ECCO COSA C'È DIETRO LE PAROLE DI VEGAS, PADOAN, VISCO E GHIZZONI IN COMMISSIONE BANCHE - POTEVANO SGANCIARE BOMBE CONTRO RENZI, BOSCHI E BANCA ETRURIA MA SONO STATI PRUDENTI, CONSIGLIATI DA LEGALI, FINANZA E “SUGGERITORI” (DA MATTARELLA A GIANNI LETTA)  - I RETROSCENA SULLE QUATTRO AUDIZIONI CHE HANNO DEPOSTO IL RENZISMO SENZA LIMITISMO

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abbraccio tra maria elena boschi e matteo renzi abbraccio tra maria elena boschi e matteo renzi

Occhio di lince per www.lettera43.it

 

Una bugia, alcuni aggiustamenti, molte omissioni. Le audizioni di Giuseppe Vegas, Pier Carlo Padoan, Ignazio Visco e Federico Ghizzoni alla commissione d’inchiesta sulle banche contengono, nel loro complesso, una discreta dose di verità, ma condizionata alle supreme - e comprensibili, sia chiaro - esigenze della stabilità politica e istituzionale. Espresse al livello più alto. Vediamo di capire cosa è successo, passaggio per passaggio.

 

1 - VEGAS: COL FRENO A MANO SU SUGGERIMENTO DI GIANNI LETTA?

giuseppe vegas giuseppe vegas

Il primo a essere sentito è stato l’ormai ex presidente della Consob. Nei giorni precedenti all’audizione, agli amici aveva detto che avrebbe fatto scoppiare una bomba a testata nucleare che avrebbe messo definitivamente fuori gioco il duo Renzi-Boschi. Alla fine si è accontentato di qualche petardo. Come mai?

 

QUALCHE CARTA RISERVATA PER IL FUTURO. La prima spiegazione è che potrebbe aver fatto lo sbruffone avendo in realtà ben poche carte in mano. Possibile, ma non fa scopa con il carattere di Vegas, uomo prudente e abituato ai toni bassi. La seconda spiegazione è che abbia voluto tenersi qualche carta nella borsa, a sua tutela futura.

giuseppe vegas e paola pelino giuseppe vegas e paola pelino

 

Sembra più plausibile, ma solo fino a un certo punto, perché Vegas sa che se c’è una qualche possibilità di avere incarichi, al netto dei vincoli di legge imposti a chi esce dalla Consob, sta nelle relazioni politiche che conserva con esponenti importanti del centrodestra, e non certo con il mondo renziano.

 

La terza spiegazione è che si sia fatto prudente sapendo che a sua volta potrebbe essere accusato di eccesso di zelo e disponibilità verso gli interlocutori che lo sollecitavano sul caso Etruria. In effetti un piccolo saggio di questo pericolo si è visto nelle parole ambigue della Boschi circa un appuntamento con lei richiesto da Vegas e per di più a casa di lui, accompagnate dalla minacciosa informazione che lei ha l’abitudine di conservare gli sms.

giuseppe vegas giuseppe vegas

 

GLI HANNO CONSIGLIATO PRUDENZA. Ma se sai di essere attaccabile, perché gridi ai quattro venti che attaccherai? Rimane un’ultima possibile esegesi del comportamento di Vegas: qualcuno deve avergli autorevolmente suggerito di essere prudente, cosa che lui ha fatto propria non fino al punto di negare ciò che ci si aspettava lui affermasse (gli incontri con la Boschi), ma aggiungendo la postilla ipocrita che su Etruria «non c’erano state pressioni».

 

INDICAZIONI NON SOLO PER AMICIZIA. Chi è il misterioso suggeritore? Vado per induzione: potrebbe essere stato Gianni Letta, che da amico gli ha consigliato di coltivare la virtù della prudenza. Se fosse, solo per amicizia? Anche qui vado per induzione: magari anche per aver ascoltato, Letta, le preoccupazioni espresse da qualcuno al Quirinale. Cui ovviamente il “gran cerimoniere” è molto sensibile, tanto più dopo essere riuscito nel miracolo del riavvicinamento tra Berlusconi e Mattarella.

 

PADOAN E CASINI PADOAN E CASINI

2 - PADOAN: UNA BUGIA SU MPS PUR DI NON TIRARE IN BALLO RENZI

Dal ministro Padoan non ci si poteva aspettare cose particolari su Banca Etruria, tuttavia considerati i rapporti piuttosto tesi con Renzi, in molti si erano fatti l’idea che qualcosa di sgradito all’area renziana avrebbe detto. Invece ha preferito essere ruvido con Bankitalia - ricambiato poi da Visco - e dire persino una bugia sul Montepaschi, pur di evitare di tirare in ballo il segretario del Partito democratico.

 

OMISSIONI SULLE TELEFONATE DEL 2016. Padoan, infatti, non solo ha evitato di dire di aver fatto quelle telefonate che nell’agosto del 2016 fece a Massimo Tononi e allo stesso Fabrizio Viola per annunciare la volontà del governo di sollevare quest’ultimo dall’incarico di amministratore delegato di Mps, ma a maggior ragione non ha aggiunto che le faceva in nome per conto dell’allora presidente del Consiglio.

boschi padoan boschi padoan

 

All’omissione ha aggiunto la menzogna di dire che quel passaggio avvenne d’intesa con Viola. Cosa non vera. Perché in quell’occasione il banchiere si limitò a subire silente, per rispetto al ruolo istituzionale di Padoan, una decisione assolutamente coercitiva. E che le cose andarono così - come a suo tempo Occhio di Lince vi aveva svelato - lo testimonia il fatto che il ministro sentì l’obbligo morale, dopo qualche giorno dal fattaccio, di chiedere scusa a Viola per averlo costretto a lasciare.

