UN MARZIANI A ROMA -  DA CARLO RAMBALDI A MAKINARIUM LA MECCANICA DELLA SCULTURA AL PALAEXPO’ – LA TESTA CLOWNESCA CHE DARIO ARGENTO AVEVA USATO PER “PROFONDO ROSSO”, I BOZZETTI SU CARTA DI ET E I MANUFATTI DI MAKINARIUM CHE INCARNANO (LETTERALMENTE) LA PERFETTA STAFFETTA EREDITARIA, IL CONTRALTARE VIRTUOSO CHE NASCE DA UNA TECNOLOGIA AD ALTA EVOLUZIONE DIGITALE...

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Gianluca Marziani per Dagospia

 

 

rambaldi king kong rambaldi king kong

Strana sensazione per un marziano ritrovare nel museo i personaggi alieni che hanno avuto successo nei vostri cinema e nelle vostre televisioni. Voi umani, comprensibilmente, avete alimentato il mito dell’extraterrestre con splendide invenzioni che visualizzano gli “stranieri” di altri pianeti. Avete una fantasia fervida e una capacità narrativa che nessuno possiede nel sistema solare; per questo su Marte collezioniamo i vostri fumetti, le serie televisive, le pellicole filmiche, i videogame e qualsiasi altro manufatto che racconti lo scontro epico tra terrestri e alieni.

 

Ci avete insegnato il feticismo per gli oggetti, l’amore per una fantasia che delinea l’assurdo. Avete così tanto talento generoso che solo voi potevate inventare un artigianato antropomorfo e dinamico, unico per qualità e potenza. Ciò che ho visto al Palazzo delle Esposizioni lo considero molto più di una professione per il cinema, direi che certi maestri cambiano le categorie e inventano ruoli solitari, simili a stelle comete che seguono traiettorie personali.

 

rambaldi pinocchio rambaldi pinocchio

Da una parte con un viaggio nell’arte scultorea di CARLO RAMBALDI, maestro da triplo Oscar, artigiano visionario che ha regalato il meglio di una certa Hollywood da trucco robotico; dall’altra con un nome giovane, MAKINARIUM, una crew d’eccellenza nata per il film di Matteo Garrone “Il Racconto dei Racconti”, oggi realtà mondiale che inventa figure iperreali e spaventosamente reali, capolavori mimetici che vedrei in una Biennale veneziana tra Damien Hirst e Ron Mueck.

 

Ormai da anni giro per i vostri musei d’arte antica, ho visto e rivisto centinaia di ritratti pittorici, capolavori tra Rinascimento e Barocco, Settecento neoclassico e Ottocento impressionista. In apparenza LA MECCANICA DEI MOSTRI (a cura di Claudio Libero Pisano) mi pareva una mostra tematica di altra natura, destinata ad un pubblico meno avvezzo ai musei. In realtà ho subìto l’incanto di questi ritratti che emanano empatia e orgoglio, sculture che allestirei nelle gallerie di alcuni palazzi con collezioni d’arte classica. Ho capito che l’artigianato italiano, in alcuni frangenti, parla la lingua profonda dell’arte. 

 

makinarium makinarium

Esiste tra voi umani una divisione ideologica che tuttora separa arti visive e artigianato, giusta in alcuni casi ma limitante quando il genio manuale ha il carattere dell’unicum e l’attitudine degli inventori senza tempo. I volti di ET, King Kong e Pinocchio a firma Carlo Rambaldi sono capolavori scultorei che riproducono sentimenti universali, oltre il genere d’appartenenza, come fossero gli archetipi della conoscenza, del dialogo, della rivelazione emotiva. Anche Alien, sorta di teschio dalla mandibola esagerata, è un perfetto sinonimo di maleficio e devianza satanica, il volto più azzeccato se dovessi pensare ad un’incarnazione fisica del Male. Teste che piacerebbero a Michelangelo, Caravaggio, Goya, Bosch, Bacon e ad altri maestri del lato oscuro, della notte che abita il giorno, della vertigine dantesca nel girone della vita reale.

