EUROCONDANNA – L’EUROPA NON HA UN PIANO COMUNE PER FRONTEGGIARE LA RECESSIONE - DRAGHI DEVE COMBATTERE CONTRO IL RIGORISMO DI SCHAEUBLE E L’ITALIA RISCHIA DI TORNARE NEL MIRINO DEI MERCATI

L’incapacità di cooperare fra le capitali si è trasformata in un contagio politico, dopo quello finanziario di pochi anni fa. Il governo tedesco ignora gli appelli di Draghi a fare un po’ di espansione di bilancio, punta all’avanzo benché il Paese quasi in recessione e rinuncia a qualunque nuovo investimento…

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Federico Fubini per “la Repubblica

 

renzi schulz, hollande and merkel in milana renzi schulz, hollande and merkel in milana

Degli incontri del Fmi di pochi giorni fa forse resterà solo una foto, perché a suo modo è la chiave del panico che incubava sui mercati e ieri è esploso. Mario Draghi, presidente della Bce, sorride guardingo mentre al suo fianco Wolfgang Schaeuble lo guarda senza poter dissimulare la sua diffidenza e l’ira. Sulla base dell’espressione del ministro delle Finanze di Berlino, una prima lettura del terremoto finanziario di ieri sarebbe semplice: la Germania non permette alla Bce di intervenire con forza sui mercati, quindi si rischia di risvegliare la crisi di due anni fa.

 

merkel e hollande al vertice ue di milano merkel e hollande al vertice ue di milano

In quell’immagine però si può leggere qualcosa di più profondo, che prescinde dal ruolo di Draghi: i grandi Paesi dell’euro, Germania, Francia e Italia, non hanno più un piano. Né nel breve, né nel medio periodo hanno la minima nozione comune di come intendono convivere sotto l’ombrello della stessa moneta. Hanno smesso da tempo di fidarsi gli uni degli altri e si muovono in maniera sempre meno coordinata, danneggiandosi a vicenda.

 

EURO CRAC EURO CRAC

Niente di nuovo, era così anche un anno fa. Negli ultimi tempi però si sono imposte alcune differenze che rendono il disordine politico un rischio finanziario per Paesi fragili come la Grecia, Cipro, il Portogallo e la stessa Italia.

 

La prima novità è che la Germania e l’intera area euro ora rischiano la deflazione e un’altra recessione: la dinamica dei prezzi sorprende al ribasso ogni volta che esce un nuovo dato, la produzione industriale in agosto è caduta del 5,9% in Germania e dell’1,8% in zona euro. L’altra complicazione invece è che ormai la Federal Reserve si prepara a rendere il denaro più caro e ritirare gradualmente liquidità nel 2015, con effetti avversi per tutti i debitori nel mondo: governi ovviamente inclusi.

bundesinnenminister wolfgang schaeuble propertyposter bundesinnenminister wolfgang schaeuble propertyposter

 

«Per anni i mercati sono saliti anticipando le mosse delle banche centrali, ma ora la Fed sta per fischiare la fine e la Bce non sa quanto potrà fare da sola», nota Alberto Gallo di Rbs. La tela di fondo è cambiata e ora il caos che regna fra Germania, Francia e Italia sta diventando semplicemente intenibile. Gli investitori ieri hanno detto che non possono più conviverci a lungo senza tornare a mettere in dubbio il futuro dell’euro.

 

Negli ultimi mesi l’incapacità di cooperare fra le capitali si è trasformata in una sorta di contagio politico, dopo quello finanziario di pochi anni fa. Il governo tedesco ignora in pieno gli appelli di Draghi a fare un po’ di espansione di bilancio, punta all’avanzo benché il Paese quasi in recessione e rinuncia a qualunque nuovo investimento: non servono a niente i tassi zero, o il fatto che la Germania dovrebbe far salire gli investimenti di oltre 120 miliardi l’anno solo per arrivare alla media degli altri Paesi avanzati.

YANET YELLEN cover YANET YELLEN cover

 

La Francia di François Hollande ha perso anni negando i suoi problemi: un bilancio in deficit da 40 anni, una spesa pubblica al 56% del Pil che strangola le imprese tramite la pressione fiscale, il crescente disavanzo con l’estero. Ora cerca di reagire, ma lo fa illudendosi che le regole europee contino solo per Atene, Lisbona, Madrid o Roma, ma non per Parigi: la Legge di stabilità francese sarà respinta dalla Commissione Ue e sta per aprirsi un negoziato dagli esiti poco prevedibili.

 

Quanto all’Italia, ogni suo ritardo e annuncio poi contraddetto non fa che alimentare la diffidenza tedesca. Lo stile enfatico della comunicazione di Renzi e i suoi toni spigolosi quando parla di Germania dall’Italia creano sospetti nei vertici di Bruxelles, dove Angela Merkel predilige il passo calmo dei tecnocrati. Le promesse di cambiamento sulla pubblica amministrazione o la giustizia sollevano scetticismo a Berlino, anche se sulla riforma del lavoro c’è vero interesse.

MERKEL MURALES DI FRONTE ALLA BCE FRANCOFORTE MERKEL MURALES DI FRONTE ALLA BCE FRANCOFORTE

 

E in Germania i leader rifiutano di riconoscere l’evidenza: anche in piena austerità, se non si permette alla Bce di contrastare la deflazione, il debito pubblico dell’Italia continuerà a salire. Di qui il tentativo di Renzi di trasmettere uno choc positivo al Paese con una Legge di stabilità che, palesemente, sfida le regole europee. La Germania risponde pilotando procedure formali di vigilanza di Bruxelles contro Roma e Parigi, e la spirale della diffidenza e della paralisi compie un altro giro.

 

In queste condizioni lo spazio di azione di Draghi fatalmente è limitato. Nel 2012 tolse l’euro dalla rotta di collisione, nel 2015 rischia di non avere la forza né i mezzi per farlo. Non prima che si arrivi, di nuovo, a una situazione estrema. Non se prima Merkel, Hollande e Renzi si chiudono in una stanza e decidono, insieme, che non vogliono passare alla storia come i leader che affossarono la moneta comune.

 

 

 

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