UNA COLOMBA VOLÒ SUL NIDO DI FRANCOFORTE - LA DROGA DRAGHI FUNZIONA: PIAZZA AFFARI (+2,6%) E LE BORSE SCOMMETTONO SU UN 'QUANTITATIVE EASING' ANCORA PIÙ POTENTE - LA TOTAL RICOMINCIA A VOLTEGGIARE INTORNO A ENI IN QUESTA FASE DI CRISI DEL PETROLIO

L'Eni ha sempre avuto contratti importanti con la Libia di, alla cui caduta ha contribuito il governo Sarkozy. E le recenti scoperte di giacimenti in Egitto e Mozambico hanno permesso di rafforzare le posizioni. I francesi hanno interesse a destabilizzare la multinazionale italiana, papparsela, e poi vendere l'operazione come 'polo europeo'...

Condividi questo articolo


1.BORSA: INDICI CHIUDONO IN FORTE RIALZO CON EFFETTO DRAGHI, MILANO +2,6%

Radiocor - Chiusura in forte rialzo ma sotto i massimi di seduta per le Borse europee nel giorno di Mario Draghi. Con le Piazze asiatiche chiuse per festivita' sia oggi che domani, gli investitori si sono concentrati sulle ricoperture dopo la recente debolezza e sulle parole del presidente della Banca centrale europea.

 

mario draghi 3 mario draghi 3

Nonostante il taglio delle stime sulla crescita della zona euro e l'ammissione di difficolta' legate alla situazione internazionale, Draghi ha detto che la Bce e' pronta a intervenire se necessario e intanto ha alzato la quota limite di acquisti di titoli pubblici e privati (Qe) fissata da marzo per ogni singola emissione, portandola dal 25% al 33%. A Milano il Ftse Mib ha terminato le contrattazioni in rialzo del 2,62% e il Ftse All Share del 2,48%.

 

Robusti i progressi di Fracoforte (2,69%) e Parigi (2,17%), salite anche oltre il 3% nel corso del pomeriggio. Tra i titoli, a Piazza Affari, gli acquisti hanno premiato soprattutto Autogrill (+7,06% a 8,04 euro), e Tenaris (+5,64% a 11,99). Intanto, sul fronte dei cambi la moneta unica passa di mano a 1,1104 dollari (1,1225 in avvio e 1,1233 ieri), e a 133,44 yen (135,11 e 134,83), quando il biglietto verde vale 120,18 yen (120,35 e 120). Infine, il petrolio Wti sale del 2,21% a 47,22 dollari al barile.

 

2.ANALISTI E COMMENTATORI UNANIMI, È 'DOVISH DRAGHI'

mario draghi 1 mario draghi 1

 (ANSA) - "Dovish Draghi". E' la frase che oggi ricorre più spesso fra le analisi degli esperti e degli analisti internazionali sull'attitudine mostrata dal presidente della Bce nel corso della conferenza stampa odierna. Su Twitter non c'è praticamente un commento che non accosti Draghi alle parole 'dovish' o 'dovishness', a sottolineare il suo atteggiamento da colomba nella gestione della crisi.

 

Lo stesso si può dire degli analisti: "ci aspettavamo un Draghi 'dovish'", spiega Nordea, ma "è stato il più 'dovish' possibile senza fare assolutamente niente"; "la Bce non poteva essere più dovish", scrive Credit Agricole, mentre i siti internazionali legano la ripresa di borse, spread ed euro al 'Dovish Draghi' che fa salire i listini, scendere la moneta unica e ridà fiato indifferentemente a Bund tedeschi e titoli di Stato greci.

 

'Dovish' è un termine tipico ed esclusivo delle analisi di politica monetaria, in particolar modo di quelle delle banche centrali, ed era stato sinora a quasi esclusivo appannaggio della Federal Reserve statunitense: nasce da 'dove', appunto colomba, e si contrappone quindi naturalmente al 'Hawkish', che indica l'atteggiamento dei falchi.

 

Ma vuole anche distinguersi da 'Bearish', che porta con sé una visione pessimistica riguardo all'andamento futuro del mercato, mentre 'dovish' mantiene invece una connotazione più ottimista. Comporta il mantenimento di bassi tassi di interesse ed una politica monetaria decisamente accomodante, in cui si punta decisamente alla crescita con un occhio all'aumento dell'inflazione.

 

 

3.ANALISI/ ENI, IL CROLLO DEL PETROLIO E IL 'RISCHIO' TOTAL

(di Fabio Tamburini) (ANSA) - Nei giorni scorsi il rimbalzo dei prezzi del petrolio è stato forte, subito seguito da un crollo altrettanto significativo che ha confermato l'opinione prevalente sulla tendenza al ribasso delle quotazioni. Un fenomeno, viene detto, destinato a durare almeno un anno, probabilmente perfino due. Certo fare previsioni, quando si tratta di petrolio, è difficile.

