KIM-MI FERMERA’? DOPO LE SANZIONI DELL’ONU LA COREA DEL NORD MINACCIA VENDETTA: “DAREMO UNA SEVERA LEZIONE AGLI STATI UNITI CON LA NOSTRA FORZA NUCLEARE STRATEGICA” – LUTTWAK: “IL REGIME DI PYONGYANG HA SOLO MISSILI DI CARTONE. IL BLOCCO AI TEST? TRUMP PER ORA È RIUSCITO DOVE BARACK OBAMA HA FALLITO"

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A.Gu. per il Messaggero

KIM KIM

 

Ci hanno provato anche i ministri degli Esteri russo e cinese. Nel corso del summit ministeriale dell'Asean, l'Associazione dei Paesi del sud-est asiatico, sia il ministro Sergei Lavrov che il collega Wang Yi, hanno fatto pressioni sul ministro degli esteri della Corea del Nord, Ri Yong-ho, perché il regime di Pyongyang «mantenga la calma, e non provochi la comunità internazionale con altri test».

 

Lo stesso segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, ha rinnovato un'apertura già espressa nei giorni scorsi: «Quando le condizioni saranno giuste, possiamo sederci e aprire un dialogo sul futuro della Corea del Nord, perché si senta sicura e possa prosperare economicamente». Ma gli appelli, ripetuti poi anche da esponenti degli altri 27 Paesi presenti al summit nelle Filippine, non hanno scalfito la apocalittica visione che il regime della Corea del Nord ha della propria posizione nel mondo.

TRUMP TRUMP

 

LA REAZIONE

Oltraggiata dal passaggio unanime all'Onu della risoluzione che la penalizza, la reazione di PyongYang è stata di definirla «una violazione della nostra sovranità nazionale», promettendo di vendicarsi «mille volte». In un comunicato che non concede un millimetro al negoziato, il regime ha anzi promesso: «Daremo una severa lezione agli Stati Uniti con la nostra forza nucleare strategica».

 

E ha troncato di netto ogni ipotesi di dialogo: «Non accetteremo mai di negoziare il nostro programma nucleare e i nostri missili balistici». Tuttavia, consapevole di essere stata invitata dalle Filippine al summit Asean pur contro il parere degli Usa, PyongYang nel suo comunicato promette di «non usare le armi nucleari se non contro gli Stati Uniti», il Paese cioè che continua ad accusare di essere il vero colpevole «dell'estrema gravità della situazione nella penisola coreana e della possibilità crescente di un conflitto».

 

L'INCONTRO

KIM KIM

L'unico risvolto positivo che la crisi sembra avere, è dato dall'incontro fra il segretario di Stato Usa Rex Tillerson e il collega russo Sergei Lavrov. È stato il primo incontro tra i due da quando il Congresso degli Stati Uniti ha passato una serie di nuove sanzioni ai danni di Mosca e questa ha risposto ordinando la riduzione del personale americano all'ambasciata e ai consolati Usa in Russia di 735 persone. Proprio a Manila però Lavrov e Tillerson hanno trovato che c'è comunque del terreno comune su cui i due Paesi possono discutere. Uno di questi è la crisi coreana.

 

La Russia, come la Cina, ha votato a favore della risoluzione, quando nel passato ha in genere posto il proprio veto o al massimo si è astenuta. Trump stesso, reagendo al voto, si era detto molto positivamente «impressionato» dalla unanimità al Consiglio di Sicurezza.

 

LA DIPLOMAZIA

kim jong un osserva il missile intercontinentale nordcoreano luglio 2017 kim jong un osserva il missile intercontinentale nordcoreano luglio 2017

Nel mondo diplomatico è infatti cresciuto il rispetto per l'ambasciatrice Usa all'Onu, Nikki Haley, che ha lavorato con pazienza insieme al collega cinese e russo, pur di trovare una risoluzione che ottenesse l'unanimità e per questo desse un messaggio inequivocabile. Proprio per arrivarci, la risoluzione impone il blocco del commercio con la Corea del Nord di vari prodotti - come il carbone e il piombo - ma lascia fuori il petrolio, che Pechino e Mosca considerano solo come una scelta da ultima spiaggia.

 

La crisi rimane comunque ai massimi livelli di tensione, anche per le minacce espresse dal consigliere per la sicurezza nazionale Usa, H. R. McMaster, tre giorni fa, quando ha detto che la «guerra preventiva» contro PyongYang è una delle opzioni sul tavolo.

 

Le dichiarazioni non hanno solo infiammato la Corea del Nord ancora di più, hanno anche aumentato l'allarme della Corea del Sud, tanto che Donald Trump domenica sera ha chiamato il presidente Moon Jae-in per una telefonata alla cui conclusione i due si sono detti d'accordo che PyongYang rappresenta una minaccia «seria, crescente e diretta».

