I MAGISTRATI SCOPRONO CHE DIETRO LA CASA DI MONTECARLO CI SAREBBE ANCHE UNA TANGENTE PER CORROMPERE QUALCUNO E OTTENERE UN DECRETO AD HOC - GIANCARLO TULLIANI, COGNATO DI FINI, AVREBBE INCASSATO PIU’ DI 4 MILIONI IN DUE ANNI - DALLA SOCIETA’ DI LABOCCETTA UN FINANZIAMENTO DI 600 MILA EURO AD UN’ASSOCIAZIONE CULTURALE DI SUBIACO

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Giacomo Amadori per La Verità

 

fini montecarlo fini montecarlo

l mistero della casa di Montecarlo è finalmente svelato. Infatti la strana operazione che ha visto passare da Alleanza nazionale ad alcune società offshore riconducibili a Giancarlo Tulliani, il celeberrimo cognato di Gianfranco Fini, il mezzanino di Rue Princesse Charlotte non sarebbe colpo immobiliare di un parente di un politico importante (all’epoca custode del patrimonio di An).

 

Grazie a un’inchiesta della Procura di Roma e dello Scico (Servizio centrale criminalità organizzata) della Guardia di finanza scopriamo che quella compravendita potrebbe essere stata addirittura una tangente pagata per corrompere un soggetto non ancora identificato e per ottenere la stesura di un decreto ad hoc.

 

CITOFONO TULLIANI A MONTECARLO CITOFONO TULLIANI A MONTECARLO

La storia è raccontata nell’ordinanza di custodia cautelare emesso dal Tribunale di Roma contro cinque persone, tra cui l’imprenditore Francesco Corallo, domiciliato alle Antille olandesi, l’ex parlamentare del Pdl Amedeo Laboccetta, e tre collaboratori dello stesso Corallo. Laboccetta dal 2006 al 2008 è stato amministratore del ramo italiano della holding di Corallo, l’Atlantis world, poi Bplus gioco legale e dal 2015 Global starnet ltd, la principale società di gioco d’azzardo presente nel mercato nazionale.

AMEDEO LABOCCETTA AMEDEO LABOCCETTA

 

Corallo & c. sono accusati di associazione per delinquere transnazionale, peculato, reati tributari e riciclaggio. Nella stessa indagine sono stati perquisiti Giancarlo Tulliani e suo padre Sergio, il suocero di Fini. Gli inquirenti ufficialmente preferiscono non sbilanciarsi e a chi chiede se la casa fosse di proprietà dei Tulliani, sorridono sornioni e rispondono: «Questo lo dite voi». Nell ’ordinanza non viene contestata la corruzione, anche perché se quell’accusa venisse mossa sarebbe quasi certamente ghigliottinata dalla prescrizione.

 

ELISABETTA TULLIANI E GIANFRANCO FINI ELISABETTA TULLIANI E GIANFRANCO FINI

Ma quando un cronista domanda se l’ultima compravendita dell’immobile, avvenuta nel 2015, possa essere considerata la continuazione del reato, il procuratore aggiunto Giuseppe Prestipino si mostra possibilista: «Ci dovrei pensare » .

 

Per ora la casa monegasca è finita nell’inchiesta come moneta di una colossale macchina da riciclaggio costituita da un centinaio di società offshore e di conti bancari distribuiti sull’intero orbe terracqueo, dal Isole del Canale al Canada, dalla Francia alle Antille olandesi, insomma nascosti in alcuni dei più inespugnabili paradisi fiscali.

 

FRANCESCO CORALLO FRANCESCO CORALLO

Un sistema che ha permesso di occultare all’estero almeno 215 milioni di euro di tasse non pagate e che in parte sarebbero tornati indietro per acquistare il mezzanino di Rue Princesse per anni nella disponibilità di Giancarlo Tulliani.

 

Dietro a tutto questo c’è la mente di Francesco Corallo, il re del gioco d’azzardo legale e delle videolottery, le macchinette con cui centinaia di migliaia di italiani gettano al vento magri stipendi e pensioni. Francesco è il figlio di Gaetano Corallo, condannato per associazione per delinquere (prima del 1982 non veniva contestata quella mafiosa) e considerato vicino alla famiglia di Nitto Santapaola; a 23 anni si trasferì nelle Antille Olandesi e con capitali di non chiara provenienza ha iniziato a far crescere il suo impero.

