Fabio Martini per "La Stampa"
Agnelli Romiti
Dalla Stalingrado d'Italia torna a ronzare l'eterno dubbio, mai provato eppur mai fugato in 18 anni di inchieste sulle «tangenti rosse»: una parte degli introiti illeciti potrebbero esser finiti a Roma nelle casse del Pds-Ds-Pd? Sempreché siano dimostrati dall'accusa i reati commessi a Sesto San Giovannni, possibile che a Roma da anni non ne sapessero nulla?
Nelle carte dei magistrati si fa esplicito riferimento alla «parte romana» del partito, gli ex Ds, che potrebbero aver ricevuto contributi illegali dalle Coop rosse, «grate» al partito per averle fatte entrare nel sistema degli appalti a Sesto San Giovanni.
Ma a ben vedere ci sono almeno altre tre vicende - tra loro separate nell'indagine - che in linea teorica potrebbero lasciar immaginare una «sponda romana». L'acquisto da parte della Provincia di Milano ad un prezzo generoso dal costruttore Marcellino Gavio di un ulteriore 15 per cento della Milano-Serravalle.
L'investimento di Gavio di 40 milioni nella cordata Unipol per «scalare» la Bnl, la banca che stava tanto a cuore anche ai leader Ds. L'ingresso di un gruppo pur prestigioso come i Falck nel Consorzio Leonardo che acquistò gli Aeroporti di Roma, fu aiutato dalla sinistra?
primo gregantiDomande che troveranno risposta nella corposa inchiesta di Monza. Domande che, al di là della inchiesta in corso, ripropongono uno degli enigmi della stagione di Tangentopoli, che è anche una dei grandi snodi irrisolti della recente storia italiana: una volta esaurito l'«oro di Mosca», i vertici del Pci-Pds furono del tutto immuni dal morbo delle tangenti? Anni di inchieste sulle tangenti rosse, inchieste promosse da «mastini» come AntonioDi Pietro e Carlo Nordio, non hanno portato da nessuna parte.
Marcellino GavioTra le inchieste del pool milanese di Mani pulite, il caso più controverso resta quella visita a Botteghe Oscure di Raoul Gardini che secondo diverse testimonianze, entrò con una valigietta da un miliardo di lire per «ammorbidire» il Pci. Ha raccontato Di Pietro a Gianni Barbacetto nel libro «Il guastafeste»: «La borsa è entrata, ma non si sa chi l'abbia ritirata. Pollini, il segretario amministrativo, è morto, dunque la catena a ritroso delle indagini si è interrrotta».
Occhetto e D'Alema, i capi di allora? «Io ho chiesto che fossero sentiti in aula, ma il presidente del Tribunale ha deciso che non ci fossero elementi per sentirli neppur come testimoni». Quanto a Nordio, il pubblico ministero di Venezia indagò in tutta Italia, arrivò a chiedere il rinvio a giudizio per 278 persone, ma alla fine si arrese: compagni che avevano preso tangenti ce ne erano tanti, ma i leader non potevano essere perseguiti perché non era possibile dimostrare che sapessero quel che facevano alcuni funzionari. In parole povere, potevano non sapere.
occ27 occhettoDunque, il teorema del «non poteva non sapere» che in qualche caso ha finito per inchiodare Bettino Craxi, non è mai stato fatto valere per i vertici Pci-Pds. Anche per questo motivo, ex leader dei Ds come Walter Veltroni e Piero Fassino in queste ore hanno avuto buon gioco a querelare Maurizio Gasparri che li aveva genericamente chiamati in causa proprio in nome di quel teorema così scivoloso.
MASSIMO DALEMAMa il presidente dei senatori Pdl è stato particolarmente irriguardoso nei confronti dell'attuale leader del Pd: «Si scrive Penati ma si legge Bersani». Un'equazione lapidaria che vorrebbe quasi rendere corresponsabile il segretario democratico di tutti gli eventuali reati commessi dall'ex sindaco di San Giovanni. Certo, Penati e i suoi amici hanno avuto spazio nella gestione Bersani, con una costante che riguarda il settore trasporti, che rappresentano uno dei filoni dell'indagine di Monza.
PIERFRANCESCO MARANIl capogruppo alla Provincia di Milano, il «penatiano» Matteo Mauri è stato chiamato nella segreteria del Pd ad occuparsi di Trasporti. E Pierfrancesco Maran, anche lui amico e compagno di Penati, nella giunta comunale di Milano, tra tante deleghe ha avuto proprio quella ai Trasporti. Da quando è scoppiato il caso-Sesto, Bersani ha calibrato parole sulle quali nel Pd nessuno ha avuto nulla da ridire.
cern03 piero fassino walter veltroni lapEppure, curiosamente, dentro al partitohanno giocato al «rialzo» con parole durissime proprio ex ds come Luciano Violante o come il governatore della Toscana Enrico Rossi che, non paghi delle autospensioni di Penati, ne hanno invocato la rinuncia alla prescrizione e le dimissioni da consigliere regionale.