L’ANNO DEL DRAGHI – FENOMENOLOGIA DI AXEL WEBER, IL RIVALE TEDESCO DEL NOSTRO GOVERNATORE DI BANKITALIA ALLA POLTRONA DELLA BCE CHE NON PIACE NEMMENO AI SUOI COMPATRIOTI – HA DIMOSTRATO CARATTERISTICHE POCO NORDICHE CHE POTREBBERO ESSERGLI FATALI, NELLA SUCCESSIONE A TRICHET…

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Tonia Mastrobuoni per "Il Riformista"

Axel WeberAxel Weber Axel WeberAxel Weber

Tradizionalmente la posta interna diretta al presidente della Bundesbank è sempre contrassegnata da una croce verde, quella al suo vice da un cerchio rosso. Per sgomberare il campo da equivoci, Axel Weber, l'attuale governatore della banca centrale tedesca ha stabilito che le mail indirizzate a lui devono essere precedute da un "1", quelle al suo vice da un "2". Una novità che ha fatto storcere il naso a molti, nella potente istituzione tedesca. Secondo i suoi detrattori, un aneddoto che la dice lunga sul principale concorrente di Mario Draghi nella corsa alla presidenza della Banca centrale europea.

Mario Draghi - Da il RiformistaMario Draghi - Da il Riformista Berlusconi il 25 gennaio al San Raffaele di Milano - Senza CapelliBerlusconi il 25 gennaio al San Raffaele di Milano - Senza Capelli

Se i principali quotidiani tedeschi sembrano aver già scelto il candidato italiano, è anche per dettagli come questo, per questi indizi di un culto della personalità fuori luogo, negli ovattati ambienti dei guardiani della moneta. Weber, ironizzava una fonte della Buba citata dallo Spiegel, si concepisce invece come «unica stella nel firmamento monetario» e ha mostrato in passato di non possedere alcune virtù che i tedeschi ritengono indispensabili per conquistare il timone dell'Eurotower. Cioè, l'indipendenza dalla politica, la diplomaticità e un certo understatement, soprattutto nella percezione di se stessi. In questo senso, il più "nordico" tra i due è certamente Draghi.

TREMONTITREMONTI

Subentrato nel 2004 a Ernst Welteke, l'economista renano assume le redini della Buba in un momento difficile. Welteke si è appena dimesso per lo scandalo delle notti trascorse nell'antico e lussuoso Hotel Adlon di Berlino sul conto della Dresdner Bank. L'allora cancelliere Schroeder propone l'economista Peter Bofinger, ma il suo ministro delle Finanze Hans Eichel lo ritiene troppo ribelle e si spinge a minacciare le dimissioni pur di imporre Axel Weber, che insegna all'università di Colonia ed è uno stimato studioso di teoria monetaria. Lo spigoloso ex ministro iper rigorista la spunta.

Weber prende in mano un'istituzione dalla reputazione piuttosto ammaccata e ancora traumatizzata dalla perdita del ruolo di guardiano della più potente e stabile moneta europea, il marco. Il nuovo presidente della Bundesbank si rimbocca le maniche. Ne rimpicciolisce la struttura, ne rafforza alcune funzioni come il controllo della stabilità finanziaria e diventa - e qui sono cominciati i guai, secondo alcuni avversari - un interlocutore privilegiato del governo, soprattutto di Angela Merkel (alla quale consiglia ad esempio quello che è oggi il principe dei consiglieri economici della cancelliera, Jens Weidmann).

Il vero banco di prova arriva con la crisi economica. Lo tsunami finanziario scatenato in particolare dal fallimento di Lehman Brothers, a settembre del 2008, rischia di travolgere il sistema finanziario tedesco. Weber agisce con tempestività e con mano ferma. Convince il governo a salvare il colosso Hypo Real Estate e disegna il piano di salvataggio delle banche dal quale scaturisce il fondo d'emergenza Soffin. È allora che la sua considerazione nel governo tedesco raggiunge l'apice. E da allora che la Merkel comincia a tracciargli il solco per Francoforte. Ma da quando gli occhi sono puntati su di lui, cominciano inevitabilmente a trapelare i suoi punti deboli.

GIULIO TREMONTIGIULIO TREMONTI

Il primo è proprio il "lato b" del feeling con Angela Merkel. Weber ha cambiato idea su alcune questioni cruciali, dando l'impressione di aver seguito la scia della cancelliera. Per un politico può essere un difetto qualsiasi, ma la mancanza di coerenza e la permeabilità alle pressioni dei governi sono «peccati mortali» per un banchiere centrale. In questo, Weber e Draghi, riconosceva lo Spiegel tempo fa, sono su posizioni opposte. Per il settimanale tedesco il governatore della Banca d'Italia si è sempre distinto invece per le sue posizioni spesso "scomode" e in contrasto con il governo.

