«Sono dovuto andare a Roma, ho subito un'ora di interrogatorio davanti a una commissione di monsignori. Hanno sentito le mie ragioni, poi uno di loro mi ha detto: "Lei non deve avere paura del cardinal Montini. Lei deve avere paura solo di una cosa, di fallire! Nel caso le do un consiglio. Il giorno prima del fallimento si compri una pistola e si spari o si butti dalla finestra del quarto piano"»
Don Verze' e Mario CalChi parla è Don Verzé e la dichiarazione - riportata da Wired in un lungo articolo dedicato al San Raffaele pubblicato sul primo numero del mensile a marzo 2009 - si riferisce ai tempi in cui Paolo VI era ancora il cardinal Montini: qualcuno ebbe l'impressione che Verzé si stesse allargando troppo e lo denunciò al Sacro Ministero.
Un'affermazione che suona come una sinistra profezia oggi, alla luce del suicidio di Mario Cal, ex vicepresidente, tesoriere e braccio destro dell'anziano fondatore. Un suicidio ancora tutto da spiegare, anche se naturalmente legato alla difficilissima situazione finanziaria del san Raffaele, con un miliardo di euro di debiti e un concordato preventivo che sembra l'unica strada percorribile.
Ma che cos'è davvero il San Raffaele? Al centro c'è l'ospedale, ma pure monumenti, giardini, negozi. Una metropolitana trasparente, che cammina senza guidatore fino alla linea cittadina, uno zoo, un parrucchiere, una cartolibreria, un ristorante, un ottico, e poi un parcheggio interrato che è il più grande della Lombardia, un asilo nido, un liceo e l'università. Un albergo a quattro stelle per i parenti dei malati, l'elisoccorso, una casa editrice. Insomma una fortezza minimale nell'aspetto, ma gotica nell'essenza, di cui lui solo è il vero architetto e custode di ogni segreto.
Don Luigi VerzéPer saperne di più, per conoscere le visioni e le idee che hanno guidato questo ambizioso progetto, Wired.it ripropone il servizio pubblicato sul primo numero di Wired Italia nel 2009 http://mag.wired.it/rivista/storie/la-fine-della-morte.html#content
2- IL MESSAGGIO ALLA MOGLIE: «PERDONAMI NON CE LA FACCIO»
Alberto Berticelli e Gianni Santucci per il "Corriere della Sera"
Due messaggi. Uno per la fidata segretaria Stefania, l'altro per l'adorata moglie Tina. Scritti con la stilografica in una manciata di minuti prima di premere il grilletto della sua pistola e farla finita. Due messaggi chiusi in altrettante buste e lasciati su quella che, per anni, era stata la sua scrivania, la tolda di comando dalla quale partivano gli ordini e le iniziative prese insieme a don Verzè per far crescere e diventare sempre più importante il San Raffaele. «Stefania, grazie di tutto. Perdonami».
ospedale_san_raffaele_milanoGli agenti della volante lo hanno trovato a fianco del cadavere, macchiato con degli schizzi di sangue. Stefania ieri mattina aveva visto arrivare in ufficio il manager e non si era accorta di nulla. Qualcuno, addirittura, dice che il braccio destro di don Luigi Verzè abbia sorriso: ma forse è stata solo un'impressione. Il secondo foglio per la moglie. «Cara Tina perdonami. Non ce la faccio più.
Ancora una volta ho pagato errori di altri. Tu sai che non ho colpa» . Un messaggio nel quale traspare tutta l'angoscia di Mario Cal e che è stato letto e riletto da Maurizio Ascione, il magistrato che conduce l'inchiesta. La sensazione degli investigatori è che il manager abbia voluto suggerire alla moglie le cause del suo disperato gesto e indicare una sorta di movente. Quel «ancora una volta ho pagato errori di altri. Tu sai che non ho colpe» , lascia trasparire nuovi scenari da esplorare. Come dire: se ho condiviso alcune scelte l'ho fatto per assecondare strategie che non condividevo.