IL PASSO INDIETRO DI “LACCA & FUTURO” - LO SMONTEZEMOLATO HA FINALMENTE CAPITO CHE DA SOLO NON VA DA NESSUNISSIMA PARTE, CHE I LEADER IN CAMPO SONO ORMAI UN PLOTONE E, INTELLIGENTEMENTE, GETTA NEL CESTINO DELLE AMBIZIONI SBAGLIATE LA CANDIDATURA DI SE STESSO O LA DISCESA-EVENTO – CHE RICORDEREBBE DA VICINO BERLUSCONI – MA SCEGLIE UNA MODALITÀ DIVERSA E IL “SOLE” È L’UNICO A SCRIVERLO: “QUELLA COLLETTIVA DI UNA “COMUNITÀ” DI ECCELLENZE CIVICHE”…

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Da Il Sole 24 Ore

LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLOLUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLOLUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

La domanda non è più se lui sia in campo o no. Luca Cordero di Montezemolo in campo c'è già ma con una modalità diversa da quella attesa: non la candidatura di se stesso o la discesa-evento - che ricorderebbe da vicino Berlusconi - ma quella collettiva di una «comunità» di eccellenze civiche.

Il senso dell'impresa dell'ex presidente di Confindustria è tutto nell'incipit del suo discorso di ieri a Bari dove ha battezzato la quarta associazione regionale della Fondazione, Italia Futura. «L'obiettivo è dare una casa alle tante eccellenze civiche di cui il Paese è ricco. Chi deve scendere in campo è l'Italia».

Uno slogan che non ha nulla a che fare con auto-candidature o col «partito dei padroni». Questa volta, dice Montezomolo «deve accadere l'opposto. Se le tante eccellenze civiche riusciranno a mettersi insieme potranno dialogare in maniera paritetica con la parte sana della politica. Una sfida molto più difficile e profonda di una discesa in campo individuale».

Ma il presidio e l'organizzazione di pezzi di società è solo una parte dell'obiettivo complessivo di Montezemolo. L'altra parte guarda al dopo-Berlusconi e si prepara a riunire - a destra e sinistra - singole personalità politiche «moderate e riformiste dei diversi schieramenti che oggi si sentono isolati e delusi».

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Lo dice chiaro in un passaggio il presidente della Ferrari: «Passiamo dalla cultura dell'anti a quella del post», che si può leggere proprio nella chiave del post-berlusconismo anzichè dell'anti-berlusconismo che ancora definisce - sempre più forzosamente - gli schieramenti attuali.

Ecco, dalla combinazione di queste due operazioni sulla società e sulla politica, Montezemolo ha in mente di costruire «un grande movimento popolare, trasversale a tutte le componenti della società: non partiti dei padroni o altre alchimie tecnocratiche ed elitarie». E con questo ribatte a chi gli rimprovera di voler guidare un rassemblement di pochi. Ma lui insiste che non è detto sia lui a guidare il movimento: «Mai come oggi la squadra è più importante del singolo».

LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLOLUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

È stato attento Montezemolo ai toni: nessun acuto, nessuno spunto polemico, solo la descrizione di una politica «paralizzata dai contrasti tra il premier e il ministro dell'Economia» mentre l'Italia è «sul ciglio del burrone», con il rischio-default più concreto che mai. Ecco che propone il suo menù di priorità, messe a punto da Nicola Rossi, senatore riformista ed ex Pd: dismissioni di patrimonio pubblico «perchè spetta allo Stato fare l'80% e solo dopo si potranno chiedere i sacrifici ai cittadini a cominciare dai più fortunati come me».

LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLOLUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

Poi c'è il contributo di solidarietà a partire dalla politica e dai suoi flussi di spesa (dal Cnel alle province alle Camere di commercio), l'imposta sulle grandi fortune e la redistribuzione del carico fiscale spostandolo dal lavoro alla rendita. Infine il lavoro: piena protezione contro le discriminazioni e i licenziamenti disciplinari ingiustificati ma nessuna inamovibilità per motivi economici e organizzativi. Un programma che si regge su un principio di fondo: riequilibrare il rapporto tra Stato e cittadino che oggi è tirato o verso l'iper-individualismo o verso il neo-statalismo.

Luca cordero di MontezemoloLuca cordero di Montezemolo

Impossibile non parlare di Confindustria. «È un segnale importante che le principali associazioni abbiano presentato una piattaforna ampiamente condivisibile: un lavoro prezioso che non va interrotto». Ma inevitabile è toccare il tema dei rapporti tra Fiat e Confindustria e lui non elude la rottura del Lingotto. «Mi addolora. Ma se la più grande azienda italiana ritiene che la sua presenza in Confindustria sia d'impedimento al perseguimento di obiettivi aziendali, qualcosa che non ha funzionato deve esserci». Naturale che lui speri si possa «riannodare il filo del dialogo» ma intanto pungola viale dell'Astronomia: «Spesso si sottolinea per il Paese l'esigenza di una fase costituente, sarebbe importante per l'associazione riflettere su un analogo processo».

 

 

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