PLAY! SKATE A REGOLA D'ARTE – LA TRIENNALE DI MILANO È LA PRIMA ISTITUZIONE MUSEALE AL MONDO A OSPITARE UNO SKATEPARK COPERTO. SARÀ INAUGURATO IL 27 NOVEMBRE E SARÀ PRATICABILE FINO A FEBBRAIO. POI SARÀ DONATO ALLA CITTÀ – LA DIRETTRICE ARTISTICA LORENZA BARONCELLI: “APRIAMO LE PORTE A PUBBLICI E CULTURE NUOVE” - JOHAN HUIZINGA IN HOMO LUDENS (1938) TEORIZZAVA: “IL GIOCO È ESSENZIALE PER LA SOCIETÀ E L' UMANITÀ. È NECESSARIO PER GENERARE CULTURA”

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ANNA GANDOLFI per La Lettura – Corriere della Sera

 

skateboard triennale skateboard triennale

Una tavola lanciata a tutta velocità. Un trick , un' evoluzione, da applausi. Poi la bowl , la «ciotola» dentro cui girare, salire, scendere. Precisione, perfezione, nervi saldi, fatica. Qualche caduta clamorosa. Tutto in un museo. Alla Triennale di Milano arrivano gli skater.

«Speriamo siano tantissimi. Anzi, ne siamo certi». Lorenza Baroncelli sorride: è il direttore artistico della prima istituzione culturale al mondo che ospiterà uno skatepark coperto e gratuito all' interno dei propri spazi espositivi.

 

lorenza baroncelli lorenza baroncelli

Koo Jeong A, da Londra, per il progetto sceglie l' ermetismo sentimentale: « I love it ». La creativa sudcoreana è una veterana, di installazioni simili ne ha già ideate tre: piste che vogliono far riflettere sullo spazio e sulla socialità, opere concettuali ma totalmente fruibili, tanto che a Liverpool, San Paolo del Brasile e sul lago francese di Vassivière sono quotidianamente affollate. Ma sono tutte all' aperto. In queste ore, invece, la sua quarta creatura prende forma fra legno, gettate di cemento e colate fluo tra le sale del Palazzo dell' Arte.

 

Nasce il primo skatepark coperto in un museo, il primo coperto e a ingresso libero di Milano. Il titolo OooOoO (la lettera O ripetuta sei volte) richiama l' ondeggiamento su tavola e si compone da tante «O» quante sono le vasche e le bowl a disposizione. La pista apre il 27 novembre: con la sua forma a stella occupa l' intera Galleria al piano terra, allargandosi per più di 500 metri quadrati. Sarà visibile (anzi, praticabile) fino al 16 febbraio: chiunque potrà lanciarsi «dentro» l' installazione, autonomamente o grazie ai corsi di una vera academy pronta ad accogliere ragazzi delle scuole e semplici curiosi.

 

skateboard triennale skateboard triennale

«Con il mio lavoro - spiega Koo Jeong A a "la Lettura" - vorrei dare risalto a elementi, categorie o gruppi che, a volte, sono trascurati, considerati marginali. Accade anche a Milano». L' artista vuole «dare anima agli spazi», renderli luogo e fucina di incontri e socialità creativa. Lo skatepark della Triennale è anche questo: «Un palcoscenico per generazioni diverse», un luogo che mixa discipline («design, architettura, arte»), un crogiolo «di idee, azioni, pratiche». L' autrice definisce le bowl «empatiche»: «Per viverle non bisogna per forza essere skater provetti: basta provare a scivolarci dentro».

 

OooOoO di Koo Jeong A OooOoO di Koo Jeong A

Ma OooOoO è anche un simbolo, la testa di ponte che introduce il pubblico a un più ampio palinsesto di ricerca - tre mesi di conferenze, laboratori, approfondimenti aperti a tutta la città - tracciato seguendo il filo rosso della cultura che ruota attorno a questo sport: cinema, musica, fotografia, moda, architettura, grafica, suggestioni sociologiche, di integrazione e molto altro. L' installazione, infatti, nasce in seno a Play! , progetto che è anche un po' filosofia: dedicato al tema del gioco, ideato e curato da Julia Peyton-Jones con Lorenza Baroncelli, vede il percorso ludico come prova, esperienza. È un invito a lasciarsi trasportare, anche fisicamente, agli antipodi della quotidianità virtuale in cui tutti sono connessi con tutto ma (letteralmente) attraverso uno schermo. «In un' era in cui le immagini vengono riprodotte e veicolate con estrema rapidità, in cui chiunque può avvicinarsi a un' opera attraverso il proprio smartphone o tablet, le istituzioni culturali - è il punto di partenza della Triennale - devono interrogarsi su come proporre ai visitatori nuove modalità di fruire gli spazi espositivi e di vivere l' arte o una mostra come esperienza unica». Cosa fare? Cosa organizzare? Johan Huizinga in Homo Ludens (1938) teorizzava: «Il gioco è essenziale per la società e l' umanità. È necessario per generare cultura».

