RENZI, L’AMICO AMERIKANO (E I CAPITALI USA TORNANO IN EUROPA) - IL MITOLOGICO SPECULATORE SOROS SCOMMETTE SU MATTEUCCIO E SONDA L’ITALIA IN VISTA DI INVESTIMENTI. CON LA ROMA NEL 2008 NON ERA ANDATA BENE

L’ultima volta in cui Soros ha pensato di scommettere sull’Italia risale al 2008, quando la famiglia Sensi decise di rinunciare al controllo della Roma. «Ho avuto molta più pubblicità per questo che per anni di devozione alla causa dei Rom», raccontò. E ora il finanziere potrebbe tornare alla carica…

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1. ORA SOROS PUNTA SULL'ITALIA PRONTA A INVESTIRE NELLE BANCHE
Alessandro Barbera per ‘La Stampa'

L'ultima volta - e forse l'unica - in cui ha pensato di scommettere sull'Italia risale al 2008, quando la famiglia Sensi decise di rinunciare al controllo della Roma. Nei bar e nei taxi della Capitale non si parlò d'altro per settimane. Capì subito che la mossa avrebbe potuto essere molto popolare, ma al dunque non se ne fece nulla. «Ho avuto molta più pubblicità per questo che per anni di devozione alla causa dei Rom», raccontò.

Soros ha intestato la casa di Manhattan a TamikoSoros ha intestato la casa di Manhattan a Tamiko

A parte quell'episodio - e uno sporadico investimento in titoli pubblici un paio d'anni fa - George Soros in Italia non ha mai investito uno spillo. Non per una banca, né per un'azienda. Ora però l'aria sembra cambiata. Qualcuno lo chiamerà subito effetto fiducia o effetto Renzi, il segno che la crisi è davvero alle nostre spalle. La verità, a voler essere prudenti, è che abbiamo raschiato il fondo del barile, e dall'altra parte dell'Atlantico l'euro non è più visto solo come una bomba pronta ad esplodere.

Lo dimostrano le notizie rimbalzate la scorsa settimana da Wall Street su un investimento ribassista del Fondo Soros sull'indice Standard and Poor's. E lo conferma un'intervista del finanziere ungherese allo Spiegel domenica: «Io credo nell'euro», «anche se temo che l'area possa finire in una stagnazione come quella subita per 25 anni dal Giappone». In ogni caso «il mio team di investimenti sta cercando di trovare il modo di fare un po' di soldi in Europa, ad esempio investendo nelle banche che hanno rapidamente bisogno di capitale». Fra i Paesi considerati più appetibili c'è proprio l'Italia.

Il miliardario George SorosIl miliardario George Soros

Gli uomini di Soros avevano già incontrato Fabrizio Saccomanni durante la sua visita a New York, lo scorso Natale. La scorsa settimana - secondo quanto risulta da più fonti - il team incaricato degli investimenti nell'Europa del Sud questa volta è volato a Roma per alcuni incontri riservati. L'obiettivo era capire se il nuovo governo di Matteo Renzi sarà in grado di dare la stabilità politica, la precondizione per un investimento almeno a medio termine.

Quel che i banchieri americani hanno capito con certezza è che di qui a qualche mese, dopo i nuovi stress test della Banca centrale europea e dell'Autorità europea sulle banche sui requisiti di capitale molti istituti avranno bisogno di fondi. Mps lo dovrà fare per tre miliardi di euro, Carige per 800 milioni, Banco Popolare ha in cantiere un rafforzamento pari ad 1,5 miliardi, Bpm per 500 milioni.

Ma pochi giorni fa - era il 3 febbraio - il governatore della Banca d'Italia Visco ha lasciato intendere che la questione potrebbe investire molte più banche, soprattutto dopo aver fatto chiarezza sui cosiddetti «crediti deteriorati» che dovranno emergere dai test. «La profondità della crisi ha avuto ripercussioni sulla qualità dei prestiti, soprattutto quelli alle imprese. Potranno configurarsi in alcuni casi esigenze di ricapitalizzazione».

Logo Logo "Standard Poors"

Basti citare il caso di Intesa Sanpaolo, che nelle stesse ore ha ipotizzato la creazione di una «bad bank» nella quale far confluire 55 miliardi di quelle sofferenze. O il progetto della stessa Intesa che, insieme a Unicredit, potrebbe coinvolgere il fondo di investimento americano Kkr.

