“GIGI RIVA ERA, E’ E SARA’ UN’IDEA DI LIBERTA’” - PER “ROMBO DI TUONO” I LATITANTI SARDI ANDAVANO ALLO STADIO: IL BANDITO PIÙ FAMOSO E TEMUTO DI QUEGLI ANNI GRAZIANO MESINA SI TRAVESTIVA, DA FRATE O DONNA, PER POTERLO VEDERE SEGNARE –  RIVA: “UN GIORNO, A CAGLIARI, ME LO SONO TROVATO IN AUTO. MA IO HO SEMPRE DECISO DA SOLO. FIGURIAMOCI SE POI ME LO DICEVA MESINA DI RIMANERE A CAGLIARI” – TRA GRAMSCI, ENRICO BERLINGUER E GIGI RIVA, L’ATTACCANTE E’ STATO L'UNICO AD AVER RESO REALE UNA UTOPIA: LO SCUDETTO AL CAGLIARI, NEL 1970 - VIDEO “QUANDO GIGI RIVA TORNERA’” DI PIERO MARRAS

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Marco Ciriello per il Mattino - Estratti

 

GIGI RIVA GIGI RIVA

Gigi Riva è stata la forma più bella incarnata dal No. La seconda forma più bella del No è un quadro di Mario Schifano, che gocciolando mette radici. Le sembianze da dio greco in short, come cantava Raffaella Carrà, facilitarono il compito? Forse sì. Ma di più hanno fatto i gol, e prima dei gol la maglia del Cagliari indossata e non più tolta, se non per la maglia della Nazionale.

 

Da questa cocciutaggine è facile capire Franco Zeffirelli e Anna Magnani che si innamorarono cinematograficamente o Fabrizio De André che gli regalò una chitarra, come a dire sei quello che canto; eppure Gigi Riva rimane una risposta semplice e di opposizione, la più bella su un campo di calcio.

 

GRAZIANO MESINA GRAZIANO MESINA

Un eversore silenzioso. Nessun altro calciatore ha meglio incarnato l'«avrei preferenza di no» che il Bartleby di Herman Melville dice a Wall Street e Gigi Riva alla Juventus e al calcio italiano, scegliendo di rimanere "Hud il selvaggio" come lo chiamavano i compagni di squadra del Cagliari, paragonandolo al Paul Newman protagonista del film.

 

E i paragoni negli anni sono stati tanti: da eroe risorgimentale per Luciano Bianciardi a Superman per tutti i bimbi, ma soprattutto "Rombo di tuono" come lo battezzò Gianni Brera, un nome da indiano, un calciatore selvaggio capace di sfondare qualunque difesa e segnare in ogni modo.

 

Volando per colpirla di testa come a Napoli, contro la Ddr, portando l'Italia ai mondiali , alzandosi in rovesciata una delle più belle del calcio contro il Vicenza, ma soprattutto di sinistro da fuori area o su punizione, il suo tiro era imprendibile, come sapevano tutti i portieri italiani a cominciare da Ricky Albertosi del Cagliari che veniva sottoposto al suo fuoco di fila in allenamento, tanto che una volta ruppe un braccio a un bambino Danilo che stazionava dietro la porta sbagliata, poi, ovviamente, si prese cura di lui.

 

GRAZIANO MESINA GRAZIANO MESINA

Era dolce e cocciuto, troppo presto orfano, un corpo prestato al calcio italiano di cui era il vero, autentico mito, pagato con due infortuni pesantissimi in Nazionale i suoi 35 gol sono imprendibili da cinquanta anni, come era stato imprendibile lui, fuori e dentro il campo, scegliendo la Sardegna per autoisolarsi, e divenendone un simbolo.

 

Nelle case dei contadini sardi c'erano Antonio Gramsci, Enrico Berlinguer e Gigi Riva, che dei tre era l'unico ad aver reso reale una utopia, lo scudetto al Cagliari, nel 1970. Per Riva i latitanti sardi andavano allo stadio, per Riva, il bandito più famoso e temuto di quegli anni Graziano Mesina si travestiva, da frate o donna, per poterlo vedere segnare, perché Riva ha incarnato il riscatto di tutti i sardi, a cominciare dalle donne che lo amavano in ogni forma.

 

Dai minatori ai pastori, Riva era l'idea che li univa, segnando e non abbandonandoli, segnando e rendendo il Cagliari per novanta minuti una squadra che annullava distanze geografiche e di classe, economiche e culturali. Perché Riva era, è, e sarà una idea di libertà, come canta Piero Marras crescerà la solidarietà. Per mille anni e mille ancora continuerà ad essere l'idea di salvezza e opposizione, di un ragazzo, ragazzo per sempre, che ai soldi preferisce il contesto, che alla gloria, ai titoli, preferisce la semplicità.

GIGI RIVA GRAZIANO MESINA GIGI RIVA GRAZIANO MESINA

 

Non è un caso che fosse amico di operai, pescatori, contadini, come che fosse ambito da cantanti e scrittori, perché Riva aveva dribblato tutto, aveva lasciato "la roba" per la palla, per questo non dedicava mai i gol a nessuno, perché era un uomo solo, avrebbe voluto che sua madre Edis e suo padre Ugo un romanzo di De Amicis lo avessero visto segnare con la Nazionale, per questo si è portato dietro questi fantasmi, fino a farne una depressione gassmaniana.

 

Perché come Vittorio Gassman era in ogni parte della nostra storia e ci stava da protagonista: suo il gol alla Jugoslavia nella seconda finale dell'Europeo del 1968 a Roma, illuminato da mille fiaccole olimpiche di carta; suo il gol più bello nella partita del secolo il vecchio Novecento quella Italia-Germania a Città del Mexico del 1970, il tre a due sui tedeschi, con un dribbling d'esterno che incarna tutta la sinuosità e l'eleganza che si può richiedere a un attaccante, suoi i gol che diedero lo scudetto al Cagliari, una impresa che con gli anni diventa ancora più grande.

 

taglia su graziano mesina taglia su graziano mesina

Riva era il Carlo Petrini del calcio, lo slow thinking applicato alla vita frenetica dei calciatori, al lusso, all'accumulo, al salto continuo in nome dei record, i suoi sono arrivati mentre si sottraeva, mentre si lateralizzava sempre di più.

 

(…)

 

RIVA SU MESINA

Da onefootball.com

Gigi Riva, storico ex attaccante del Cagliari, ha rilasciato un’intervista dove racconta un aneddoto su Graziano Mesina

Gigi Riva, storico ex attaccante del Cagliari, ha rilasciato un’intervista a Repubblica dove tra le altre cose racconta un aneddoto sulla primula rossa di Sardegna Graziano Mesina.

 

«Un giorno, a Cagliari, me lo sono trovato in auto. Ma io ho sempre deciso da solo. Figuriamoci se poi me lo diceva Mesina… (di rimanere a Cagliari n.d.r.)».

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