EX POTENTI SOTTO STRESS - MOLTI DEI BIG DELLA POLITICA CHE ESCONO DI SCENA ACCUSANO UNA VERA E PROPRIA SINDROME: IL “BARATRO ESISTENZIALE” E’ IN AGGUATO. CHE SI FA? O CI SI RICICLA IN ALTRE ATTIVITA’ O SI RISCHIA DI FINIRE SUL LETTINO DELLO PSICANALISTA

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Marco Bracconi per “il Venerdì di Repubblica” ripubblicato da “Il Foglio del lunedì

 

PIERO ROCCHINI PIERO ROCCHINI

Lo sai perché è evidente. Ma lo capisci davvero quando il telefono che una settimana prima ti sbaciucchiava l' ego un centinaio di volte al giorno ora è improvvisamente muto. E tutti quei questuanti bisognosi di favori, tanto fastidiosi: quanto ti mancano adesso. Insomma, hai perso il potere: cose che capitano nel gioco democratico.

 

Ma tra la fisiologia - più o meno deteriorata - del vivere pubblico e il trauma del vissuto di un singolo passa l' abisso dell' identità che annaspa. Una somma di problemi personali che nella dinamica delle postdemocrazie diventa (anche) un problema politico.

«Il normale circuito si è rovesciato. Una volta si faceva politica e si otteneva il successo. Oggi si ha successo e quindi si passa alla politica.

 

PIERO ROCCHINI ONOREVOLI SUL LETTINO PIERO ROCCHINI ONOREVOLI SUL LETTINO

Con tutto quel che ne consegue nella gestione (e nella perdita) del potere». Paolo Cirino Pomicino, il fu potentissimo presidente della commissione Bilancio e già super ministro dell' Italia andreottiana, risponde al telefono dalla carrozza di un Frecciarossa. Oggi ha un cuore nuovo, una giovane moglie e presiede la società che gestisce la tangenziale di Napoli.

 

Soprattutto, scrive. Analisi lucidissime sulla pochezza della nostra democrazia. Geronimo (è il suo ex pseudonimo giornalistico) la perdita del potere l' ha presa bene: «La salvezza passa per la cultura e la politica, la vera fonte del potere, senza le quali esso nasce solo dalla funzione che sei chiamato a svolgere, e allora rapidamente passa. Così non resta più niente. Fuori, e spesso anche dentro».

 

romano prodi cirino pomicino romano prodi cirino pomicino

Altrettanto si può dire di Enrico Letta, che dopo aver restituito alquanto immusonito la campanella di Palazzo Chigi ha fatto armi e bagagli e adesso fa il rettore a Parigi: «Il giorno dopo ti ritrovi davanti a uno spazio vuoto e hai due sole alternative: angosciarti o essere determinatissimo a voltare pagina». E se Pomicino individua nella mancanza di cultura l' angoscia da perdita di potere, il predecessore di Renzi coglie un altro punto critico: «La politica di professione non c' è più» dice traslocando scatoloni da un quartiere all' altro della capitale francese.

 

cirino pomicino cirino pomicino

«Un tempo si usciva e si rientrava, oggi a certi livelli quando esci è finita. E allora la sola cosa che puoi fare è restituire quel che si è ricevuto. Aprendo una scuola di politiche, per esempio». La sconfitta, dunque, è sempre più spesso la fine di una carriera. «Discutibile, ovvio. Ma è la regola della post democrazia, c' è poco da fare».

 

Eppure sotto certe prime file, quando la ruota della nemesi gira dalla tua parte, le cose non filano altrettanto serene. Crisi di autostima, famiglie che si sfasciano, vuoti identitari. Rabbia. Deresponsabilizzazione. E tanti alibi.

ENRICO LETTA ENRICO LETTA

 

Piero Rocchini è stato psicologo della Camera per nove anni. Il caso vuole siano gli anni in cui il pool Mani Pulite decapita una intera classe dirigente. Nel suo libro Onorevoli sul lettino (Tropea, pp. 159) di quel panico generalizzato c' è più di una traccia. A cominciare dalle sedute spiritiche dell' onorevole ansioso di sapere dai fantasmi se è in arrivo un avviso di garanzia: «Tra i politici la fuga nell' irrazionale non è così infrequente» spiega Rocchini nello studio romano dove ancora riceve più di un politico in terapia.

 

 

ENRICO LETTA LASCIA IL PARLAMENTO ENRICO LETTA LASCIA IL PARLAMENTO

Una fuga per nessun dove, evidentemente. Perché è la forma più estrema di un meccanismo di deresponsabilizzazione che stritola la maggior parte degli «orfani» del potere, e che con la personalizzazione della politica ha trovato il suo alibi perfetto. «Un esempio per tutti? Il parlamentare di Forza Italia caduto in disgrazia che edipicamente si scaglia (ribellandosi) contro il leader "papà", attribuendo a Berlusconi, sotto il cui ombrello si è riparato finora, la responsabilità della cattiva sorte».

