ORA VI POTETE FARE I SELFIE CON GUERNICA: CADE IL DIVIETO DI FOTOGRAFARE IL CAPOLAVORO DI PICASSO ESPOSTO AL REINA SOFIA DI MADRID - IL DIRETTORE MANUEL SEGADE: “LA PROIBIZIONE ERA ANACRONISTICA" – MA LA CADUTA DEL DIVIETO FARÀ DAVVERO BENE ALL’OPERA? IL PROFESSORE EMERITO DI STORIA DELLA FILOSOFIA: “LA POSSIBILITÀ DI RIPRODURRE IL QUADRO DI PABLO PICASSO ANNULLA LA LONTANANZA CHE CI SEPARA DALLA SUA UNICITÀ”

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Estratto dell'articolo di Giulia Zonca per la Stampa

 

GUERNICA GUERNICA

Si può stare in posa sulla guerra e sorriderci dentro, forse lo sapevamo già, è successo più volte in scatti arrivati da ogni conflitto, ma ora che la scena è il simbolo di ogni strage l'esperienza è completa, globale. Guernica diventa, ancora, altro da sé. Ennesima metamorfosi per una tela gigante realizzata nel 1937 da Pablo Picasso e diventata metronomo della sensibilità collettiva.

 

Per 40 anni è stato vietato fotografarla, ora c'è gente in sosta per i selfie e non importa che dietro ci sia la morte più brutale, un massacro di innocenti: è un'epoca e incrociarla va ricordato, è un quadro che trascende il soggetto rappresentato, un pezzo di assoluto e pazienza se è il male assoluto, gronda comunque storia e il museo Reina Sofia di Madrid ha deciso di metterla a disposizione di tutti. Del resto, pezzi di Guernica stavano già da anni sugli ombrelli e sopra le tazze, brandelli di persone su borse di tela e se non c'era scandalo nel venderle a 19 euro e 90 non ci può essere sdegno nella concessione di uno sfondo. Nella condivisione della memoria.

 

GUERNICA GUERNICA

Ha deciso il nuovo direttore del museo, Manuel Segade, in carica da giugno e determinato a rimuovere un divieto che ha definito «anacronistico». Motivo citato: per cercare di eludere la sorveglianza, il pubblico staziona nella stanza per troppo tempo, il personale è stressato, la corda nera messa a protezione, per evitare la familiarità da autoscatto, mette distanza da un'opera che racconta una tragedia e si dichiara immersiva, travolgente. Motivo recondito: il Reina Sofia è uno dei posti meno abitati da Instagram perché il suo capolavoro più celebre sfugge.

 

Ora ci saranno le code per l'espressione perfetta da metter su in modo da star bene dentro Guernica, come se ne esistesse una.

 

(…)

Restano proibiti i cavalletti, i bastoncini per allungare il telefono e le permanenze eccessive. Guernica è sempre un'osservata speciale, da quando, nel 1974, dal parcheggio di lusso al Moma, si è lasciata sfregiare con la vernice rossa a spray: «Kill Lies All». Il vandalo si chiama Tony Shafrazi, noto gallerista che unisce la protesta per la guerra in Vietnam a quella per un'arte radicale in contrasto con la produzione di Picasso. Guernica se ne lava la tela, non reca tracce né dell'attacco né delle sue intenzioni e allo stesso modo ignorerà i selfie, privi di flash, per entrare negli album personali degli iperturisti erranti dei Duemilaeventi. Anni dove lasciare una traccia è l'unico modo per essere presenti.

 

GUERNICA STEFANO ACCORSI GUERNICA STEFANO ACCORSI

 

UMBERTO CURI

Umberto Curi* per la Stampa

 

(…) Ciò che si può dire è che la caduta di questo divieto può verosimilmente favorire quella «perdita di aura» che, secondo il filosofo Walter Benjamin, costituisce il proprium di un'opera d'arte. «L'apparizione unica di una lontananza»: con questa formula, destinata a diventare celebre, il filosofo tedesco definiva il quid che caratterizza peculiarmente l'opera d'arte. La lontananza è ciò che conferisce a un oggetto, un paesaggio, una persona o un'opera la sua aura. L'annullamento di questa lontananza, attraverso mezzi di riproduzione tecnica come la fotografia o il cinema, è invece ciò che ne determina la caduta.

 

D'ora innanzi, mediante un apparecchio fotografico o perfino un telefonino, potremo portarci a casa il quadro di Picasso, cancellando la lontananza che ci separa da esso. Ma ne perderemo quell'aura che lo rende unico e inconfondibile.— *Professore emerito di Storia della filosofia presso l'Università di Padova Autore di "La forza dello sguardo" (Bollati Boringhieri, 2015) e di "La morte del tempo" ( Il Mulino, 2021)

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