Insomma, agli attuali valori di Borsa, tuttora deboli, la sensazione restituita al grande capo è che in Italia si possono fare ottimi affari. E che in nome di questo potrebbe essere rivisto il portafoglio degli investimenti in Europa, oggi esposto soprattutto verso Paesi come la Spagna. Sarebbe un'ottima notizia, sempre che nel frattempo la politica non dia nuova linfa ai pregiudizi che i mercati hanno avuto per troppo tempo - e non a torto - nei confronti di un Paese spesso inaffidabile.

2. I CAPITALI USA NEL VECCHIO CONTINENTE - L'AMERICA SCOMMETTE SULLA RIPRESA
Paolo Mastrolilli per ‘La Stampa'

Ignazio ViscoIgnazio Visco

Fuga di capitali, verso l'Europa. Dall'inizio dell'anno al 19 febbraio scorso, in meno di due mesi, gli investitori americani hanno scommesso 24,3 miliardi di dollari sui titoli del Vecchio continente. A questo va aggiunto che cinesi e indiani stanno facendo lo stesso, mentre George Soros dice al settimanale tedesco «Der Spiegel» che «la mia squadra punta a fare un sacco di soldi in Europa molto presto, ad esempio pompando soldi nelle banche che ne hanno bisogno».

Cosa sta succedendo? Cosa ha messo in marcia questo treno, su cui l'Italia potrebbe salire in fretta, visto che gli investitori puntano soprattutto ai grandi affari possibili nei Paesi più colpiti dalla crisi?

Partiamo dai dati, raccolti dal «fund tracker» Epfr Global. Dall'inizio del 2014 ad oggi, anzi a mercoledì scorso, gli investitori hanno acquistato titoli europei per 24,3 miliardi di dollari. Al contrario, i fondi americani hanno perso 5 miliardi. Tre dei quattro che hanno ricevuto più liquidità, cioè Vanguard Ftse Europe, iShares Msci Emu e Vanguard Ftse Developed Markets Etfs, sono esposti soprattutto nel Vecchio continente.

Secondo il «Wall Street Journal», le compagnie più ambite sono quelle dei Paesi più solidi, tipo l'azienda farmaceutica tedesca Bayer, le olandesi Royal Dutch Shell e Unilever, o le tecnologiche francesi Atos e Sopra, perché sono competitive, ma costano meno delle concorrenti americane.

logo intesa san paolologo intesa san paolo

Nello stesso tempo, però, gli investitori stanno guardando con molta attenzione ai Paesi più in difficoltà, tipo Spagna, Italia, Irlanda, Portogallo e la stessa Grecia, perché se arriva la ripresa queste sono le regioni dove si possono ancora concludere gli affari più convenienti.

MATTEO RENZI GIURA AL QUIRINALE DA NAPOLITANOMATTEO RENZI GIURA AL QUIRINALE DA NAPOLITANO

Lo stesso discorso riguarda la Cina, dove per la prima volta gli investimenti fatti all'estero stanno superando quelli ricevuti in casa. Non si tratta solo di aziende che aprono stabilimenti nei Paesi asiatici vicini dove il lavoro costa meno, ma anche di compagnie che acquistano partecipazioni nel settore del lusso o dei prodotti di alta qualità europei, per poi penetrare meglio il loro stesso mercato domestico in continua crescita. Se questo non bastasse a creare una tendenza, JP Morgan ha appena lanciato lo Europe Dynamic Equity Offshore Fund, che punta a convogliare verso l'Europa gli investimenti dei ricchi indiani.

MATTEO E TIZIANO RENZIMATTEO E TIZIANO RENZI

Parlando con «Spiegel», Soros è stato molto chiaro: «Io credo nell'euro». Perciò sta cercando di fare soldi finanziando le banche che ne hanno urgente bisogno, ma pensa anche di scommettere su casi estremi come la Grecia: «Le condizioni economiche nel Paese sono migliorate. La domanda ora è se si può guadagnare su base sostenibile. Se è possibile, investiremo».

Soros dice che in realtà la ripresa non è ancora partita, l'eurozona «rischia una lunga fase di stagnazione», e la Germania dovrebbe mettere da parte l'austerità e concentrarsi sulla crescita. Eppure vuole pompare soldi nel Vecchio continente. Una delle ragione di questa tendenza sta nel fatto che anche se la ripresa non è imponente, le cose si cominciano a muovere e questo è il momento per approfittarne.

L'altra ragione è che proprio a causa della timidezza della crescita e della bassa inflazione, la Bce probabilmente sarà costretta a proseguire le iniziative di stimolo che invece la Fed ha già iniziato ad abbandonare. Questo dovrebbe favorire almeno in una certa misura il travaso degli investimenti dal mercato americano a quelle europeo, a patto di essere pronti ad accoglierli.

 

 

 

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