 

skateboard skateboard

Un' idea ben chiara in viale Alemagna, non da oggi: lo dimostrano il Labirinto dei ragazzi dei Bbpr, creato nel 1954, o l' esposizione Tempo Libero del 1964. Ma se questa consapevolezza viene da lontano, è dagli avvallamenti, dalle cunette, dal cemento a prova di rotelle che emerge l' attualissima risposta a un' arte vissuta senza immersione. «La nostra ambizione - prosegue Baroncelli - è duplice. La prima: aprire un' istituzione culturale a un pubblico che solitamente non la frequenta, ripensando, attraverso il gioco, uno spazio di cui la cittadinanza si potrà appropriare ancora di più. La seconda: raccontare una cultura complessa, che non è certo solo sportiva».

 

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Lo skate nutre e si nutre di altri ambiti creativi. «Pensiamo alle origini dello skateboard moderno, così connesse all' architettura: le bowl oggi diffuse in tutto il mondo nascono negli anni Settanta, ai tempi della crisi idrica californiana, quando un gruppo di ragazzi passa dalle strade alle rampe. E le rampe sono piscine: quelle iconiche, a fagiolo, progettate per la prima volta da Alvar Aalto e di moda nella Los Angeles benestante di allora». È l' estate infuocata del 1975: le vasche dalle linee flessuose dell' architetto finlandese, forzatamente vuote, diventando habitat ideale per le illegal back-garden session di surfisti stanchi di aspettare le mareggiate perfette. Nasce una nuova disciplina, diventerà tendenza urbana.

 

«Tutto questo è esempio chiaro di come l' arte e la creatività sappiano generare e rivelare sempre nuovi immaginari e forme inaspettate di abitare le nostre città.

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Perciò, in modo anche provocatorio, noi portiamo spazi per lo skate dentro un' istituzione culturale».

 

Tra le vasche di OooOoO potranno viaggiare su tavola, contemporaneamente, fino a quindici persone. Più il pubblico: lo spazio ne potrà ospitare altre cento.

L' intento è osmotico: aprire la Triennale a chi prima non ci veniva, far conoscere un mondo a chi lo osservava da lontano.

 

«Ci aspettiamo che in pista, la mattina, arrivino i ragazzi delle scuole per i corsi, che il pomeriggio la utilizzino gli adolescenti e la sera i professionisti. Sarà come vedere uno spettacolo di danza...». Per la colonna sonora, il producer inglese Koreless ha fuso il graffio scivolato delle tavole alla musica.

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Parallelamente si prepara un palinsesto ricchissimo, in cui si alterneranno i testimonial: uno su tutti, il fotografo (e skater) André Lucat che approfondirà l' arte delle immagini catturate in movimento. L'«apertura» è anche riflessione sulla città e con la città: seguendo le tribe - i gruppi di appassionati di questo sport - e le loro interazioni con il tessuto metropolitano si potranno rileggere aspetti inattesi e inediti di Milano. Ma non è finita. Play! nel 2020 avrà la sua tappa estiva: nei giardini del Palazzo nascerà un Playground pavilion (ancora misterioso) aperto a tutti. «Sul modello della Serpentine Gallery di Londra (di cui la curatrice Julia Peyton-Jones è stata a lungo ai vertici, ndr) ogni anno chiederemo a un architetto di progettare un playground che poi vorremmo di volta in volta donare a una parte difficile, periferica di Milano». È un percorso che, di nuovo, vede OooOoO fare da apripista: ideato per essere ricostruito altrove, lo skatepark è stato offerto dalla Triennale al Comune di Milano. Un altro modo per uscire dai propri confini e guardare lontano.

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«Perché l' arte - conclude Lorenza Baroncelli - ha sempre il dovere di uscire dal chiuso delle proprie mura, dall' esclusività delle gallerie e dei salotti, di tornare nelle strade. E, lì, di fondersi e impastarsi con la società, raccontare la contemporaneità con passione, attraverso la bellezza».

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