“ITALIAN GLAMOUR” - UN VOLUME CELEBRA LA STRAORDINARIA COLLEZIONE DI ENRICO QUINTO E PAOLO TINARELLI: LA PIÙ GRANDE RACCOLTA DI ABITI DELLA MODA ITALIANA CONTEMPORANEA, DA ARMANI A VALENTINO, DA VERSACE A FENDI

Da Fontana, Pucci, Gucci, Ferragamo, Capucci e Valentino; dei Settanta con Missoni, Krizia, Lancetti, Schön e negli Ottanta e Novanta con Armani, Versace, Ferré, Fendi, Co veri, Moschino, fino alle ultime, sempre più mescolate, tendenze…

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Claudia Colasanti per “il Fatto Quotidiano”

IL VOLUME ITALIAN GLAMOUR IL VOLUME ITALIAN GLAMOUR

 

Italian Glamour: un ampio e sofisticato volume che è quel che enuncia: una selezione, ai limiti della perfezione - di alcuni capi emblematici della moda italiana dal - non poi lontano - dopoguerra sino a oggi, insieme a un corposo gruppo di saggi dedicati alle varie tendenze contemporanee.

 

Ma non solo: si tratta, in realtà, di un taccuino prezioso, che racconta la memoria, ancora spontanea e lungimirante, di Enrico Quinto e Paolo Tinarelli, osservatori dei particolari dell' oggi e della loro bellezza che, un po' per caso e molto per passione, si ritrovano a possedere, gestire e proteggere, la più grande raccolta (forse al mondo) di abiti italiani contemporanei: da Fontana, Pucci, Gucci, Ferragamo, Capucci e Valentino; dei Settanta con Missoni, Krizia, Lancetti, Schön e negli Ottanta e Novanta con Armani, Versace, Ferré, Fendi, Co veri, Moschino, fino alle ultime, sempre più mescolate, tendenze.

IL VOLUME ITALIAN GLAMOUR IL VOLUME ITALIAN GLAMOUR

 

La prima idea fortunata del duo risale al1994, anni nei quali esplodevano gli armadi di edonismo griffato 70 e 80, ma nessun privato - soprattutto abbienti signore intimorite dalla recessione - aveva l' opportunità di vendere o scambiare. Borghetto Flaminio (Rigattieri per Hobby), a Roma, nasce ispirandosi al modello americano del Garage Sale.

italian glamour la collezione di enrico quinto e paolo tinarelli italian glamour la collezione di enrico quinto e paolo tinarelli

 

Da quell' anno in poi, grazie all' abilità anche tecnica della coppia, non solo si diffondono mercatini simili ovunque, oscurando la bramosia del portaportese doc, ma Enrico Quinto, trentenne colto e curioso, comincia ad abbinare le chiacchiere con le signore a qualche bizzarro acquisto: un Moschino di appena pochi anni prima con un asso di cuori sul retro (1989), un bauletto di vimini di Gucci di fine anni Cinquanta, e un sontuoso abito arancio con preziosi profili azzurri, apparentemente polveroso, di Capucci, del 1968.

 

Particelle futuribili di un mondo in divenire, apparentemente disomogenee, acquisti casuali - che sembravano ai tempi non contenere innovazioni -dietro ai quali c' è tutta la base dell' immensa collezione: "Un passato che ha un valore enorme. Anche quando si tratta di un tovagliolo di pizzo. In tutte queste piccole cose c' è la storia di questo Paese. Il suo gusto e soprattutto la sua identità".

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Negli anni successivi Quinto intuisce quanto collezionare abiti possa mettere in relazione un oggetto di per sé qualitativamente altissimo per esecuzione, colori e forma, con il suo trascorso storico e simbolico nel divenire della contemporaneità: "Le linee degli stilisti hanno assunto un ruolo sempre più importante proprio per la loro capacità di significare, di determinare e interpretare il mutamento dei gusti e delle abitudini.

 

Un fenomeno ampio e complesso, con molteplici aspetti: da quelli legati alla creatività a quelli organizzativi e industriali". In sintesi, il successo planetario del vintage, di recente ampiamente celebrato: dalla mostra al Victor & Albert Museum di Londra, all' esposizione in Brasile, al Maxxi di Roma e a Lubiana.

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Italian Glamour (320 patinate pagine a colori, Skira), oltre alle immagini dei capi e dei vestiti più rari e impensabili, contiene una serie di testi (da Angelo Flaccavento, Bonizza Giordani Aragno, Adriana Mulassano e Maria Luisa Frisa) basilari per la storia della nostra moda. "Fino a poco tempo fa la moda italiana era percepita all' estero come poca creativa, ma di alta qualità. Oggi invece" racconta ancora Quinto, "libri, cataloghi ed esposizioni contribuiscono a dare la giusta importanza al nostro stile. Peccato però che in Italia non ci sia un museo per promuovere tutta la nostra moda".

 

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