 

LUTTWAK LUTTWAK

 

2. LUTTWAK: MA QUALI TESTATE NUCLEARI HANNO SOLO MISSILI DI CARTONE

 

Anna Guaita per il Messaggero

 

 

Non bisogna guardare ai missili che Kim Jong-un continua a lanciare: «Sono missili di cartapesta, sono buoni per le parate, ma possiamo abbatterli senza difficoltà». La vera minaccia sono gli esperimenti nucleari sotterranei. E quelli Donald Trump per ora è riuscito a farli bloccare: «È riuscito dove Barack Obama non era riuscito». Edward Luttwak parla al Messaggero circa gli ultimi passi internazionali contro la Corea del Nord. Il consulente di strategia, appena tornato da un sopralluogo al confine sino-coreano, insiste che «bloccare gli esperimenti sotterranei è un passo decisivo verso la denuclearizzazione».

NORDCOREA - KIM JONG UN ISPEZIONA L ESERCITO NORDCOREA - KIM JONG UN ISPEZIONA L ESERCITO

 

Lei dunque non ha timore dei missili? 

«Fino a che PyongYang non produce una testata miniaturizzata con cui caricarli, sono missili di cartone, che possiamo abbattere. Fermare gli esperimenti sotterranei, vietare altre esplosioni nucleari sotterranee vuol dire impedire ai loro scienziati di compiere la miniaturizzazione».

 

Bastano le sanzioni a impedire che facciano questi test? 

«Barack Obama aveva reagito con la voce grossa contro le quattro esplosioni durante la sua presidenza, e anche con sanzioni, ma erano senza mordente. Quando Donald Trump si è insediato, c'è stata un'esplosione nucleare sotterranea. Trump ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping nella sua residenza di Mar a Lago, in Florida.

 

Non aveva intorno nessun funzionario del Dipartimento di Stato esperto di Cina che potesse fermarlo, e così ha avuto mano libera per parlare con il cinese e dirgli senza peli sulla lingua: se non fermate gli esperimenti nucleari coreani, noi fermeremo tutto il nostro commercio con voi. Glielo ha detto poco dopo che aveva lanciato l'attacco contro la base militare siriana». 

NORDCOREA - KIM JONG UN ISPEZIONA L ESERCITO NORDCOREA - KIM JONG UN ISPEZIONA L ESERCITO

 

Lei dice che libero dei freni della diplomazia, Trump ha ottenuto un impegno cinese? 

«Dopo che Trump gli aveva detto la sua, Xi Jinping ha chiamato i coreani e ha detto loro: se continuate con gli esperimenti nucleari, noi smetteremo tutto il commercio con voi. E da quel momento non ci sono più stati esperimenti nucleari. Vuol dire che la Cina accetta il principio che la Corea non deve avere armi nucleari. Va bene i missili, ma niente testate atomiche». 

La nuova risoluzione Onu ha il mordente necessario a convincere Kim Jong-un? 

«La cooperazione cinese è vera, lo si capisce proprio leggendo la risoluzione, che è molto concreta e vieta l'esportazione in Corea di molti prodotti. Il Paese sarà strangolato». 

 

Ma non era già stato strangolato da varie altre sanzioni? 

«La Corea del Nord ha continuato ad avere alleati disposti a esportare petrolio, cibo... Come la Malesia, l'Indonesia, l'Iran. La popolazione soffre, ma le forze armate e la élite politica hanno tutto. Ma questa risoluzione è molto precisa e le pressioni sono forti». 

 

Dunque lei crede che la denuclearizzazione sia possibile?

«Se davvero si isola la Corea, sì certo. Però, bisogna bloccarne i contatti esterni completamente. E quindi bisognerà bloccare anche il loro commercio navale. Vietare ogni scambio, anche con l'Iran». 

TRUMP TRUMP

 

Ma la popolazione non soffrirà ancora di più? 

«La popolazione non riceve nulla dalla dittatura, e continuerà a non ricevere nulla. Invece i militari e i politici saranno puniti: niente più petrolio per loro. Allora sì che soffriranno». 

Di tanto in tanto si parla anche dell'ipotesi del tirannicidio

«Se ne parla, ma non si agisce. Ci sono migliaia di ragioni per cui non si agisce, c'è ritrosia davanti a un simile atto. Non vogliamo essere assassini, e così lasciamo gli assassini al potere... Ma io lo considero un errore morale. Abbiamo potuto bombardare Baghdad, ma non assassinare Saddam Hussein... È la legge: non possiamo uccidere capi di Stato e di governo, ma in certi casi è un errore».

LUTTWAK LUTTWAK

 

 

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