Fini- GIANCARLO TULLIANI Fini- GIANCARLO TULLIANI

 

Da qui ha iniziato la sua espansione sino all’Italia dove è sbarcato nel 2004 con un consorzio poco «liquido », ma sostenuto dalle fidejussioni di una banca israeliana. Il segreto di Corallo è sempre stato quello di creare «shell company», gusci vuoti utilizzati per corrompere politici, come ha spiegato il comandante dello Scico Giuseppe Grassi, ma non solo quelli italiani, infatti nelle indagini dei finanzieri italiani e dei colleghi olandesi sono finiti anche politici dei Paesi Bassi. In Italia l’uomo giusto sembra che fosse Amedeo Laboccetta, ex consigliere regionale di An con la passione per il mare di Saint Marteen dove portò anche Gianfranco Fini in visita a Corallo nell’agosto del 2004. Nel 2006 Laboccetta divenne l’amministratore di Atlantis world e nel 2008 ottenne un posto in parlamento come deputato.

 

I Tulliani e Fini I Tulliani e Fini

Da quello scranno si sarebbe interessato di far ottenere leggi favorevoli e concessioni al suo vecchio datore di lavoro. Ma la cosa davvero strana è che uno dei più stretti collaboratori di Corallo, Rudolf Baetsen, arrestato pure lui, abbia inviato circa 1.500.000 euro a Giancarlo Tulliani tra luglio e novembre 2008: i primi 327.000 vengono utilizzati per comprare la casa di An, attraverso la Printeps ltd riconducibile allo stesso cognato; altri 360.000 per acquistarla una seconda volta, questa volta inviando il denaro alla Timara ltd (sempre di Tulliani); contemporaneamente Baetsen invia altri due bonifici per un totale di 900.000 euro alla Jayden holding ltd. Ovviamente di Tulliani.

 

giancarlo tulliani giancarlo tulliani

Ma perché Corallo avrebbe dovuto consegnare tutti quei soldi al cognato di Fini? Ufficialmente per non meglio specificate consulenze. Per gli inquirenti nient’altro che il classico modo per giustificare i pagamenti illeciti. Forse la spiegazione si trova nell’hard disk sequestrato dalla Procura di Milano allo stesso imprenditore siciliano nel 2011.

 

Nella memoria si trova la causale di un altro pagamento del 24 novembre 2009 inviato su un conto belga del papà di Giancarlo, Sergio Tulliani: «Liquidation foreign assets - decree 78/2009, 2.4M Euro». Un appunto che non ammette molte interpretazioni. Quei soldi vengono giustificati come pagamento per un decreto legge del governo Berlusconi, quello cosiddetto Anticrisi che all’articolo 21 si occupava di «rilascio di concessioni in materia di giochi» e che, secondo alcuni esperti, era disegnato su misura sulle esigenze della Bplus.

Mercedes Giancarlo Tulliani Mercedes Giancarlo Tulliani

 

Insomma Corallo avrebbe pagato per un sostanzioso intervento nella stesura della nuova norma. Quei soldi seguivano un altro invio di 200.000 euro del luglio precedente, questa volta destinati sul conto monegasco del solito Giancarlo, un pagamento affiancato alla sigla «FC» (Francesco Corallo?).

 

Anche gli investigatori capiscono che la sola contestazione del riciclaggio risulta monca: «Certo non è facile spiegare perché Giancarlo Tulliani abbia ricevuto tutti quei soldi. Per lui in quel momento fare una rampa di scale non era difficile (dove viveva il cognato Gianfranco Fini con la sorella Elisabetta ndr), ma non siamo riusciti a trovare le tracce di altri passaggi di denaro». Nel frattempo Tulliani nel 2015 ha venduto il mezzanino a un cittadino domenicano e ha guadagnato altri 1.300.000 euro. Soldi che si sono aggiunti ai 4.100.000 euro del biennio 2008-2009. Un bel malloppo che avrebbe alla base un decreto legge favorevole.

FRANCESCO PROIETTI COSIMI FRANCESCO PROIETTI COSIMI

 

Il fascicolo del Procuratore aggiunto Giuseppe Prestipino sembra strettamente collegato a quello di un altro Pm romano, Giuseppe Cascini, che aveva indagato su 600.000 euro inviati dalla Atlantis world a una minuscola associazione culturale di Subiaco, un paese in provincia di Roma, il feudo elettorale dell’ex segretario particolare di Fini, Francesco Proietti Cosimi. Secondo l’ex sindaco della cittadina, Pierluigi Angelucci, quei soldi sarebbe stati ritirati da lui personalmente e consegnati a Proietti Cosimi. Per questo il Pm aveva contestato il finanziamento illecito. E anche se è un’altra storia ha ancora come protagonisti Corallo e un uomo vicino a Fini.

 

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