SÌ, È PROPRIO “IGNARO” MARINO – LE CENE A SPESE DEL COMUNE CON OSPITI INVENTATI? “TUTTA COLPA DELLE SEGRETARIE” – LE FIRME SOTTO I RENDICONTI? “NON SONO MIE” – LA CARTA DI CREDITO? “NON L’HO CHIESTA IO” – MARINO VA DAI PM PER EVITARE L’ISCRIZIONE SUL REGISTRO DEGLI INDAGATI E GIOCA A SCARICABARILE

Marino è andato a Piazzale Clodio per rendere “dichiarazioni spontanee”, convincere i pm a non indagarlo e potersi così esibire tutto immacolato, il 5 novembre, per l’apertura del processo contro Mafia capitale. “Se mi indagano mi metteranno nello stesso calderone con Alemanno e compagni, quelli che per anni si sono mangiati la città”… -

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1.MARINO IN PROCURA:QUELLE FIRME NON SONO MIE

Maria Elena Vincenzi e Giovanna Vitale per “la Repubblica

 

Le firme sui giustificativi non sono sue. Le date spesso sono sbagliate perché quei documenti venivano compilati molto dopo l’evento e, spesso, dalla sua segreteria. Lui non ha mai speso denaro pubblico. Anzi: a fare il sindaco di Roma di soldi ce ne ha persino rimessi. È stata questa la difesa che Ignazio Marino, accompagnato dal suo avvocato Enzo Musco, ha esposto ieri ai pubblici ministeri titolari del fascicolo sulle sue note spese.

MARINO SCONTRINI 1 MARINO SCONTRINI 1

 

Quattro ore di dichiarazioni spontanee davanti al procuratore aggiunto Francesco Caporale, al sostituto Roberto Felici e ai finanzieri del nucleo di polizia tributaria per ribadire le sue ragioni e dichiararsi assolutamente estraneo alle accuse che gli hanno mosso il Movimento Cinque Stelle e Fratelli d’Italia, che hanno presentato un esposto ipotizzando il peculato a carico dell’ex primo cittadino della capitale per una serie di spese personali fatte con la carta di credito del Comune.

 

Quel reato, però, non è stato ancora iscritto dai magistrati, così come non è stato iscritto lui: Marino non è indagato. E forse proprio per scongiurare una sua iscrizione, l’ex chirurgo ha insistito per essere sentito. Così ieri pomeriggio si è presentato cercando di non farsi vedere e nello stesso modo se ne è andato usando un ascensore di emergenza per evitare i cronisti. Salvo poi affidare a un comunicato stampa le dichiarazioni rilasciate agli inquirenti.

 

IGNAZIO MARINO ALLA PRIMA DI SUBURRA IGNAZIO MARINO ALLA PRIMA DI SUBURRA

L’ex sindaco ha ricostruito tutte le cene (solo per tre di quelle “incriminate” non riesce a ricordare i commensali); ha spiegato che, «come è evidente ictu oculi», la firma sui giustificativi non è la sua. Cosa possibile perché spesso i giustificativi venivano compilati molto dopo l’evento dalle segretarie che, «non ricordando la vera finalità istituzionale della cena, ne hanno indicata una compatibile con l’ultimo appuntamento in agenda».

 

Ancora: Marino ha chiarito che la donna che era stata riconosciuta come sua moglie dal proprietario di un ristorante in cui il conto era stato pagato con la carta di credito del Campidoglio (“La Taverna degli Amici”, ndr), «poteva assomigliare forse alla sua signora, ma era una sua collaboratrice».

MANIFESTAZIONE PER MARINO MANIFESTAZIONE PER MARINO

 

A conferma del fatto che la firma non sempre era la sua, l’ex primo cittadino, che ha consegnato parecchio materiale («che servirà a fare chiarezza»), ha anche detto (e fornito le prove) del fatto che nelle date di compilazione lui spesso era all’estero per lavoro.

 

Infine, «non sono stato io a chiedere la carta di credito. Sono stati gli uffici. Io non ho nemmeno voluto che si aumentasse il massimale». Proprio per questo, ha spiegato ai pm e ribadito nel comunicato, ha deciso di donare 20 mila euro al Comune, «somma corrispondente alle spese di rappresentanza dall’inizio del suo mandato». «Il simbolico gesto di ribellione di una persona onesta», cosa che ha più volte ribadito agli inquirenti.

