1 - STAVOLTA L'EURO È DAVVERO A RISCHIO
Marcello Bussi per "Milano Finanza"
Ormai non nascondono più la loro preoccupazione. Alcuni top banker italiani lo dicono a chiare lettere: l'euro sta correndo un grosso rischio e la riluttanza tedesca a prendere una rapida decisione sul salvataggio della Grecia lascia le porte spalancate agli speculatori. Se si andrà avanti così, rinviando una soluzione definitiva della crisi di Atene, l'ipotesi di una spaccatura di Eurolandia diventa di attualità, addirittura a prescindere dalla reale volontà dei protagonisti della vicenda.
Perché la speculazione è guidata solo dalla voglia di fare soldi e quindi non dovrebbe tirare la corda fino al punto di spezzarla. Ma quando si aprono le cateratte entrano in gioco certe leggi della fisica che non si possono dominare e quindi c'è il rischio di travolgere tutto. In pratica, la Germania tornerebbe al vecchio marco o super-euro, tenendo con sé gli altri Paesi con la tripla A (Francia, Olanda, Austria, Finlandia e Lussemburgo) e mandando a fondo i restanti Paesi, che non si sa se tornerebbero alle vecchie valute nazionali o cercherebbe di tenersi a galla sulla scialuppa del mini-euro o euromed.
Si tratterebbe in ogni caso di una rivoluzione. Con questa spada si Damocle che, a meno di improbabili sorprese positive, continuerà a pendere sul capo dell'Italia e del resto di Eurolandia almeno fino a settembre, quando dovrebbe essere finalmente messa sul tavolo la soluzione definitiva del caso Grecia, è difficile concentrarsi sulle vicende societarie, sottolineano i top banker.
MERKEL, SARKOCome sempre l'incertezza è la peggiore nemica del buon funzionamento dei mercati. E un imprenditore difficilmente deciderà investimenti importanti in una situazione del genere. Ciò è particolarmente mortificante per un Paese come l'Italia, che ha un disperato bisogno di crescere anche per rimettere a posto i conti pubblici. I tentennamenti tedeschi hanno quindi una conseguenza diretta e immediata sull'intera economia italiana. Un attacco all'Italia ancora più pesante di quello verificatosi nei giorni scorsi avrebbe conseguenze devastanti sulla tenuta dell'euro.
Ma sono in molti a pensare che non ci sia bisogno di mettere Roma nel mirino per far crollare l'impalcatura dell'euro: è sufficiente aggredire con successo la Spagna, che è ancora più vulnerabile dell'Italia. Con il paradosso che anche una Penisola blindatissima sarebbe comunque a rischio se crollasse Madrid.
La consapevolezza del pericolo tra i top banker italiani è tale che, pur risolvere la situazione, accetterebbero senza troppi mugugni anche la tasse sulle banche ventilata in questi giorni per finanziare il secondo piano di aiuti ad Atene e che nel giro di due anni dovrebbe raccogliere 20 miliardi di euro. Proposta criticata invece ieri dall'Associazione bancaria tedesca (Bdb), secondo cui se i politici stanno pensando a una nuova tassa, questa «dovrebbe essere imposta a tutti i cittadini dell'Unione Europea Monetaria».
Il premier greco PapandreuA lanciare l'allarme non sono solo alcuni top banker italiani. Ieri l'ha fatto anche il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), sollecitando l'Europa ad agire in fretta. «Il rischio di contagio nell'Eurozona è alto», ha affermato Luc Everaert, capo divisione dell'area politiche europee del Fmi. «Un rinvio nell'affrontare la crisi del debito sovrano sarebbe molto costoso non solo per l'Eurozona ma per l'economia globale». Il Fmi raccomanda quindi di incrementare le risorse del Fondo europeo salva-Stati (Efsf), consentendogli di acquistare titoli del debito pubblico sul mercato secondario.
Eurolandia dovrebbe inoltre i ricapitalizzare le banche e fare chiarezza nel coinvolgimento del settore privato nel nuovo piano di aiuti alla Grecia. Coinvolgimento cui si oppone strenuamente il presidente della Bce Jean-Claude Trichet, perché verrebbe considerato un default da parte delle agenzie di rating. Ma ieri all'interno dell'Eurotower si è aperta una breccia: Ewald Nowotny, governatore della Banca d'Austria e membro di diritto del comitato direttivo della Bce, ha dichiarato in un'intervista a Cnbc che «alcune proposte contemplano un default di brevissima durata e non avrebbero conseguenze negative».
Più tardi Nowotny ha fatto marcia indietro, affermando di essere «completamente d'accordo con le posizioni» di Trichet. E così si è aggiunta confusione a confusione. Un segnale di cattivo auspicio per il vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell'Eurozona si riuniranno domani a Bruxelles. D'altronde ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel ha ribadito che il summit «non porterà a una soluzione spettacolare», aggiungendo che «io e il governo tedesco promuoveremo un processo controllato di misure che dovranno susseguirsi nel corso del tempo per risolvere il problema della Grecia alla radice».
berlusconi merkelContinua la politica del rinvio, dunque, che già tanto è costata a Eurolandia. Sono infatti in molti a pensare che se l'anno scorso la Germania avesse agito con rapidità e decisione il costo del primo salvataggio della Grecia sarebbe stato inferiore e si sarebbe potuto probabilmente evitare il contagio a Irlanda e Portogallo. Al di là della retorica (ieri sera la Merkel e il presidente Usa Barack Obama hanno tenuto una conversazione sulla crisi del debito nell'Eurozona concordando sulla necessità di una «efficace soluzione» necessaria a tutta l'economia mondiale) i fatti dicono che la Germania continua a tentennare.
