“CE L’ABBIAMO FATTA JOE, SARAI IL PROSSIMO PRESIDENTE USA” – CHI E’, CHI NON E’, CHI SI CREDE DI ESSERE KAMALA HARRIS, PRIMA VICEPRESIDENTE DONNA DEGLI USA (LA PRIMA NERA E LA PRIMA INDIANA-AMERICANA) – LA TELEFONATA A BIDEN ALLA NOTIZIA DELLA VITTORIA E I BALLI INSIEME AL MARITO SUL CARRO DEL GAY PRIDE - TRUMP L’HA DEFINITA “UN MOSTRO” E “UNA PAZZA”, IL COMMENTATORE RUSH LIMBAUGH L’HA LIQUIDATA COSÌ: “JOE AND THE HOE” (JOE E LA PUTTANA) - VIDEO

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Viviana Mazza per Corriere.it

 

kamala harris kamala harris

«Ce l’abbiamo fatta, Joe! Sarai il prossimo presidente degli Stati Uniti». Kamala Harris ride di sollievo, al telefono con Biden. Quando arriva la notizia della vittoria, è in tuta, a passeggio col marito Doug, che pubblica il video su Twitter.

 

 

 

Harris sarà la prima vicepresidente donna, la prima nera e la prima indiana-americana nella storia degli Stati Uniti d’America. Cinquantacinque anni dopo che il Voting Rights Act rimosse le barriere che (soprattutto nel Sud) ostacolavano il voto degli afroamericani. Trentasei anni dopo che la prima donna (Geraldine Ferraro) corse per la vicepresidenza. E quattro anni dopo la sconfitta di Hillary contro Donald Trump.

 

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C’è chi piange di sollievo qui ad Atlanta, «mecca» nera dell’America, proprio come si è commosso in tv il commentatore afroamericano Van Jones, spiegando che «I can’t breathe» — la frase pronunciata da George Floyd, morto soffocato sotto il ginocchio di un poliziotto bianco a Minneapolis — «descrive come molti si sentivano: non riuscivamo a respirare».

 

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Tanti sono in strada a festeggiare, tra clacson e applausi; altri al lavoro come Rickie Bailey, afroamericana, veterana di guerra. «Piango di gioia. Mia nonna ha vissuto fino a 110 anni e mi diceva che per gran parte della sua vita non aveva potuto votare. In quest’elezione io non ho solo votato, ma sono stata una volontaria e un’osservatrice alle urne, nonostante avessi un figlio in ospedale. Ora al potere c’è una donna che ha il mio aspetto, in cui posso riconoscermi. Per ogni ragazzina sarà un’ispirazione. E’ successo grazie alle donne delle minoranze, abbiamo fatto la differenza: il razzismo c’è ancora, ma abbiamo abbracciato la nostra storia e siamo arrivate ai vertici».

 

Ad Atlanta altre due afroamericane ambivano al posto di Kamala, ma hanno lavorato per lei: la sindaca Keisha Lance Bottoms e soprattutto Stacey Abrams, il volto delle battaglie per la registrazione degli elettori e contro la soppressione del voto, che tutti in queste ore ringraziano per la vittoria del partito democratico in Georgia. Tante altre, lontano dai riflettori, hanno fatto la loro parte: da Rickie Bailey che aspetta la sera per festeggiare a casa, fino a una signora che attendeva con ansia la notizia alla Ebenezer Church, la chiesa battista del reverendo King, vestita nei colori verde e rosa dell’Alpha Kappa Alpha, la più antica «sorority» di studentesse nere (di cui fa parte Kamala).

biden kamala harris biden kamala harris

 

 

«Madam Vice President non è più solo fiction», ha scritto su Twitter l’attrice Julia Louis-Dreyfus, protagonista della serie «Vice». Alla fine, in tv la vice diventa presidente. Anche Harris mirava allo Studio Ovale. Sarà la numero due di un presidente che compirà 78 anni prima dell’insediamento e non è detto corra per un secondo mandato. E’ il nuovo volto del partito, e forse il suo futuro.

 

Non tutti sono d’accordo con le sue passate scelte politiche, specialmente quando prima di entrare al Senato era procuratrice della California, ma sperano che con Biden e lei almeno ci sia qualcuno a cui chiedere conto alla Casa Bianca. E poi l’identificazione con un leader passa anche dal livello emotivo. Alla guida della nazione ci sarà una famiglia moderna, come se ne vedono tante a San Francisco ma anche ad Atlanta. Se l’inno di Trump ai comizi era «Macho Man», la canzone di Kamala è «Work That» di Mary J. Blige, cioé «Sii te stessa, usa quel che hai».

kamala harris e il marito kamala harris e il marito

 

Kamala ha rifiutato di incastrarsi in nette categorie razziali di creazione altrui: «Sono quello che sono, e mi va bene così. Sono americana». Lei e la sorella Maya sono bi-razziali, indiane e giamaicane, cresciute andando al tempio hindu ma anche immerse nella cultura afroamericana: la madre, anche dopo la separazione dal marito giamaicano, sapeva che in America sarebbero state etichettate come donne nere, e voleva che ne fossero fiere. Doug Elmhoff, il marito bianco ed ebreo (già padre di due figli), sarà il primo «Second Gentleman» alla Casa Bianca.

 

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E’ scoppiato in lacrime alla chiusura delle urne, raccontano i volontari. Per tutto il tempo era stato «entusiasta, a volte inspiegabilmente» ma anche preoccupato. Scrutava tra la folla ai comizi, attento alla sicurezza della moglie. Gli attacchi misogini contro Kamala non cesseranno: da Trump che l’ha definita «un mostro» e «una pazza» al commentatore Rush Limbaugh con la battuta «Joe and the Hoe» (Joe e la puttana). Calzando le sue Converse, continuerà a rispondere tranquilla: «Sono solo distrazioni». Il suo primo tweet da vicepresidente-eletta: «Quest’elezione riguarda molto di più che Joe Biden o me… Abbiamo tanto lavoro da fare. Cominciamo».

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