 

claudio descalzi 638x425 claudio descalzi 638x425

Ma, almeno per il momento, i dati in arrivo dagli Stati Uniti sul crollo della produzione di shale oil e le anticipazioni sulla volontà dell'Opec, l'associazione dei principali produttori, d'intervenire per riportare i prezzi a livelli più remunerativi non sono sufficienti per immaginare la ripresa dei prezzi e una inversione di tendenza strutturale. Il che significa momenti difficili per le società petrolifere, che creano le condizioni per la revisione della mappa dei principali produttori internazionali. Esattamente quanto previsto, qualche mese fa, da Leonardo Maugeri, attualmente professore all'università di Harvard e in passato, a soli 36 anni, direttore centrale dell'Eni.

 

"Nella storia dell'industria petrolifera non c'è stato periodo prolungato di prezzi bassi che non abbia comportato processi massicci di fusioni e acquisizioni", ha spiegato. E i fatti gli stanno dando ragione. L'anglo olandese Shell ha colto l'attimo e ha promosso la fusione con la britannica Bg group, una operazione che vale circa 70 miliardi di dollari e chiude una partita che, in un passato non troppo lontano, avrebbe potuto essere giocata da un'altra compagnia europea. Nei servizi petroliferi americani, invece, Schlumberger ha rilevato Cameron pagando quasi 15 miliardi (sempre di dollari).

TOTAL TOTAL

 

Per l'Italia questo significa che anche società come l'Eni, che capitalizza in Borsa oltre 50 miliardi di euro e di cui l'azionista pubblico controlla il 30%, non sono del tutto fuori pericolo. Certo il governo ha diritto di veto e, di conseguenza, non c'è spazio per operazioni ostili. In più il presidente del consiglio Matteo Renzi risulta determinato a tamponare la falla che vede società italiane di peso finire tra le partecipazioni di gruppi esteri, come insegnano i recenti casi di Pirelli e Italcementi, passate sotto il controllo di cinesi e tedeschi.

 

Lo stesso Renzi ha avuto modo di spiegarlo proprio al vertice dell'Eni essendo preoccupato dell'eventuale perdita della controllata Saipem, leader sui mercati internazionali delle infrastrutture petrolifere. Ma si possono determinare situazioni del tutto particolari e tentativi di destabilizzazione che aprirebbero la strada alla richiesta di soluzioni d'emergenza.

TOTAL ENI TOTAL ENI

 

Per questo, considerando che l'Eni è una delle poche multinazionali italiane rimaste su piazza, è meglio attrezzarsi a scelte consapevoli piuttosto che venire colti di sorpresa. La verità è che, da almeno una decina d'anni, il dossier Eni è all'attenzione dei vertici della francese Total e ha roccaforti in Africa che sono molto invidiate.

 

L'Eni, in particolare, ha sempre avuto contratti importanti con la Libia di Gheddafi, alla cui caduta ha contribuito in misura determinante il governo guidato da Nicolas Sarkozy. E le recenti scoperte di giacimenti in Egitto e Mozambico hanno permesso di rafforzare le posizioni. Leadership che interessa molto i francesi, a cui va dato atto di una capacità sconosciuta all'Italia: sanno muoversi come sistema Paese. Sulla carta l'intesa verrebbe presentata come la nascita di un polo europeo dell'industria petrolifera ma, al di là delle dichiarazioni e degli accordi iniziali, significherebbe consegnare l'Eni alla Total. Sembra una operazione impossibile, destinata a restare una semplice eventualità in uno scenario di fantaeconomia.

SARKO GHEDDAFI SARKO GHEDDAFI

 

Di sicuro è possibile solo alimentando la destabilizzazione della società italiana, per esempio a causa delle inchieste giudiziarie che hanno messo nel mirino commesse ottenute in terra africana. Altrettanto certo è che l'asse di Total con l'Eni non piacerebbe alle company petrolifere americane, anche perché in anni lontani il colosso Exxon ha coltivato verso l'Eni una strategia dell'attenzione di cui ancora conserva il ricordo. La necessità sarebbe che, invece di attendere l'evoluzione degli eventi, venisse detto e ripetuto che l'Eni rappresenta un pezzo importante del Paese e che va considerato irrinunciabile per almeno tre buone ragioni.

 

ENI LIBIA ENI LIBIA

E' una delle poche multinazionali rimaste sotto il controllo di capitale italiano (e un Paese come l'Italia non può rinunciare ad avere grandi aziende), è strumento di politica estera e crea opportunità di business per altre imprese minori (rafforzando l'intera economia), opera nell'energia (uno dei settori chiave per lo sviluppo economico).

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT – JOE BIDEN VUOLE CHE GIORGIA MELONI METTA ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL G7 L’USO DEI BENI RUSSI CONGELATI. PER CONVINCERE LA DUCETTA HA SPEDITO A ROMA LA SUA FEDELISSIMA, GINA RAIMONDO, SEGRETARIO AL COMMERCIO – GLI AMERICANI PRETENDONO DALL’EUROPA UN'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DOPO TUTTI I MILIARDI CHE WASHINGTON HA POMPATO A ZELENSKY. MA METTERE MANO AI BENI RUSSI È UN ENORME RISCHIO PER L’UNIONE EUROPEA: POTREBBE SPINGERE ALTRI PAESI (CINA E INDIA SU TUTTI) A RIPENSARE AI LORO INVESTIMENTI NEL VECCHIO CONTINENTE…