ROTTURA DI MARÒ – GENTILONI E PINOTTI PRESI IN CONTROPIEDE DAL NIET DI NUOVA DEHLI: ERANO STATI ILLUSI DAI NOSTRI SERVIZI SEGRETI? – PRIMA DI CHIEDERE DI PASSARE IL NATALE A CASA C’ERANO STATE “TRATTATIVE A MONTE” E QUALCHE ASSICURAZIONE ERA STATA DATA

Non è un caso che tanto il ministro degli Esteri quanto la collega della Difesa abbiano parlato di “sorpresa”. Adesso si valuta se tenere Massimiliano Latorre ancora in Italia per consentirgli di curarsi, anche perché non si vuole danneggiare la posizione di Girone, che resta in India...

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Paolo Valentino per il “Corriere della Sera

 

salvatore girone Massimiliano Latorre salvatore girone Massimiliano Latorre

In fondo si trattava di due petizioni con una forte motivazione umanitaria e di buon senso. Massimiliano Latorre doveva ancora curarsi i postumi dell’ischemia, addirittura essere operato a metà gennaio. Mentre Salvatore Girone voleva evitare il secondo Natale di seguito lontano dalla famiglia. Ma la Corte Suprema indiana non ha voluto sentire ragioni, oltre quelle del codice. 


Scaturisce da qui il disappunto del presidente della Repubblica, che si è detto «fortemente contrariato» dalla decisione, e soprattutto «l’irritazione» invariabilmente espressa dal governo, attraverso i ministri degli Esteri e della Difesa. 


Ma forse l’attenzione va spostata sull’altro aggettivo, usato da Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti, i quali hanno entrambi espresso «sorpresa» di fronte al verdetto. Detto altrimenti, non se l’aspettavano. Proviamo a elaborare. Nelle scorse settimane, il refrain ripetuto dalle autorità italiane è stato che sui due fucilieri di marina si lavorava con discrezione, ma intensamente. 

Salvatore Girone Massimiliano Latorre Salvatore Girone Massimiliano Latorre


Già, ma chi gestiva i contatti con la controparte indiana? Possiamo affermare che non erano gli Esteri, che non era la Difesa, che non era Palazzo Chigi. Andando per esclusione resta solo l’intelligence, che per sua natura non si esprime. Ora, che le due petizioni non fossero solo un nice try , un bel tentativo, lo dimostrerebbe la circostanza che lo stesso Procuratore generale Narasimha abbia avvicinato alla vigilia uno dei legali dei due fucilieri di marina, per dirgli che lui non era contrario quantomeno alla richiesta di prolungare il permesso medico di Massimiliano Latorre. Cosa che poi ha pubblicamente confermato in aula, suscitando le ire del presidente della Corte, l’inflessibile HL Dattu. E tuttavia, ci devono ben essere state altre assicurazioni a monte, prima cioè di decidere la presentazione delle due petizioni, per nutrire realistiche aspettative di uno sviluppo positivo. Da chi a chi vennero date? A quale livello? O è stato un perfido gioco di ombre tra servizi? 

Paolo Gentiloni Paolo Gentiloni


All’evidenza qualcosa non ha funzionato. I contatti di alto livello, presumibilmente gestiti dalla nostra intelligence, hanno prodotto soltanto un castello di illusioni. 
Dove stia il problema, malinteso o inganno che fosse, è quello che vuole cercare di capire il governo, prima di formulare una risposta che non esprima soltanto frustrazione. 


Oggi Gentiloni e Pinotti si presentano in Parlamento, per fare il punto politico, spiegare quanto è successo e cercare di cominciare a ragionare sulle prossime mosse. Strumenti giuridici, interlocuzione politica, internazionalizzazione (cioè arbitrato) sono tutte strade in parte già tentate fin qui senza grandi risultati. Ma bisognerà insistere. Quanto alla minaccia di chiamar fuori l’Italia dalle missioni antipirateria, chiesta da vari settori dell’opposizione, bisogna ben valutarne tutte le possibili conseguenze prima di prenderla seriamente in considerazione. 

Roberta Pinotti Roberta Pinotti


Una prima indicazione di maggior durezza nell’atteggiamento italiano viene dal ministro della Difesa, che ieri sera in un talk show televisivo ha dichiarato: «Massimiliano Latorre si deve curare qui in Italia, ce lo stanno dicendo i medici e non vedo come possa tornare in India. Noi non ci muoviamo da questa posizione». Resta però Salvatore Girone e il dovere di muoversi in modo che non venga in alcun caso danneggiato da una forzatura. 

 

 

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