Giulio TremontiGiulio Tremonti

Tornando a Weber, molti osservatori hanno notato il suo clamoroso cambiamento di idea, per fare un esempio recente, sulla caso Grecia. Fino alla presa di posizione della Kanzlerin, il governatore della Buba era per la linea dura. Niente salvataggio, Atene se la deve cavare da sola, era la linea. Weber aveva categoricamente sbarrato la strada ad un piano di salvataggio europeo e aveva suggerito di chiedere aiuto al Fondo monetario internazionale.

Quando la cancelliera ha fatto intendere a chiare lettere di non gradire ciambelle di salvataggio extraeuropee, Weber si è adeguato. «Non abbiamo bisogno del Fmi», ha sentenziato di recente, nonostante una riunione molto animata nel consiglio della banca centrale tedesca, in cui alcuni consiglieri si sono scagliati soprattutto contro qualsiasi ipotesi di bailout europeo, come hanno raccontato a più riprese i giornali.

Sarkozy Nicholas e JeanSarkozy Nicholas e Jean

Una critica che gli arriva soprattutto da ambienti finanziari e che ha anche schierato alcuni parlamentari europei del partito della Merkel contro Weber è il curriculum, indubbiamente meno brillante di quello di Draghi. Ma un altro macigno sulla strada per la conquista dell'Eurotower, è il carattere dell'economista della Renania Palatinato. Nella testa di molti banchieri la sparata dell'anno scorso contro Neelie Kroes, quando il commissario europeo al mercato unico chiese ai paesi europei di concedere iniezioni di capitale agli istituti di credito a tassi di mercato, è imperdonabile.

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Una fonte della Bce citata dal Financial Times Deutschland osserva, a questo proposito che «Draghi è più diplomatico ed è più abile a mantenere gli equilibri». E il quotidiano finanziario ricorda la riga dopo che del governatore di Bankitalia, «invece, non sono noti errori». Un dettaglio fondamentale, se si pensa che una parola sbagliata di un governatore della Bce può provocare tonfi o volate della moneta unica ma anche dei mercati finanziari europei in toto.

Ieri l'Handelsblatt ha pubblicato un editoriale illuminante - sin dal titolo - sulla contesa a due per la Bce: «Un italiano può essere il miglior tedesco». Non un semplice endorsement, piuttosto un articolo molto arguto sulla scarsa convenienza tedesca a conquistare la poltrona più alta della Bce.

Montezemolo e SarkozyMontezemolo e Sarkozy

Com'è noto, la Merkel ha rinunciato a battersi in sede europea per un tedesco come commissario agli Affari economici e si è "accontentata" di quello per l'energia (Oettinger). E non ha avanzato candidature tedesche neanche per i due posti di rilevo scaturiti dalla firma del Trattato di Lisbona, il presidente del Consiglio e "Mister Pesc". Lo ha fatto proprio per spianare la strada alla Germania per la presidenza della Bce.

MERKELMERKEL

Ma il quotidiano finanziario osservava ieri che il prossimo governatore della Bce (la nomina è prevista in autunno del 2011) dovrà assumersi l'onere di riportare l'Europa al rigore finanziario. Dovrà alzare i tassi di interesse e ridurre le potenti iniezioni di liquidità che hanno scongiurato il collasso dei mercati durante le fasi più acute della crisi. Non solo: il prossimo governatore dovrà anche predicare il rigore nei conti pubblici e il ritorno dei paesi al paletti imposti ai deficit e ai debiti dal Patto di stabilità.

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«Cose che nessuno ascolta volentieri - scriveva l'Handelsblatt - tantomeno se provengono dalla bocca di un tedesco». In ballo ci sarebbe tra l'altro il rapporto con l'alleato più stretto della Merkel, Nicolas Sarkozy. La prevedibile stretta monetaria potrebbe indurre il presidente francese a fare pressioni sulla cancelliera per «rimettere in riga Francoforte». Che il paese più rigorista della Ue e con una forte tradizione di difesa dell'autonomia della Bce non potrebbe che respingere.

Un tedesco alla Bce è insomma un potenziale focolaio di tensioni tra Parigi e Berlino che il quotidiano ritiene superfluo. Anche perché «non si capisce bene in cosa consisterebbe l'interesse tedesco a imporre un governatore della Bce». Meglio lasciare il posto a un candidato «estremamente qualificato» come Mario Draghi.

 

 

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