CIMABUE, DALLA COLAZIONE ALLA COLLEZIONE - BATTUTO ALL'ASTA PER 24 MILIONI DI EURO IL "CRISTO DERISO", PICCOLA TAVOLA DEL PITTORE DUECENTESCO TENUTA IN CUCINA SOPRA I FORNELLI DA UNA ANZIANA SIGNORA FRANCESE. IL PREZZO DI PARTENZA ERA 4 MILIONI. L'ACQUIRENTE È UN PRIVATO - IL DIPINTO HA STRAPPATO IL PREZZO PIÙ ALTO DI SEMPRE PER UN'OPERA PRERINASCIMENTALE

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Francesco Bonami per “la Repubblica”

 

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Dalla colazione alla collezione potrebbe essere il titolo della storia di una piccola tavola fondo oro di Cimabue venduta ieri (lotto n. 87) in un' asta senza troppe pretese, e non da Christie' s o Sotheby' s come vorrebbe il copione. Le pretese le aveva chi ha lottato per il micro capolavoro arrivando ad offrire ventiquattro milioni di euro (24.180.000, tasse comprese), quattro volte la stima massima di catalogo. L' opera è stata battuta a Senlis, nord di Parigi, dove la casa d' aste Acteon ha la sua sede, ma prima è stata mostrata con orgoglio nel municipio della città. Ora è probabile che finisca in un caveau o sulle pareti di qualche collezione privata.

 

Che l' opera non andrà in un museo lo potrebbe confermare il fatto che a vincere la battaglia delle offerte è stato un giovane, Francesco Ortenzi, che pare agisse a nome di Fabrizio Moretti, uno dei più importanti mercanti di arte antica del mondo. Per conto di chi si sia mosso Moretti e dove finirà l' opera rimane per ora un mistero, speriamo in mani buone e raffinate capaci, in futuro, di assicurarla a un museo.

 

A lottare contro Ortenzi è stato invece Eric Torquin lo stesso studioso che ha capito e stabilito che l' opera era di Cimabue. Ma, a parte i dettagli tecnici e i pettegolezzi per addetti ai lavori, la storia ha dell' incredibile oggi che con internet tutti sanno o possono sapere tutto. Se un tuo vecchio zio ti ha lasciato un Picasso e tu non sai proprio nulla di arte basta che vai su Google e immediatamente saprai chi è Picasso e quanto possono indicativamente valere le sue opere.

 

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Difficile quindi che il mercante d' arte o anche solo l' amico esperto possano fregarti portandosi via il quadro con la scusa che è una crosta e rivenderlo per milioni. Ma questo clamoroso ritrovamento di un Cimabue nella vecchia cucina di una signora francese di novant' anni nella cittadina di Compiègne nel nord del Paese, dimostra che anche internet, almeno per quel che riguarda la storia dell' arte, ha il suo tallone di Achille, il tempo.

 

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La proprietaria e i suoi parenti consideravano il piccolissimo pannello, di 26x20 centimetri, che rappresenta il Cristo deriso , effettivamente importante, ma mai si sarebbero immaginati che fosse di Cimabue e anche se avessero voluto scoprire su internet di chi fosse non avrebbero trovato nulla. Tant' è che per goderselo di più lo avevano appeso in cucina, nemmeno in salotto, sopra i fornelli. Non si sa se la giovane esperta Philomene Wolf, della piccola casa d' aste Acteon, chiamata a stimare il contenuto della casa, o Eric Turquin, abbiano annusato la piccola tavola di pioppo dipinta. Sicuramente anni di cucina francese devono aver dato al dipinto oltre che una patina grassa anche un aroma squisito. Particolare questo che metterà in crisi conservatori e restauratori talebani che, considerando molte opere d' arte malati terminali con un sistema immunitario a pezzi, obbligano incredibili capolavori a lunghi periodi nel buio di caveau con temperature da camera iperbarica. Il Cimabue che vanta circa settecento anni, molti passati sopra il soffritto, è in perfette condizioni. Ora, questa salute di ferro, chiaramente solleva dubbi sulla autenticità dell' opera ma Turquin non ne ha e chiaramente nemmeno chi lo ha acquistato. A sostenerlo nella sua tesi non sono però altri storici dell' arte, o almeno non solo loro, ma i tarli, quelli che nel corso dei secoli si sono fatti succulenti apericena con i boccocini di pioppo del dipinto aromatizzati alla cipolla. I canali sul "Cimabue al vapore" corrispondono esattamente a quelli riscontrati nelle altre due piccole tavole che facevano parte, a detta degli esperti, dello stesso polittico composto da otto pannelli, cinque dei quali perduti.

Francesco Bonami Francesco Bonami

 

Dei due sopravvissuti uno è alla Frick Collection a New York e l' altro alla National Gallery a Londra. Questa incredibile storia è esattamente l' opposto del circo costruito attorno al Salvator Mundi , considerato più o meno di Leonardo, sponsorizzato e pompato come un capolavoro dai potenti del mercato dell' arte nemmeno fossero i muscoli del ciclista Lance Armstrong per vincere il Tour de France. Nel caso del Cimabue cautela e modestia hanno invece prevalso sull' innegabile entusiasmo. Tuttavia, a differenza del Leonardo venduto da Christie' s per quattrocentocinquanta milioni, anche chi non è esperto avrebbe potuto intravedere, nei pochi centimetri quadrati del Cimabue, un gioiello, un "Salvator Unto" si potrebbe dire, vista l' ubicazione. Se il Leonardo milionario sarebbe perfetto come protagonista di un film di James Bond, il Cimabue è più un personaggio per una storia del commissario Maigret.

 

Una vecchietta, la sua modesta cucina in una piccola cittadina di periferia, una giovane esperta di una piccola casa d' aste e un luminare un po' cupo ma potente fuori dai riflettori della cronaca. Un boccale di birra, una baguette con formaggio e prosciutto davanti e il caso è risolto, il record d' asta raggiunto senza strategie di marketing o comunicazione. Non tutti sapranno che il vero nome di Cimabue era Cenni di Pepo.

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Chissà che nella descrizione dello stato di conservazione dell' opera contenuta nel catalogo d' asta qualcuno non abbia scritto, vista la provenienza culinaria, "cenni di pepe".

 

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