LA FLESSIBILITÀ DEGLI ALTRI – ECCO PERCHÉ LA FRANCIA SI PUÒ PERMETTERE DI FAR SALIRE IL RAPPORTO DEFICIT PIL AL 2,8% E VARARE UN MAXI TAGLIO DEL COSTO DEL LAVORO – IN ITALIA SI PUÒ FARE? TECNICAMENTE SÌ, MA C’È UN PROBLEMA CHE HA UN NOME E UN COGNOME: DEBITO PUBBLICO – CHE FARÀ MOSCOVICI, SEMPRE PRONTO A RANDELLARE I CONTI ITALIANI, CON I SUOI CONNAZIONALI?

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Luca Cifoni per “il Messaggero”

 

macron sfotte un disoccupato 1 macron sfotte un disoccupato 1

La Francia farà più deficit del previsto nel 2019, arrivando ad un' incidenza sul Pil del 2,8 per cento. E subito in Italia scatta la domanda: «Perché loro sì e noi no?». In realtà il Projet de loi de finances 2019 presentato ieri dal governo di Parigi potrà forse incidere sulle vicende di casa nostra ma solo in modo molto relativo.

 

Da una parte è chiaro che il contesto generale conta nelle valutazioni europee, in quelle della commissione ma soprattutto in quelle più politiche dell' Eurogruppo; dunque se ci sono più Paesi - in particolare grandi - che si collocano al limite delle regole il clima di tolleranza verso tutti può aumentare.

MACRON PHILIPPE MACRON PHILIPPE

 

È anche vero però che la situazione francese è abbastanza diversa da quella italiana sia dal punto di vista strutturale che da quello più specifico delle misure da adottare per il 2019. Partiamo proprio da queste ultime: Parigi è riuscita per la prima volta nel 2017 a scendere sotto la soglia del 3 % nel rapporto deficit/Pil solo nel 2017, mentre l' Italia si trovava già da alcuni anni all' interno della soglia di sicurezza.

 

Era previsto che il percorso di discesa proseguisse e per il 2019 l' obiettivo era finora fissato al 2,4%. Ora invece viene portato al 2,8: dunque il governo di Édouard Philippe si prende un po' di flessibilità in più (come del resto intende fare quello italiano) ma in misura contenuta.

moscovici moscovici

 

Per di più, quella percentuale deriva - secondo quanto si legge nel progetto di bilancio - da un' operazione straordinaria, la trasformazione di un credito d' imposta favore delle imprese in riduzione permanente del costo del lavoro.

 

C' è un effetto finanziario una tantum pari allo 0,9 per cento del Pil, senza il quale il disavanzo si fermerebbe all' 1,9. La conseguenza contabile, in base alle complicate regole europee, è che la Francia può comunque vantare per il prossimo anno un aggiustamento strutturale (al netto dell' effetto del ciclo economico e delle una tantum) dello 0,3 per cento: che è la metà di quello sulla carta richiesto, anche se poi toccherà alla commissione valutare la coerenza di questo impianto.

giulia bongiorno giovanni tria matteo salvini giulia bongiorno giovanni tria matteo salvini

 

Per inciso, nel ruolo di arbitro ci sarà il socialista francese Moscovici, che dovrà mostrare verso i suoi connazionali almeno la stessa severità esibita parlando di Roma.

 

IL PERCORSO

giovanni tria giovanni tria

Proprio in termini di deficit strutturale ragiona anche il ministro Giovanni Tria, che vorrebbe usare un po' di flessibilità mantenendo comunque un miglioramento almeno simbolico, pari magari allo 0,1 per cento, per sostenere a Bruxelles che l' Italia prosegue comunque il percorso di risanamento.

 

Ma la differenza principale tra noi e i francesi sta in un altro fondamentale indicatore, quello relativo al debito pubblico; ed è una differenza che viene da lontano. L' Italia ha stabilizzato il rapporto debito/Pil, riducendolo leggermente già nel 2017. Siamo comunque al di sopra del 130 per cento e ci resteremo di sicuro anche quest' anno.

 

ellekappa tria ellekappa tria

Parigi invece ha visto negli ultimi anni un incremento del rapporto debito/Pil, ma si trova comunque al di sotto del 100 per cento: per il 2019 è in programma una lieve riduzione al 98,6. Le agenzie di rating pongono il debito francese ad Aa2 (il terzo gradino dall' alto) mentre noi dobbiamo stare attenti a non scivolare nel girone dei Non-investment grades. Insomma il nostro Paese potrebbe forse pensare a ottenere ulteriore flessibilità verso le regole europee, ma garantendo una credibile e progressiva discesa del debito rispetto al Pil: su questo punto però le intenzioni del nuovo governo non sono ancora chiare.

 

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