 

La vera arte non è questione di aste o fiere ma di lampi inventivi, energie compresse nella forma, ispirazioni di uno schizzo su carta che si trasforma in volume plastico. L’arte che dura nasce da un lampo nel vuoto cosmico, una scintilla sibilante che genera nuove forme possibili. E conta la lunghezza dello sguardo, la veggenza del talento, la resistenza iconografica. Conta l’intuito che anticipa la patologia sociale, la costruzione di nuovi immaginari, il disegno di un futuro prossimo. Faccio due volte il giro della mostra e non ci sono dubbi: dai disegni ai bozzetti in scala, dagli originali scultorei ai frammenti plastici, tutto raffigura l’ideale di un modello leonardesco che orchestra i linguaggi e ossigena nuove forme viventi. Rambaldi plasma l’esperanto dei volti universali, la profondità degli occhi alieni, la postura di un linguaggio condiviso e archetipico.

 

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Mi fermo sulla testa clownesca che Dario Argento aveva usato per “Profondo Rosso”: qui siamo davanti al genius loci della paura, un essere che è la cellula originaria del Satana bambino, il più spaventoso dei volti umani, un’incarnazione che fonde Medioevo e Cyborg. Anche i bozzetti su carta di ET hanno la complessità dei grandi ritratti, mi ricordano il mistero degli sguardi in Lorenzo Lotto, il candore morbido in Antonello da Messina, una dolcezza ambigua che gioca tra avvicinamento e distanza, diversità ed empatia.

 

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Oppure i frammenti giganti del King Kong incompreso, un personaggio che sembra scritto a quattro mani da Collodi e Spielberg: anche qui c’è un volto che si imprime nella memoria lunga, ci sono mani enormi da archeologia di epoca romana, piedi che somigliano a basi di colonne templari. Fino al più incredibile pezzo di paura in forma fisica, quel terrificante Alien che pare giungere dalle grotte neolitiche, dai primi vagiti dell’umanità infreddolita, da un buio cavernoso che tocca il pozzo nero della Terra. Laggiù dove pochissimi artisti si sono calati, sifdando la paura con le armi della stessa paura.

 

I manufatti di Makinarium incarnano (letteralmente) la perfetta staffetta ereditaria, il contraltare virtuoso che nasce da una tecnologia ad alta evoluzione digitale. Cambia l’approccio artigiano, cambiano le modalità operative, cambiano le commissioni ma non le qualità sensibili dell’invenzione immaginifica, rilucente, visionaria. Una crew di anagrafe italiana, connettiva e manageriale, integrata ai nuovi modelli produttivi, aperta alla combinazione linguistica ma senza perdere la qualità tattile degli oggetti. Vedere dal vivo i personaggi de “Il Racconto dei Racconti” è un tuffo carpiato nell’iperrealismo più radicale, oltre il gotico horror, oltre il fumettismo dark, oltre il 3D californiano.

 

makinarium 1 makinarium 1 la meccanica dei mostri 2 la meccanica dei mostri 2

Perché qui sentiamo di nuovo Leonardo e la scienza anatomica del Seicento, Rembrandt e la miglior pittura fiamminga, Lucian Freud e Joel-Peter Witkin… Makinarium unisce la grande iconografia al meglio della filiera tecnologica, scovando talenti di varia estrazione, orchestrando le professionalità e amalgamando hardware e software, visibile e invisibile, tattile ed elettronico. Volti e corpi che sembrano guardarci come quei cavalli di Giulio Romano che ci scrutano nell’anima, collegando vita e arte tramite flussi di pura energia. E sia ben chiaro, non si tratta solo di perfezionismo artigianale ma di lavoro sulle espressioni, sugli sguardi, sugli stati d’animo che essi trasmettono. E’ un atto virtuoso da scultura universale, da archetipo dell’umanità instabile e sofferente. Makinarium plasma un alfabeto dei mostri e lo modula con spinte vertiginose, giocando sui toni letterari, sulle emozioni del fantastico, sul valore della conoscenza oltre il tangibile, oltre la cronaca, oltre la breaking news. E la fantasy diventa una roba fantastica.  

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