ALICE NEL BARBICAN DELLE MERAVIGLIE – RIELLO: A LONDRA UNA MOSTRA CELEBRA L’ARTISTA AMERICANA ALICE NEEL: POLITICAMENTE IMPEGNATA, VENNE INQUISITA DAL FBI COME "POTENZIALE RIVOLTOSA" (ERA ISCRITTA AL PARTITO COMUNISTA AMERICANO). SI AUTODEFINI’ “UMANISTA ANARCHICA” E SPOSÒ L'ARTISTA CUBANO CARLOS ENRIQUEZ – RITRASSE LA NEW YORK DEGLI ULTIMI E ISPIRO’ IL MOVIMENTO FEMMINISTA

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Antonio Riello per Dagospia 

alice neel alice neel

 
Alice Neel, non è uno di quei nomi che automaticamente ci fanno ricordare gli smaglianti destini dell'Arte Contemporanea. Ai più non suona in testa nessun campanello. E' ovviamente una donna. Una artista. Ma che cosa avrà poi fatto?
 
E come mai il Barbican (non certo un luogo abituato a mostre inconsistenti e corrive) le dedica una personale curata dalla brava Eleanor Nairne (in collaborazione con il Centre Pompidou di Parigi)? Il sottotitolo della mostra (traducibile in "appena sfornata") dà proprio il senso di una bella scoperta ancora calda. Alice Neel (1900-1984), americanissima, nata a Colwyn (Pennsylvania). Frequenta la scuola d'Arte di Philadelphia dove inizia a dipingere, tecnica che la accompagnerà per tutta la sua lunga carriera.
 
Passa quasi tutta la sua vita a New York (nei quartieri "giusti": quelli bohémien) Politicamente impegnata: viene inquisita dal FBI come "potenziale rivoltosa all'ordine costituito" (era iscritta al Partito Comunista Americano). Indipendente e romantica sposa l'artista Cubano Carlos Enriquez, ma vive con una certa autonomia l breve esperienza matrimoniale. In perenne contrasto contro gli stereotipi americani del suo tempo sembra che abbia sposato Enriquez soprattutto perchè aveva un aspetto molto poco Anglosassone. Si autodefiniva una "Umanista Anarchica".

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Fiera e decisamente poco incline a compromessi professionali: continua la pittura figurativa negli anni ruggenti dell'Espressionismo Astratto e poi successivamente del Pop. I suoi ritratti, genuino frutto della sua attenzione per le persone che incontrava, erano considerati dal mercato dell'Arte delle innocue curiosità, al limite del folklore locale newyorkese. Fuori tendenza e non certo un qualcosa da prendere sul serio (e su cui investire).
 
Quasi nessuno insomma la considerava. La frustrazione che la accompagnò a lungo lasciò le sue insidiose cicatrici: ebbe dei ricoveri per problemi psichiatrici. La sua tecnica si sviluppò progressivamente fino ad acquisire una maturità che, in qualche modo, ne fa una credibile versione americana (e femminile) di Lucien Freud. I volti, e la carne umana di cui sono fatti, evolvono verso una consistenza quasi materica: una impietosa macelleria artistica. Era una che diceva (e dipingeva) esattamente quello che pensava. Per lei lo scandalo stava solo nel mentire, non certo nel mostrare la cruda realtà.
 

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Un suo magnifico auto-ritratto realizzato nel 1980 (ad ottanta anni suonati) dà fedele testimonianza del suo inossidabile e coraggioso rigore. Sempre senza filtri o autocensure. Nel 1970 fa un quadro dove ritrae Andy Wahrol seduto, a torso nudo, e con le cicatrici in bella vista (era stato ferito da poco da Valerie Solanas): un flaccido pover'uomo che mostra tutti gli anni che ha, ben lontano dal glamour che di solito accompagnava le sue apparizioni pubbliche.
 
Le piace soprattutto portare sulla tela donne in cinta, transessuali, alcolizzati. Afro-Americani e Ispano-Americani sono spesso gli ospiti (graditi) dei suoi quadri. Insomma, il suo lavoro è in pratica un ampio catalogo antropologico della Grande Mela, in considerevole anticipo su Nan Goldin. In mostra è presente un film, "Pull My Daisy" (1959) dove Alice Neel appare assieme ad altre figure della scena artistica di New York. Una delle recenti tendenze culturali è rileggere la Storia dell'Arte con un taglio al femminile (anche talvolta femminista). Il bellissimo volume "Women Artists" di Flavia Frigeri (edito nel 2019 da Thames & Hudson) e il più recente e radicale "The History of Art without Men" di Katy Hessel (Cornerstone, 2022) sono i "sacri testi" di questa prospettiva. L'ultima Biennale di Venezia, curata da Cecilia Alemani, era sostanzialmente basata su questo interessante assunto.

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La attuale programmazione dei musei londinesi ne è potentemente influenzata. Si cercano metodicamente tra le pieghe della Storia artiste di nicchia che non abbiano avuto (per le più svariate ragioni) un "posto al sole". La Neel risponde perfettamente a questo identikit: "irregolare" rispetto al sistema artistico-culturale del suo tempo, femminista e con dichiarate e indomite simpatie per le i "perdenti" (allora si chiamavano così, in termini darwiniani, le minoranze svantaggiate). Ciliegina sulla torta: da un punto di vista tecnico-stilistico la pittura figurativa (lo stile della Neel) è ritornata prepotentemente in auge. Ecco le risposte alle domande iniziali che ci siamo fatti. PS. Si potrebbe obiettare che oggi, all'insegna di una nuova frenetica attitudine dominante "fluida e non binaria", polarizzare un discorso tra maschile e femminile sia quasi roba da vecchi professori di latino in pensione.
 
Ma evidentemente questa è un'altra storia, bisognerà nel frattempo che qualcuno inizi seriamente a scrivere una "Storia dell'Arte Fluida". ALICE NEEL: Hot Off The Griddle Barbican Art Gallery Silk Street, Londra EC2Y 8DS fino al 21 Maggio 2023

alice neel alice neel Antonio Riello Sugar Tattoo Antonio Riello Sugar Tattoo

 

 

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