APPLE BACATA – IN BILANCIO DICHIARA UN’ALIQUOTA MEDIA DEL 25%, QUANDO QUELLA AMERICANA E’ AL 35%: MERITO DELLE TASSE NON PAGATE IN EUROPA – SULL’ULTIMO “I-PHONE” PAGA SOLO 14 DOLLARI SU UN PREZZO FINALE DI 1.189 DOLLARI. NEGLI USA NE PAGA 161 

-

Condividi questo articolo


 

Walter Galbiati per la Repubblica

 

san francisco pride apple san francisco pride apple

Negli Stati Uniti costa 999 dollari. In Europa 1.189 euro. E' il prezzo dell' iPhone "X", il decimo, l' ultimo prodotto di casa Apple lanciato ieri in 55 Paesi del mondo. Un successo nonostante il prezzo da capogiro, che ha messo in coda i fans fuori da ogni Apple store. L' iPhone e il suo prezzo sono una delle colonne portanti su cui poggiano le fortune dell' azienda fondata da Steve Jobs.

 

Nell' anno chiuso a settembre, i cui risultati sono stati pubblicati ieri, gli smartphone della Mela hanno registrato un fatturato di 141 miliardi di dollari, più della metà dei 229,2 miliardi prodotti dell' intero gruppo. L' ultima riga di bilancio è altrettanto impressionante, perché parla di utili per 48,3 miliardi di dollari in crescita dai 45,6 miliardi del 2016.

I PHONE X I PHONE X

 

I prodotti contano ovviamente, ma non è tutto qui il segreto del successo della Apple. L' altra fonte di denaro non nasce nei laboratori tecnologici della Silicon Valley, ma da una pensata dell' allora direttore finanziario e attuale amministratore delegato, Tim Cook. C' è la sua firma sugli accordi tra la capogruppo e le società irlandesi che raccolgono il fatturato di Apple in giro per il mondo. Una ottimizzazione fiscale che ha permesso alla Apple di pagare pochissime tasse, soprattutto fuori dei confini nazionali.

 

la linguetta di tim cook la linguetta di tim cook

Sì perché negli Stati Uniti, bilancio alla mano, Apple si comporta meglio che all' estero. Dei 999 dollari che servono per acquistare l' ultimo prodotto di casa Jobs, ben 161,8 dollari finiscono in tasse. In Europa, ma anche nel resto del mondo, di quei 1189 euro, solo 14,2 euro si trasformano in soldi sonanti per le casse dell' erario. Nell' esercizio chiuso a settembre 2017, Apple ha infatti accantonato (non pagato) complessivamente 15,7 miliardi di dollari per pagare le tasse sui suoi utili operativi: 13,8 miliardi sono finiti nei conti federali e 261 milioni in quelli statali degli Stati Uniti.

 

PROTESTE PER LE POCHE TASSE PAGATE DA APPLE PROTESTE PER LE POCHE TASSE PAGATE DA APPLE

Solo un decimo, 1,6 miliardi, sono invece stati versati al Fisco dei vari Paesi in cui opera il gruppo. Pochissimo se si pensa che in patria Apple genera ricavi per 84,3 miliardi (96,6 compreso il Sud America), mentre dal resto del mondo ne arrivano ben 144,9 miliardi. Si tratta di tasse accantonate, perché da flussi di cassa si evince che nel 2017 il gruppo ha versato solo 11,59 miliardi.

 

E come vadano le cose il gruppo lo sa bene. Tra le righe del bilancio Cook spiega che il tax rate (il peso delle tasse sul risultato operativo) è stato del 24,6%, meno dell' imposta federale Usa sulle aziende pari al 35%, grazie principalmente agli utili generati all' estero «dalle controllate irlandesi per le quali non sono previste tasse in Usa».

 

LE TASSE DI APPLE E GOOGLE LE TASSE DI APPLE E GOOGLE

Al 30 settembre 2017, Apple aveva in pancia liquidità per 252,3 miliardi, sulla metà dei quali (128,7 miliardi) dichiara di non aver pagato tasse. Se le dovesse pagare, si tratterebbe - la stima è della stessa Apple - di un salasso di 44 miliardi di dollari. Un tesoro che fa impallidire i 13 miliardi di arretrati fiscali chiesti dalla Ue. Ma che fanno gioire i mercati: ieri Apple ha toccato il suo nuovo record a oltre 174 dollari per azione, superando i 900 miliardi di capitalizzazione.

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT – JOE BIDEN VUOLE CHE GIORGIA MELONI METTA ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL G7 L’USO DEI BENI RUSSI CONGELATI. PER CONVINCERE LA DUCETTA HA SPEDITO A ROMA LA SUA FEDELISSIMA, GINA RAIMONDO, SEGRETARIO AL COMMERCIO – GLI AMERICANI PRETENDONO DALL’EUROPA UN'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DOPO TUTTI I MILIARDI CHE WASHINGTON HA POMPATO A ZELENSKY. MA METTERE MANO AI BENI RUSSI È UN ENORME RISCHIO PER L’UNIONE EUROPEA: POTREBBE SPINGERE ALTRI PAESI (CINA E INDIA SU TUTTI) A RIPENSARE AI LORO INVESTIMENTI NEL VECCHIO CONTINENTE…