RUMORS! IL LODO ALFANO PASSA PER TRE VOTI - PAPI: LA VENDETTA CONTRO I 'VISCIDONI' - DESTRA, SINISTRA, DI PIETRO: PERCHÉ A NESSUNO CONVIENE UNA SECCA BOCCIATURA - ANCHE 'REPUBBLICA' LASCIA TRAPELARE UNA MEZZA APPROVAZIONE CORREDATA DA QUALCHE BACCHETTATA SULLA FORMA DEL PROVVEDIMENTO (CORREZIONE PARLAMENTARE) - L'AVVOCATO CHE RAPPRESENTA I GIUDICI MILANESI NELLA CONSULTA È IL LEGALE DI CDB!

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1 - RUMORS!
Tre voti: sarebbe secondo gli addetti ai livori il margine che promuoverebbe il Lodo Alfano. La consulta avrebbe già deciso ieri, ma "pareva brutto, poco solenne" spararlo subito, quindi il verdetto sarà per oggi. Ghedini e Giulia Bongiorno sarebbero già da ieri sera a conoscenza del risultato e la tranquillità regna su Palazzo Grazioli. Mejo: quiete prima della tempesta perché Papi Silvio, una volta sminata la situazione legale, partirà come un battaglione di marines all'assalto dei "traditori" e "viscidoni"

Alessandro PaceAlessandro Pace

2 - DESTRA, SINISTRA, DI PIETRO: PERCHÉ A NESSUNO CONVIENE UNA SENTENZA CAPESTRO
Laura Cesaretti per Il Velino.it

Bella responsabilità si stanno per assumere i quindici giudici della Corte Costituzionale, al cui conclave starà appesa anche per oggi tutta la politica italiana: nientemeno che quella di benedire il nuovo "Fuhrer". Che altri non sarebbe, naturalmente, che Silvio Berlusconi.

Il quotidiano la Repubblica prova a lanciare l'ultimo, terrorizzante avvertimento: "Concedergli l'immunità significa ungerlo monarca assoluto, in figure reminiscenti della scalata hitleriana 1933-34". La Consulta sia consapevole della posta in gioco, se puta caso lascia passare il famigerato lodo Alfano.

Berlusconi con Carlo DebenedettiBerlusconi con Carlo Debenedetti

Ma in realtà anche il quotidiano diretto da Ezio Mauro non pare del tutto convinto della terrorizzante similitudine, e così mette qualche distanza e la nasconde nelle ultime righe del facondo commento di Franco Cordero, mascherato dietro un titolo quasi neutro: "Il Cavaliere illegalista", affidato alla buona volontà di chi arriverà a leggerlo fino in fondo.

Perchè in verità pure Repubblica non pare far molto conto su un trionfo del diritto che cancelli la vergognosa immunità dell' "Egolatra", secondo la definizione di D'Avanzo: nelle sue informate cronache lascia trapelare l'ipotesi più probabile, una mezza approvazione corredata da qualche bacchettata sulla forma del provvedimento, che induca ad una sua rapida correzione parlamentare.

CASINI & ALFANOCASINI & ALFANO

Una soluzione salomonica, insomma, che eviterebbe conseguenze dirompenti. Perchè la sensazione è che nessuno, o assai pochi, voglia davvero una secca bocciatura del lodo che sospende i processi per le alte cariche dello Stato.

lapresse antonio dipietro ditolapresse antonio dipietro dito

Non la maggioranza, ovviamente; non il presidente della Repubblica perchè così (scrive sempre Repubblica) si "eviterebbe un nuovo grave scontro istituzionale" che toccherebbe a lui gestire, e non si "sconfesserebbe la firma da lui messa sotto il lodo il 23 luglio 2008".

Nemmeno il principale partito di opposizione auspica davvero una sentenza capestro: il Pd è ancora in mezzo ad un guado periglioso, senza una guida definita o una linea condivisa, e finire alle prese con una crisi politico-istituzionale ora sarebbe disastroso.

Nessuno, in quel partito, vuol sentir lontanamente parlare dell'ipotesi di elezioni anticipate: "Non siamo pronti", ha riconosciuto il capogruppo Antonello Soro davanti ai suoi deputati, e non lo saranno a lungo. In fin dei conti, neppure il più virulento contestatore del lodo, Antonio Di Pietro, vuole una bocciatura secca che lo priverebbe di un'arma polemica impareggiabile, e azzererebbe il referendum da lui promosso.

Di Pietro non naviga in ottime acque all'interno del suo partito, dove la sua leadership è insidiata dall'ala movimentista che fa capo a De Magistris e a Micromega, e ha bisogno di intestarsi la guida della battaglia anti-Berlusconi: se l'attenzione si spostasse altrove rimarrebbe spiazzato. In fondo anche per lui un rinvio in Parlamento del lodo, che gli garantirebbe la visibilità di principale oppositore, sarebbe la soluzione migliore.

napolitano a tokionapolitano a tokio

3 - DOPPIO GIOCO CONTRO SILVIO
Mario Sechi per "Libero"

Silvio, occhio all'avvocato. L'Italia è culla del diritto, ma bisogna ricordare che questa è la patria di Azzeccagarbugli, colui che crea l'impiccio e non trae d'impaccio. Il legale che fa al nostro caso si chiama Alessandro Pace e ieri a nome della procura di Milano ha presentato una memoria difensiva alla Consulta per sostenere l'illegittimità del Lodo Alfano. Fin qui tutto normale. Peccato che il Pace sia pure uno dei legali del gruppo Cir, la cassaforte di Carlo De Benedetti, editore di Repubblica.

