetto a Gubitosi per la fattura dei programmi ma l’audience è la stessa della Rai grazie appunto a una non concorrenza. L’equilibrio dell’Impero Mediaset si regge solo sul Patto del Nazareno messo in piedi da Verdini e Renzi.
PIER SILVIO BERLUSCONI FEDELE CONFALONIERI
2. BERSANI ACCUSA: “IL NAZARENO VA E MEDIASET GUADAGNA”
IRONIA SUL PATTO. MA L’AREA DI SINISTRA È DIVISA AL SUO INTERNO
Davide Vecchi per “il Fatto Quotidiano”
Il patto del Nazareno è stato rinnovato tre giorni fa e la Borsa ha fatto meno 2,9 per cento ma Mediaset ha invece guadagnato il 6 per cento: se è un toccasana così allarghiamolo a tutte le imprese”. Sorride, Pier Luigi Bersani. Scherza sulle macchie che Matteo Renzi ha fatto tornare al manto del giaguaro. Nella sala milanese dove ieri si è riunita l’area riformista del Pd, l’ex segretario si sente a casa. È stato accolto da chi lo accompagna non più perché è il capo, ma solo perché crede in una sinistra riformista. “Il renzismo ci ha liberato del codazzo di voltagabbana”, è l’affermazione cinica, quanto veritiera, di un vecchio esponente dei Ds lombardi.
E il riferimento è ad Alessandra Moretti, Debora Serracchiani e a quanti sono corsi sul carro del vincitore. Bersani glissa, non mostra rancore. Al suo fianco ha Maurizio Martina, l’oggi ministro digerisce ogni attacco rivolto all’esecutivo di cui fa parte. Lui ha il gravoso compito di mediare e mostrarsi equidistante. “Noi di Area riformista nel Pd non siamo né signor no né yes man. Con le nostre idee lavoriamo per cambiare il Paese, rafforzare il partito e vincere la sfida di Governo”, dice.
Il giovane ministro è politicamente nato col Pd di Walter Veltroni e cresciuto come segretario regionale della Lombardia, poltrona su cui è riuscito a rimanere nonostante le sconfitte elettorali in Provincia prima e al Pirellone poi. Penatiano fino a quando Filippo Penati è rimasto in politica. Penatiano come almeno il 90% dei democratici lombardi: l’ex sindaco di Sesto San Giovanni, del resto, era il partito. Come Matteo Mauri, anche lui ieri intervenuto con Bersani all’incontro di Area riformista, di Penati è stato assessore.
O Roberto Rampi, altro deputato cresciuto nel Pd penatiano. Ma a Milano arrivano, tra gli altri, anche Cesare Damiano, Guglielmo Epifani e il capogruppo del Pd a Montecitorio, Roberto Speranza che pochi giorni fa ha partecipato alla cena di finanziamento renziana a Roma. “Non abbiamo bisogno di signorsì ma di un grande soggetto plurale in cui insieme si costruisce la linea politica”, dice.
Matteo Renzi ospite di Barbara D'Urso
E puntualizza: “Come è noto sono autonomo e non renziano voglio lavorare per costruire un percorso che consenta a tutto il Pd di essere protagonista. Lo spirito di Area riformista e dell’iniziativa di oggi è questo: dire che esiste un grande Pd in cui ci sono anime diverse e che c'è un pezzo di sinistra che rivendica le proprie idee e che porta a casa risultati importanti”. Bersani ascolta. E sorride. Poi tocca a lui.
Inizia dal Pd che, dice, “è casa nostra sul serio”. La nascita del partito “non è stato l’incontro tra modernisti e cavernicoli, ma tra culture riformiste e non mi risulta che il Pd sia nato alla Leopolda”. Poi, quasi a voler rispondere a Speranza, aggiunge: “Il Pd è casa nostra, ma è difficile cantare fuori dal coro quando il coro è assordante”. Dopo aver sistemato il coro, Bersani si è interessato del direttore d’orchestra: Renzi. Il premier ha chiesto “28 fiducie, che forse arriveranno a una trentina, in otto mesi: non ho mai visto un parlamento così disponibile verso il governo”.
Bersani lo dice confutando “l’idea che si è voluto dare che c’è un cavaliere, paladino Orlando, che affronta i mori conservatori. Non siamo frenatori, ma gente che dice che non si fa abbastanza non si va abbastanza a fondo. Non è solo una questione di riforme: nelle periferie ci sono problemi che una politica ridotta a comunicazione non riesce a dare voce. La comunicazione si accorge della periferia solo quando esplode. Senza una politica che vada a mediare sui problemi fuori dai riflettori siamo nei guai”.
Non ci gira intorno, l’ex segretario. E proprio quando sembra abbia ormai archiviato le care e fantasiose metafore ne tira fuori una parlando del jobs act: “Sono stati fatti passi avanti importanti che è giusto rivendicare, ma resta il fatto che l'approccio al tema non è stato corretto e purtroppo rimettere il dentifricio nel tubetto non è facile. Si stanno mettendo delle pezze”.
Alla fine quella battuta sul titolo Mediaset che vola grazie al patto del Nazareno. Battuta a cui, poche ore dopo, ribatte Silvio Berlusconi: “Il patto del Nazareno non contiene nulla su Mediaset”, afferma sfidando la realtà dei dati. Decisamente più rilevante la conferma che l’accordo “durerà a lungo”. A sostegno di Berlusconi si sono espressi: Gasparri, Serracchiani, Fitto e Boschi. E Bersani sorride.