E sarà difficile che l'incontro odierno a Berlino tra la Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy possa smuovere il governo tedesco. Nemmeno si riesce a capire se dietro tutto questo ci sia l'obiettivo di ritornare al marco o se si tratti solo di totale confusione di idee. In ogni caso si può concordare sulle amare parole dell'ex cancelliere Helmut Kohl che, riferendosi alla sua ex pupilla Merkel, ha detto: «Sta distruggendo la mia Europa».
2 - «BERLINO SALVI ATENE: LA MERKEL RISPARMIERÀ FINO A 1.200 MILIARDI»
Walter Riolfi per il Sole 24 Ore
E se l'euro si spaccasse in due? Quello di adesso, l'euro buono, per i Paesi virtuosi come la Germania e i suoi satelliti e per la Francia. E un altro, un euro minore, per i PIIGS, i Paesi "periferici" sull'orlo del fallimento e per quelli in affanno come Italia e Spagna. Non c'è nessun progetto al riguardo, per ora. Ma già se ne parla e lo spauracchio di una zona euro a due velocità e a due valute circola tra i banchieri e i grandi investitori.
ZAPATEROMolto dipende da cosa succederà domani a Bruxelles, all'incontro dei capi di stato europei. Tra questi banchieri e investitori ce n'è uno che s'è preso la briga di fare due conti sui costi e i benefici che sosterrebbe la Germania da un lato per salvare in qualche modo la Grecia e per arginare la crisi in Portogallo e Irlanda e dall'altro nel lasciare precipitare le cose con la conseguenza di spezzare l'Unione monetaria.
Spiega il nostro interlocutore. Il debito greco è pari a 390 miliardi e sul mercato vale mediamente il 60% del nominale. Quello portoghese è di 147 miliardi ed è valutato al 68%; quello irlandese è di 143 miliardi, valutato 62 centesimi. I tre blocchi varrebbero dunque 390 miliardi. Se il fondo europeo di stabilità (Efsf) lanciasse un buy back globale (acquisto di titoli) sul 50% dell'intero stock a un premio del 10%, dovrebbe sborsare 220 miliardi. B
Bisogna stare attenti, spiega il nostro banchiere, a non far scattare l'"evento credito" sui credit default swap della Grecia e per questo è necessario coinvolgere nell'operazione ("volontariamente") le banche e le assicurazioni. Si aggiungerebbero altri costi: 40 miliardi per adeguare la capacità del fondo (Efsf) e 30 per ricapitalizzare le banche dei tre Paesi. Considerando il peso della Germania nell'Unione (30%), il costo che graverebbe su Berlino sarebbe pari a 90 miliardi: ammortizzati in 20 anni, farebbero meno di 5 all'anno.
Spezziamo l'euro
Un euro dei "poveri" varrebbe il 30-40% meno dell'euro dei virtuosi: diciamo 1,2 (contro dollaro) rispetto a 1,7 del secondo. Siccome le attività finanziarie dei Paesi retrocessi (e dunque i loro titoli di Stato) finirebbero per essere svalutate tra il 35 e il 50%, il sistema bancario tedesco - esposto per 25 miliardi sulla Grecia, 88 sull'Irlanda, 24 sul Portogallo, 136 sulla Spagna e 120 sull'Italia - sopporterebbe perdite di 150-200 miliardi, senza contare quelle sui titoli belgi. Ed sarebbe solo il principio, perché bisogna aggiungere le perdite indirette.
TrichetQuelle sull'export. Siccome questi paesi contano per il 16% delle esportazioni tedesche, ipotizzando una riduzione del 50% dei volumi a causa del cambio, la perdita sarebbe di circa 80 miliardi l'anno: in 5 anni farebbero 400 miliardi. Aggiungiamo la perdita di competitività globale che un super euro provocherebbe sull'intero export tedesco (ragionevolmente 100-200 miliardi, ossia 300-600 in tre anni) e il conto totale diventerebbe proibitivo. Tirando le somme, farebbero 900-1.200 miliardi per la sola Germania.
L'angoscioso problema del cancelliere tedesco è come spiegare ai suoi cittadini che 90 miliardi di costi immediati per salvare l'Unione monetaria rappresentano un investimento a paragone dei 900-1.200 che si pagherebbero nei successivi 5 anni, se si spaccasse l'area euro. A questo punto il problema è solo politico. Se domani non si arrivasse a nessuna conclusione, quel che s'è visto finora sui mercati sarebbe solo un assaggio. Se la Germania saprà invece assumersi la responsabilità di rinsaldare l'Europa, vestendo il ruolo di guida naturale, tutto sarebbe più semplice e da questa crisi potrebbe sorgere un'Unione che andrebbe al di là dei semplici interessi economici e monetari.