Giuseppe D'avanzoGiuseppe D'avanzo

Ecco, cari amici di Libero, state attenti perché da questo punto comincia un intreccio che alla luce di quel che sta accadendo è davvero interessante. Riepiloghiamo: la procura di Milano sostiene che lo scudo per le alte cariche dello Stato è illegittimo. E per dimostrare le sue tesi non sceglie un legale qualsiasi, ma una toga che ha difeso con le unghie e con i denti gli interessi di Carlo De Benedetti, il nemico numero uno del Cavaliere.

EZIO MAURO - Copyright PizziEZIO MAURO - Copyright Pizzi

Sì, proprio lui, il signore che si appresta a incassare un maxiassegno da 750 milioni di euro dalle tasche di Berlusconi a causa di un lodo perso, quello Mondadori. Causa civile, il risarcimento un po' meno. Ma andiamo avanti. L'ombra dell'Ingegnere si proietta alla grande sul palazzo della Consulta.

Perché? Semplicissimo, basta digitare la parola chiave "Cir" e trasformarsi in furetti d'archivio per capire che Pace in realtà è sinonimo di guerra senza esclusione di colpi contro il Cavaliere. Il suo zampino (e quello dell'editore di Repubblica) alla Consulta ha già colpito e affondato. Ricordate il lodo Schifani (che poi in realtà era di Maccanico)?

GIULIA BONGIORNO - Copyright PizziGIULIA BONGIORNO - Copyright Pizzi

Anche quella volta - correva l'anno Silvio 2003 - si cercò di proteggere il presidente del Consiglio dagli assalti a mano giudiziaria e si studiò una legge che fu subito impugnata dal tribunale di Milano. In quale causa? Toh, era un processo penale a carico di lui, Silvio Berlusconi, in cui la parte civile era la Cir dell'altro lui, De Benedetti. Chi era il difensore dell'editore di Repubblica? Pace.

Il destino del lodo Schifani è segnato, il ricorso viene accolto e il Cav resta senza scudo. Pace racconta la sua vittoria in un articolo scritto per Eius. Definisce «deludente» la sentenza sul piano delle motivazioni, poi però non si trattiene e dichiara la sonora sconfitta dell'avversario: «Resta comunque agli atti (grazie a Dio!) l'annullamento secco della disposizione impugnata - e questo era l'obiettivo davvero essenziale per cui in quel giudizio la difesa della Cir si era battuta».

parlam 32 giulio tremonti niccolo ghediniparlam 32 giulio tremonti niccolo ghedini

Prima della decisione, Pace aveva mostrato chiari segni di moderazione quando aveva chiesto l'annullamento secco del lodo Schifani citando una sentenza della Corte di Lipsia del 1932 (Reich contro la Prussia) che - parole sue - «aprì la strada a Hitler». Prima che Silvio invada la Polonia, Pace s'è messo l'elmetto e ha combattuto sul fronte dell'editore di Repubblica e contro Silvio nell'epoca in cui veniva definito Sua Emittenza.

Pace è un antiberlusconiano al titanio, altro che Di Pietro, Travaglio e compagnia di giro. L'avvocatone è in trincea fin dagli anni Settanta. È del 1976 la sua difesa di TVI (titolare di Telemontecarlo, oggi La7) contro RTI (società del gruppo Fininvest). Allora il tema era quello di spegnere le televisioni del Biscione.

Antonello Soro - Copyright PizziAntonello Soro - Copyright Pizzi

Dove c'è guerra contro il Cav c'è Pace.
Pezzo da novanta dei costituzionalisti politicamente corretti, è stato tra i fondatori dell'Associazione italiana costituzionalisti, il vero baluardo di ogni riforma della Carta Immodificabile.

Oggi Pace la presiede, ieri la teleguidava contro le riforme istituzionali del Cav e della Lega. Eccolo, fiero, in prima linea, partecipare al giudizio sul conflitto di attribuzione tra poteri «sollevato dalla Procura della Repubblica di Tempio Pausania contro il presidente del Consiglio».

demagistrisdemagistris

Tema: il segreto di Stato apposto su villa Certosa. Svolgimento: il giudizio non superò l'ammissibilità e naturalmente per Pace si trattò di «una discutibilissima decisione». E poi, cari lettori, ma di quale segreto parliamo? Avete visto che tutto quello che accadeva in casa del Cav veniva paparazzato. Da dentro, da fuori, da sotto, da sopra e da sottosopra. Se era segreto, somigliava molto a quello di Pulcinella.

MARCO TRAVAGLIOMARCO TRAVAGLIO

In prima linea contro il lodo Schifani, lancia in resta contro il lodo Alfano, Pace è un guerriero. «È da tempo che combatto» ha spiegato ieri con l'orgoglio di chi si sente senza dubbio dalla parte giusta. E in versione double face: avvocato di De Benedetti e del suo giornale-partito, supertoga della Procura di Milano.

Tutto a posto e nessun conflitto di interessi per alcuno. Né per De Benedetti e Repubblica né per i procuratori di rito ambrosiano né per la Corte Costituzionale né per il fine giurista senza Pace. Perché in fondo, sono almeno quindici anni che la cronaca racconta una sola verità: sono sempre stati dalla stessa parte. Senza pace.

 

 

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