 

È una ricaduta della prevalenza della leadership alla quale poco si pensa: la formazione di una classe dirigente che detiene un potere subalterno e quindi (Pomicino docet) narcisistico e apparente.

marco follini marco follini

 

«Quando questi politici restano senza ruolo c' è il baratro esistenziale». Ma detto questo, distingue Rocchini, c' è chi fa politica con una forte motivazione al successo, e chi al potere: «Sono due cose diverse, i primi spesso trovano rapidamente altri habitat dove esprimersi; gli altri o recuperano in fretta oppure, drammaticamente, somatizzano».

Walter Veltroni appartiene alla prima categoria.

 

Non sarà andato in Africa, ma tra libri, film e invenzioni di format tv l' ex segretario Pd si è, come si dice, rifatto una vita. Così Marco Follini, vicepremier ai tempi tormentati della berlusconiana Cdl, oggi presidente dell' Associazione produttori televisivi. E che dire di Irene Pivetti, catapultata sullo scranno più alto di Montecitorio quando era poco più di una ragazzina e poi auto -traslatasi in conduttrice tv e icona fashion?

 

Nella seconda categoria finiscono invece quelli che continuano la guerra con altre armi (che siano fondazioni alla D' Alema o think thank alla Fini), ma anche quelli che gli si rompe tutto dentro. E in famiglia, pure. Dice Rocchini: «Negli anni ho fatto molte terapie di coppia, dove lo schema era la rivalsa del consorte, che lamentandosi dei tanti sacrifici fatti inchiodava l' ex potente alla domanda molto poco sentimentale: e ora, a che pro?».

veltroni michele emiliano ravetto ginefra veltroni michele emiliano ravetto ginefra

L' esatto contrario di quanto avvenuto nel bel palazzo di Testaccio dove vivevano i Letta ai tempi delle larghe intese. «La famiglia per me è stata decisiva» racconta l' ex premier, «il nucleo di certezza solidale da cui sono ripartito».

 

Sulle famiglie politiche, in epoca di rottamazioni concretamente agite o continuamente evocate, meglio lasciar correre. E così sugli elettori, «con i quali nella new politics il rapporto è intensissimo grazie al sistema della comunicazione globale, ma altrettanto liquido e alla resa dei conti inconsistente» continua Letta. In certi casi, perfino, se non si sta attenti alle scelte che si fanno, diventa un rapporto di diretta ostilità. Vedi Barroso, che dopo la presidenza della commissione Ue è diventato consulente della Goldman Sachs. «In tempi di Brexit e di rivolta anti banche...» sospira l' ex premier.

WALTER VELTRONI WALTER VELTRONI

 

Destra, sinistra. Uomini e donne. La perdita del potere salta le appartenenze ideologiche e di genere. Rocchini sfida la cappa del politically correct e segnala che le donne che perdono ruoli di potere usano spesso la discriminazione come versione di comodo: «Quasi mai riflettono sugli errori e si trincerano dietro la volontà maschile di escluderle». Uno schema in linea con il dato generale: «Avrò avuto il 5 per cento di casi di politici capaci di affrontare la perdita del potere in termini di responsabilità. Per tutti gli altri, in forme diverse, c' è solo vittimismo».

 

Del resto per ottenere e gestire a lungo il potere serve una sorta di «immunità dal senso di colpa, anche da quello sano». Vale a dire quello che aiuterebbe a superare il trauma quando si perde lo status, a maggior ragione se non va in scena come una volta nel Palazzo, ma nel teatro globale di un sistema orfano di autorevolezza e di pudore.

MATTEO SALVINI IRENE PIVETTI KARAOKE RADIO ROCK MATTEO SALVINI IRENE PIVETTI KARAOKE RADIO ROCK

«Ho capito che era finita quando nell' ottobre del 1992 convocai un "caminetto" con tutti i big della Dc e mi resi conto della generale inconsapevolezza di quanto stava accadendo» racconta Pomicino.

 

costantino e irene pivetti costantino e irene pivetti

Vent' anni dopo Letta è invece il primo presidente licenziato via hashtag: «Quello staisereno era un messaggio chiarissimo, fu lì che compresi di avere le settimane contate. Il vantaggio è che il mio esecutivo era precario per definizione e vivevo comunque carpe diem».

 

Nello iato di questi vent' anni c' è il succo della questione. E se per Letta la socializzazione di quell' addio è stato un bene «così da rendere esplicito il mio disaccordo», per tanti altri vuol dire solo peggiorare le cose. Conclude Rocchini: «Se il potere è (anche) una forma di controllo per mezzo di riconoscimento, il disconoscimento globale in agguato produce una classe politica in perenne ansia». E dunque nevrotica, oltre che mediocre.

 

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