 

 

2. “NON FARÒ LA FINE DI ALEMANNO” LO SCARICABARILE PER FERMARE I PM

marino ultima cena le iene marino ultima cena le iene

Maria Elena Vincenzi e Giovanna Vitale per “la Repubblica

 

Una mattinata intera rinchiuso in casa a ripassare le carte, il suo braccio destro Roberto Tricarico a fargli da sparring partner in vista del match pomeridiano in Procura. Un altro paio d’ore, a ridosso di pranzo, trascorse con l’avvocato, Enzo Musco, per limare gli ultimi colpi di una difesa mandata ormai a memoria. Infine le dichiarazioni spontanee rese davanti ai pm.

 

L’obiettivo che spinge Ignazio Marino a Piazzale Clodio è uno e uno soltanto: scongiurare l’incriminazione per peculato e uscire pulito dall’inchiesta sulle spese di rappresentanza. In fretta. Prima possibile. La dead line fissata al 5 novembre, inizio del processo Mafia Capitale. «Io non ci sto a essere confuso con quei ladroni », si sfoga il chirurgo dem, «io sono una persona onesta, se mi indagano mi metteranno nello stesso calderone con Alemanno e compagni, quelli che per anni si sono mangiati la città».

MARINO BICI MARINO BICI

 

Eccola l’urgenza. La premura. La smania del sindaco dimissionario: andare dai magistrati per raccontare la sua verità. Discolparsi. Anche a costo di inguaiare altri, gente che lui stesso ha voluto e chiamato, nominandola in Campidoglio. La strategia difensiva è chiara: «Non sono stato io a chiedere la carta di credito istituzionale, non sono stato io a sollecitare l’aumento del plafond da 10mila a 50mila euro, non sono stato io a compilare i giustificativi delle cene». Hanno fatto tutto gli uffici.

 

Di più. «Alcuni sono stati firmati quando io non ero neanche in Italia, ma all’estero. Tra l’altro, vede», dice Marino mostrando un atto ufficiale da lui autografato, «la mia firma è questa, mentre quelle in calce ai giustificativi no. Non sono autentiche, come può facilmente rilevarsi a occhio nudo».

GIANNELLI MARINO GIANNELLI MARINO

 

Un lungo monologo per cercare di far luce su una vicenda che già gli è costata la poltrona in Campidoglio. E ora rischia di fargli ancora più male.

 

Sulla cena alla “Taverna degli Amici”, sabato 27 luglio 2013: «Non ero con mia moglie ma con una mia assistente che fisicamente la ricorda», taglia corto. Su quella di Santo Stefano: «La mia famiglia era fuori Roma».

 

Ricostruisce la procedura, Marino. Spiega che gli errori sono da addebitare alla sua segreteria particolare e non a lui, visto che prassi vuole sia proprio quella struttura in seno al Gabinetto a occuparsi della verifica e della rendicontazione delle sue spese di rappresentanza. Come? Incrociando cene e pranzi con gli appuntamenti riportati sulla sua agenda istituzionale. E siccome, soprattutto in una prima fase, si è registrato un forte ritardo nella redazione dei giustificativi, le causali di spesa sono state ricostruite a posteriori «senza però consultarmi».

MARINO ale MARINO ale

 

Da chi? «Non sono in grado di dirlo», ha risposto secco Marino. «La mia agenda, che non è quella cartacea ma in formato elettronico, era a disposizione di moltissimi uffici comunali, per un totale di circa 50-60 persone». Tutti colpevoli, nessun colpevole, dunque.

 

MARINO MARINO

Professa la sua assoluta estraneità, il sindaco. «Non ho mai utilizzato il denaro pubblico per finalità estranee a quelle consentite » giura. «E anche la seconda carta di credito, attribuita al capo del Cerimoniale, è stata richiesta per facilitare i pagamenti in occasione di eventi pubblici». E se infine ha deciso di coprire di tasca sua i 20mila euro spesi in rappresentanza, «l’ho fatto per evitare strumentalizzazioni: lungi dal costituire un atto di debolezza o, peggio, di ammissione di colpevolezza, rappresenta il simbolico gesto di ribellione di una persona onesta».

 

Perché, ha poi rivendicato, «io sono quello che è riuscito ad ottenere donazioni private a favore del Campidoglio per oltre 10 milioni. Le pare che mi rovinavo per poche centinaia di euro?».

 

 

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