“VITTORIO SGARBI AL GOVERNO? NON UN GRAN SUCCESSO" - ACHILLE BONITO OLIVA SBERTUCCIA IL "CRITICO D'URTO": "IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA HA STUDIATO BENE L’ARTE ANTICA E SI È FERMATO LÌ. GLI MANCA L'AGILITÀ MENTALE PER COMPRENDERE IL CONTEMPORANEO" - "POSARE ANCORA NUDO COME FECI PER 'FRIGIDAIRE'? IO MI SPOGLIO SPESSO, PERCHÉ HO IL SENSO DEL GIOCO. COME DICO SOVENTE, ORMAI SONO PARTENOPEO E PARTE ROMANO…”

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Francesco Rigatelli per “la Stampa” - Estratti

 

Per i quarant'anni dalla morte di Joan Mirò, che cadono il giorno di Natale, al Mastio della Cittadella di Torino c'è una mostra sul pittore surrealista fino al 14 gennaio. La selezione delle oltre cento opere provenienti da collezioni private è del critico Achille Bonito Oliva, 84 anni, che oggi alle 15 all'Accademia Albertina di Belle Arti torinese terrà la lectio magistralis Il sogno dell'arte.

 

A cosa farà riferimento per parlare di questa dimensione onirica?

«A Mirò. Il suo procedimento è molto onirico nell'iconografia. Nella sua pittura Mirò crea un altrove smaterializzato, con forme e materiali che non hanno peso. La sua opera risulta come una risurrezione. Mirò rivitalizza e restituisce movimento a oggetti e segni accostandoli tra loro, senza giustificazione».

 

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Lei è celebre per il movimento artistico della Transavanguardia, intravede oggi qualcosa di simile?

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«No, è stato l'ultimo movimento possibile. Oggi gli artisti sono tutti individui solitari, senza raggruppamenti perché non ci sono più ideologie. Al massimo ci sono dei collegamenti tra colleghi».

 

 

Il suo rivale Vittorio Sgarbi è sempre sottosegretario alla Cultura, che ne pensa?

«Non è un mio rivale, ma non è un gran successo fare il sottosegretario alla Cultura di questo governo. Sgarbi non è un critico d'arte contemporanea, ha studiato bene quella antica e si è fermato lì. Gli manca l'agilità mentale per comprendere il contemporaneo».

 

Eppure come lei non ha timore di nessuno, questo vi accomuna?

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«Un pochino sì, avere qualche affinità non è grave». Come si sente ad essere il grande vecchio superstite del mondo dell'arte dopo la scomparsa di Germano Celant? «Eravamo una coppia fissa, sempre a confronto con rispetto reciproco. Lui era un critico tradizionale, all'interno di un sistema, ma col mito del rinnovamento. Io con la Transavanguardia ho evitato questa coazione del nuovo recuperando la storia come attualità».

 

Poserebbe ancora nudo come fece per Frigidaire?

«Io mi spoglio spesso, perché ho il senso del gioco. Come dico sovente, ormai sono partenopeo e parte romano». Cos'è la provocazione oggi? «C'è un'indifferenza diffusa per cui la provocazione di per sé non ha più quel lato etico che poteva avere un tempo. Oggi c'è l'assoluzione per tutto e invece bisogna sempre prendere posizione».

 

L'Italia contemporanea le piace?

«Certo che sì, è un Paese rilassato, ospitale e multiculturale. Le città hanno avuto una grande funzione di formazione per gli artisti, per esempio Torino per l'Arte povera, Napoli e Roma per la Transavanguardia. Senza la loro accoglienza non ci sarebbe stata possibilità per l'arte».

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