MAZZARRI FISH AND CHIPS: “L'INTER? IL TEMPO È GALANTUOMO - L’ETICHETTA DI PIANGINA? NON MI RICONOSCO. HO AVUTO LA FORZA E ANCHE UN PO' LA PRESUNZIONE DI FREGARMENE - LA PREMIER E’ AFFASCINANTE, CHE BELLO PARLARE CON MOU - DATEMI UNA SQUADRA CON VENTI HAMSIK E VINCO TUTTO!” - -

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Monica Scozzafava per il Corriere della Sera

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Quando decise di trasferirsi a Manchester, nei primi mesi del 2016, aveva in testa più di un obiettivo. Imparare l' inglese, capire una nuova cultura e approfondire la conoscenza di un movimento calcistico in crescita. Un periodo per rendersi conto se tutto ciò si sposasse con il suo modo di vedere il calcio, e non solo.

 

Per Walter Mazzarri nulla è affidato all' improvvisazione, anche perché le prime società di Premier iniziavano a interessarsi a lui. Poi l' incontro con la famiglia Pozzo lo convinse a riavvolgere il nastro e premere ancora una volta il tasto play, dopo l' esperienza all' Inter.

 

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Dalla C2 alla qualificazione in Champions (con il Napoli) era arrivato a Milano pronto a un nuovo progetto dopo il 9° posto della stagione precedente. L' avventura iniziò con la conquista del quinto posto, la qualificazione in Europa League e il rinnovo del contratto per altri due anni, ma si concluse a novembre della stagione successiva. È stato il primo (inaspettato per lui) esonero, dettato anche da motivi ambientali.

 

Mazzarri è stato difficile da digerire?

«Ero dispiaciuto per non aver avuto potuto concludere il ciclo che avevamo avviato, riportando l' Inter in Europa. C' era il rammarico di non aver potuto completare il lavoro, ecco. Quello sì. Ma sono abituato a guardare avanti. E l' ho fatto da subito».

 

Dopo di lei tutti hanno fatto fatica, nonostante campagne acquisti più significative. Basta a chiudere la parentesi Inter?

«Le esperienze aiutano a crescere, tutte. Ma il tempo è galantuomo, mettiamola così».

 

Anche De Boer è in crisi.

«Quando una società sceglie un allenatore dovrebbe farlo in maniera convinta. Dargli il tempo giusto per esprimere le proprie idee di calcio».

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L' hanno infastidita le etichette di antipatico e lamentoso?

«Non mi riconosco. Ho avuto la forza e anche un po' la presunzione di fregarmene. Sono autocritico, ma sempre orgoglioso di quel che faccio, nel bene e nel male».

 

Ha seguito la vicenda Icardi?

«Sono stato l' allenatore di Mauro e all' epoca si è comportato bene. Era un giovane che abbiamo aiutato a crescere, parlavo con lui quasi tutti i giorni. E ci ha regalato soddisfazioni».

 

Ci racconta la sua nuova vita inglese?

«La Premier è un campionato affascinante. Il progetto della famiglia Pozzo al Watford mi è piaciuto subito, posso condividere con il presidente il mio modo di fare calcio, provare a far crescere il gruppo e togliermi qualche soddisfazione. La quotidianità qui è più vicina al mio modo di essere: il rigore, il rispetto delle regole, l' ordine. Nella vita come nel calcio, si parte dalle regole per vincere».

 

E come livello calcistico?

«In Premier è difficile individuare dopo 8, 9 giornate chi vincerà il titolo. C' è competitività ma anche maggiore cultura calcistica».

 

La Juventus vincerà il sesto scudetto di fila?

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«Probabile. Ogni anno costruiscono la squadra per vincere il titolo. Hanno storia, soldi ed esperienza. E a livello tecnico sono i più forti».

 

Il suo Napoli ci era arrivato vicino, tornando in Champions dopo quasi trent' anni.

«Fu un percorso avvincente, un salto di qualità anche inatteso. Il Napoli oggi è un club con un progetto importante, ma inevitabilmente diverso da quello della Juventus. L' idea è quella di restare competitivi, attestarsi nelle zone alte della classifica».

 

Ha salvato la Reggina, riportato il Livorno in A dopo 50 anni, regalato l' Europa alla Samp e la Champions al Napoli. In Inghilterra ha battuto Mourinho. Scelga quale medaglia appuntarsi.

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«Non le considero medaglie, piuttosto tappe professionali. Scontato dire la vittoria sullo United, ma non è esattamente così. La soddisfazione più importante non è la vittoria in sé ma quello che lascio ai giocatori. Capita ancora di sentirli, mi gratifica molto».

 

Con Mourinho ha parlato prima e dopo la partita: risolte le ruggini del passato?

«Al mio arrivo all' Inter mi fece auguri e complimenti. Poi ogni tanto è capitato di incontrarci e scambiarci pareri. Dopo la partita ci siamo confrontati su diverse cose. Questa è la cultura calcistica che mi piace».

 

Nella sua autobiografia ha scritto che Hamsik è il giocatore che «ogni tecnico vorrebbe allenare». Resta il migliore che ha avuto?

«Datemi una squadra con venti Hamsik e vinco tutto! Come tipologia di giocatore è il top. Ha un' intelligenza tattica straordinaria».

 

Lei parla molto con i giocatori che allena, tiene colloqui individuali. Come la mette con la lingua?

«Sto ancora imparando l' inglese, ma in campo i giocatori mi capiscono bene. E conta questo. Per i discorsi a tu per tu ho un ragazzo italiano che vive qui da 25 anni che mi aiuta».

 

Con il cibo?

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«Continuo a mangiare pesce anche qui, basta conoscere i posti giusti. In Italia saltavo il pranzo, qui ho imparato a mangiare lo yogurt con il miele. Un passo avanti, no?».

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