SALVINI SI SENTE INTOCCABILE: “NON C’È NESSUNO CHE POSSA PRENDERE IL MIO POSTO. NON RIUSCIRANNO A FARMI FUORI” – ZAIA E GIORGETTI NON HANNO VOGLIA (IL PRIMO) E CARISMA (IL SECONDO) PER FARE LE SCARPE AL “CAPITANO”. CHE IN DIECI ANNI DA SEGRETARIO HA RIEMPITO LE POLTRONE DELLA LEGA DI SUOI FEDELISSIMI – È UN GUAIO PER GIORGIA MELONI: UN ALLEATO CHE NON HA NULLA A PERDERE PUÒ SPINGERSI SEMPRE PIÙ A DESTRA PUR DI GUADAGNARE CONSENSO…

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Estratto dell’articolo di Luca Roberto per “il Foglio”

 

matteo salvini e giorgia meloni sardegna matteo salvini e giorgia meloni sardegna

“Non c’è nessuno che possa prendere il mio posto. Non riusciranno a farmi fuori. Tutta la Lega è con me”. Matteo Salvini mentre se lo ripete tra sé e sé ostenta una grande sicumera. Il vicepremier sa che, undici anni dopo essersi preso il partito, l’ha trasformato a tal punto da non contemplare neppure una minima contendibilità.

 

E’ per questo che nell’immediato post Sardegna, al di là del risultato deprimente del Carroccio, ha ricominciato a girare per il paese come se nulla fosse. Lancia l’Italia dei sì, inaugura cantieri, bisticcia con il ministro Crosetto su Vannacci. Mettersi in discussione? Tutt’altro. Scruta la squadra di governo, i gruppi parlamentari, e si rincuora: tutta una schiera di fedelissimi pronti a immolarsi per lui.

 

giorgetti fontana zaia giorgetti fontana zaia

“E poi, ma chi ci crede davvero alla leadership di Zaia e di Giorgetti? Nessuno”, racconta uno come Gianluigi Paragone, che le dinamiche interne al mondo leghista le conosce bene. Con una certa ricorrenza, dopo ogni nuova elezione in cui la Lega sprofonda nei consensi, c’è qualcuno che dice: adesso a Salvini gli fanno le scarpe. Lo ha ribadito ieri l’ex ministro leghista Roberto Castelli, secondo cui “la parabola di Salvini è finita”. Eppure al ministro delle Infrastrutture va dato il merito di aver saputo costruire per tempo un’articolata meccanica difensiva.

 

Gianluigi Paragone Gianluigi Paragone

Che lo salvaguarda dai tentativi di Opa più o meno ostili. E che ha messo una sordina alla cosiddetta “seconda Lega”, […] che si faceva coincidere con lo spirito pragmatico dei governatori del nord. Lo spartiacque decisivo furono le elezioni politiche del 2022: in quell’occasione Salvini riuscì a liberarsi anche degli ultimi residuati di giorgettismo, vicini a un’idea di Lega più bossiana, federalista. I vari Roberto Volpi, Matteo Luigi Bianchi e Paolo Grimoldi non vennero ricandidati.

 

Così adesso tra i vari ministeri e nei due rami del Parlamento siedono (quasi) solo salviniani di ferro: si va dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli alla ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli.

 

MELONI SALVINI MELONI SALVINI

Dal sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, che a volte sopravanza anche lo stesso ministro Piantedosi, al viceministro dei Trasporti Edoardo Rixi, fino al sottosegretario del Lavoro Claudio Durigon e ad Alessandro Morelli, sottosegretario di stato alla presidenza del Consiglio alla Programmazione economica.

 

Dai capigruppo di Camera e Senato Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, fino alla sfilza di deputati e senatori semplici: Andrea Crippa (vicesegretario della Lega), Claudio Borghi, Alberto Bagnai, Stefano Candiani, Andrea Paganella, Gian Marco Centinaio, Giulio Centemero, Luca Toccalini.

 

MATTEO SALVINI FABRIZIO CECCHETTI ATTILIO FONTANA GIANCARLO GIORGETTI MATTEO SALVINI FABRIZIO CECCHETTI ATTILIO FONTANA GIANCARLO GIORGETTI

Per non parlare dei riferimenti sui territori come il segretario della Liga veneta Alberto Stefani (deputato) o il coordinatore della Lega lombarda Fabrizio Cecchetti (deputato anch’egli): tutti strettissimi confidenti del segretario. Che in questi anni di leadership non hanno praticamente mai contestato nulla al loro numero uno. E non pensano di farlo nemmeno in questa fase di consenso periclitante del Capitano.

 

Come spiega ancora Gianluigi Paragone, […] “Salvini è riuscito a portare la Lega dal 3 al 30 per cento. Qualsiasi potere negoziale lo si deve a lui”. Eppure la sua non messa in discussione deriva anche “da una totale mancanza di altre leadership”, racconta ancora il giornalista ed ex parlamentare.

 

giorgia meloni matteo salvini meme by edoardo baraldi giorgia meloni matteo salvini meme by edoardo baraldi

“Zaia preferirebbe fare il sindaco di Venezia piuttosto che scendere a Roma. E’ troppo venetista. E anche Giorgetti, che gli è sempre stato avversario, oramai gioca una partita tutta in solitaria, solo per se stesso. Mentre per quanto riguarda Fedriga, che abbia il fisico per prendere voti e fare il leader è tutto da vedere”.

 

Pure il famoso Comitato nord, nato su impulso di Bossi per recuperare il radicamento federalista, non si sa che fine abbia fatto. E anche i malumori espressi dallo stesso Senatùr vengono derubricati a borbottii che al massimo possono alimentare il dibattito per un paio di giorni. Solo che al di là delle dinamiche intrapartitiche, la sensazione di inscalfibilità che avvolge Salvini una qualche eco sul governo la produce.

 

ZAIA - GIORGETTI - FONTANA - CALDEROLI - SALVINI - FEDRIGA ZAIA - GIORGETTI - FONTANA - CALDEROLI - SALVINI - FEDRIGA

Perché avere un alleato che si sente immune alle débâcle elettorali come quella sarda (dove la Lega ha preso il 3,8 per cento) porta la premier Giorgia Meloni a chiedersi fin dove possa spingersi il suo vice per cercare di sussumere nuovo consenso. […]

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