RI-STAPPA UN PRODINO! AVVISATE RENZI: NEL NUOVO LIBRO DEL PROFESSORE UN PROGRAMMA DI GOVERNO PER PROVARE A SALVARE L' ITALIA – TASSA DI SUCCESSIONE, SERVIZIO CIVILE, POLITICHE INDUSTRIALI, PRODI OFFRE LA SUA RICETTA ANCHE SE A TORNARE NELLA STANZA DEI BOTTONI NON CI PENSA: PER ORA…

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Paolo Martini per la Stampa

 

Un programma di governo, dettagliato e pronto per l' uso. Pensato e scritto da un personaggio, Romano Prodi, che a tutto pensa tranne che a tornare nella stanza dei bottoni e invece mette a disposizione di chi volesse metterle in pratica, proposte operative di breve e medio periodo: alcune contropelo, tutte immaginate per ridare slancio ad un Paese che rischia di affogare nella palude sulla quale galleggia da anni. Questo, in sintesi, è «Il piano inclinato», il libro che esce domani, edito da Il Mulino, che è il frutto di una serie di conversazioni di Romano Prodi con Giulio Santagata, già braccio destro del Professore a Palazzo Chigi e con Luigi Scarola, ricercatore di Nomisma.

 

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L' assunto dal quale muove il libro è questo: le crescenti diseguaglianze delle nostre società sono «la causa e non solo la conseguenza del rallentamento della crescita economica». Si parte da alcune «istantanee» eloquenti, che riguardano il passato, quando «le grandi catastrofi» portavano «maggiore giustizia», perché «restringendo l' offerta di mano d' opera» provocavano «l' aumento dei salari e la diminuzione delle rendite». E anche se, ovviamente, non si può sperare in nuove guerre, c' è anche un' altra eredità del passato irriproducibile: un tempo le rivoluzione tecnologiche distruggevano ma poi ricostruivano posti di lavoro. Le automobili appiedarono produttori di carrozze e allevatori di cavalli, ma spalancarono un formidabile indotto: «Strade, raffinerie, distributori di carburante», mentre oggi quell'«aggiustamento automatico non esiste più».

 

Si è rivelata errata «l' idea imperante» che la crescita della quota di reddito della parte più ricca della popolazione «avrebbe fatto crescere tutta la società» e invece «la remunerazione del capitale e delle rendite» ha dilatato i profitti «ma non gli investimenti. Vittima è il ceto medio, col risultato che «i bianchi americani hanno adesso gli stessi sentimenti che avevano gli underclass neri negli Anni Ottanta». E dunque «la ricostruzione di una robusta classe media e la lotta contro la povertà debbono essere gli obiettivi» prioritari di una politica progressista e il consenso da cercare per alcune riforme dolorose passa «obbligatoriamente» attraverso una «ritrovata centralità» della «middle class».

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Le proposte ruotano attorno alla vera «ossessione» del Professore: il sistema Italia è afflitto da un deficit di produttività, da noi «rimasta statica» negli ultimi 15 anni, mentre è «aumentata di 15 punti in Germania e Francia».

 

Prodi propone «robusti investimenti» su un «sistema di scuole tecniche degne del Ventunesimo secolo», «la palestra dei futuri imprenditori»; la nascita di un servizio civile «innovativo», «da remunerare», puntando così a «recuperare» quella parte di giovani tra i i 18 e i 24 anni che non lavorano e non studiano; chiede una legislazione ad hoc, che eviti la dissipazione delle famiglie imprenditoriali, favorendo la nascita di «Fondazioni che mantengano il ruolo proprietario della famiglia», perché «un' impresa è certamente un bene di proprietà ma anche un interesse pubblico».

 

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Accarezza per paradosso la suggestione di «abolire Tar e Consiglio di Stato», co-protagonisti dell' indecisionismo nazionale; propone di semplificare il sistema di detrazioni fiscali; invoca il ripristino di una mirata imposta di successione; si chiede se non sia stato un errore abolire la tassa sulla prima casa; auspica una «operazione-cacciavite» per rendere più efficace la spesa pubblica, una messa a rendimento del patrimonio pubblico, sostegni vigorosi alle start-up.

 

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Privo di autocelebrazioni (del tipo: «i miei governi...») e di recriminazioni, «Il piano inclinato» conferma le proverbiali doti di visione e di vis operativa di Prodi ed esprime anche un paradosso: quello di un Paese in crisi, che dispone di personalità (non molte) dotate di know how politico, esperienza e relazioni, personalità che però finiscono per diventare «profeti disarmati», incontrando maggiore ascolto nell' opinione pubblica, piuttosto che nella classe politica, tutta concentrata su se stessa e nella ricerca del consenso a breve termine.

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