 

NIENTE SPARATE: IL SUO FUTURO È INCERTO. Ora, la domanda è: perché Padoan, pur avendo mille e una ragione per togliersi sassi grandi come macigni dalle scarpe, non ha approfittato della ghiotta occasione? Solo perché non è un cuor di leone? Azzardo: anche a lui sono arrivati gli spifferi del Quirinale, e siccome avendo perso la corsa per la presidenza dell’Eurogruppo non ha alcun futuro assicurato…

IGNAZIO VISCO IGNAZIO VISCO

 

3 - VISCO: IL CASO PIÙ CLAMOROSO DI ARMI DEPOSTE

Il caso di reticenza più clamoroso è però quello del governatore Visco. Dopo essere stato attaccato, anche sul piano personale, fino al punto da chiederne la non riconferma, si pensava che il pur mite governatore avrebbe estratto il coltello. Invece niente. Talmente moscio da indurre alcuni giornali a tentare di ricostruire dei retroscena sul suo eccesso di prudenza.

 

DECISIVA L'INIZIATIVA DI ZAMPETTI. La Stampa è quella che ci è andata più vicino, indicando nel Quirinale il soggetto da cui sarebbe partita l’iniziativa di chiedere sia a Visco sia a Renzi di deporre le armi e arrivare a un armistizio. Ma è pensabile che si sia mosso il presidente in persona? È da escludere. Ho buoni motivi per ritenere che a farlo sia stato il segretario generale della presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti.

 

LA LETTERA DI IGNAZIO VISCO A BANCA ETRURIA LA LETTERA DI IGNAZIO VISCO A BANCA ETRURIA

In ottimi rapporti con Pierferdinando Casini - era segretario generale della Camera quando Pierfurby è stato presidente dei deputati - che ha fatto da tramite con i renziani, Zampetti si è triangolato anche con Fabio Panetta, numero tre di Bankitalia e anch’egli tirato in ballo per incontri avuti con la Boschi.

 

PANETTA ALTRA FIGURA IMPORTANTE. Amicissimo del presidente della commissione banche per via del fratello Giovanni (parlamentare del Centro cristiano democratico deceduto prematuramente nel 1999), Panetta ha anche lavorato al testo del documento che Visco ha letto in audizione, consultandosi intensamente con Marino Ottavio Perassi, l’avvocato generale di Banca d’Italia. È nel corso di queste consultazioni informali che è emersa la reciproca disponibilità a deporre le armi. Cosa che ha fatto dire a Visco «non ci sono state pressioni» e «a Renzi non ho risposto, pensavo che scherzasse», frasi concilianti pareggiate da Renzi con il vigoroso plauso alla sua deposizione.

 

4 - GHIZZONI: AVVOCATI E UNICREDIT LO HANNO INDOTTO A MODERARSI

boschi ghizzoni boschi ghizzoni

Resta Federico Ghizzoni. Qualcuno dice: è stato duro, confermando di aver visto la Boschi e aggiungendo anche la storia, finora inedita, della mail di sollecito di Marco Carrai. Viceversa altri, a cominciare dalla stessa Maria Elena che non riesce a tacere anche quando lo capirebbe pure un bambino che stare zitti sarebbe più utile, notano che l’ex numero uno di Unicredit ha detto che non ci sono state pressioni e che il motivo di tanto interesse per Etruria era dovuto alla preoccupazioni per l’economia del territorio aretino.

 

boschi ghizzoni boschi ghizzoni

DE BORTOLI SI ASPETTAVA PIÙ POLSO. Chi ha ragione? Diciamo che Ghizzoni è stato meno reticente di Visco, ma anche lui pur sempre accomodante. Ma, considerato che l’ex banchiere non ha gran feeling con il mondo politico e istituzionale, chi può averlo indotto a moderarsi? Certo non Ferruccio de Bortoli, che, anzi, probabilmente si aspettava maggiore polso. Allora i suoi avvocati, indotti alla prudenza anche dall’andamento delle audizioni precedenti? È probabile.

 

Ma c’è chi giura che il suo gran Consigliori sia stato l’amico Maurizio Beretta, che dopo l’uscita di Ghizzoni da Unicredit è rimasto a fare il gran ciambellano di Jean Pierre Mustier nonostante le iniziali intenzioni bellicose verso di lui del banchiere francese e soprattutto nonostante l’ingombrante presenza della signorina Louise Tingström, la superpagata consulente svedese di Mustier di cui vi ho parlato qualche giorno fa.

 

boschi ghizzoni etruria de bortoli boschi ghizzoni etruria de bortoli

IL TRIONFO DELL'ARTE DEL COMPROMESSO. Beretta è rimasto in Unicredit ma non ha perso i contatti con il suo ex capo, al quale per anni ha dispensato consigli politico-diplomatici e presentato interlocutori istituzionali. E a Beretta non sono certo mancate le opportunità di capire in anticipo che aria tirava e cosa sarebbe stato meglio che Ghizzoni facesse. Direbbe Humphrey Bogart, «è l’arte del compromesso, bellezza, e tu non puoi farci niente».

 

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