I CONTI DI TIM NON TORNANO – IL TITOLO DI TELECOM CROLLA IN BORSA (-23,79%) NEL GIORNO IN CUI L’AD, PIETRO LABRIOLA, PRESENTA IL PRIMO PIANO INDUSTRIALE “SENZA RETE” (NETCO SARÀ VENDUTA A KKR): A PREOCCUPARE ANALISTI E INVESTITORI È LA PREVISIONE DI ALLEGGERIMENTO DEL DEBITO, INFERIORE ALLE ATTESE – VIVENDI ANNUNCIA LA SVALUTAZIONE DELLA PROPRIA PARTECIPAZIONE DI 1,347 MILIARDI…

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PIETRO LABRIOLA PIETRO LABRIOLA

VIVENDI SVALUTA TIM PER 1,34 MILIARDI

(ANSA) - Vivendi svaluta la propria partecipazione in Tim di 1,347 miliardi di euro. Lo si legge in una nota in cui viene indicata una perdita netta di 393 milioni derivante da tale partecipazione.

 

La svalutazione della partecipazione in Tim era stata effettuata da Vivendi già nel 2022. La relativa perdita netta di 393 milioni derivante da tale partecipazione, contabilizzata nel 2022 - spiega il gruppo - è stata azzerata lo scorso anno, insieme a una svalutazione di 300 milioni di Editis, da una plusvalenza finanziaria di 515 milioni legata alla partecipazione in Banijay Group Holding.

 

PERCHÉ TIM È PRECIPITATA IN BORSA. I CONTI SUL DEBITO NON TORNANO

Estratto dell’articolo di Antonella Olivieri per www.ilsole24ore.com

 

vincent bollore vincent bollore

Le promesse di turnaround per Tim sul mercato domestico sono migliori del previsto, ma il titolo Telecom è crollato in Borsa fino a chiudere la seduta con una perdita di quasi un quarto del suo valore perché i conti sul debito, dopo lo stacco della rete, non tornano: rispetto alle attese degli analisti balla un miliardo.

 

Le risposte alle numerose domande sul tema hanno rivelato che la base di partenza del 2024 è peggiore di quanto gli analisti avessero scontato e il titolo è precipitato in chiusura a 21,18 centesimi, giù del 23,79% rispetto a mercoledì.

 

I PRINCIPALI AZIONISTI DI TIM - PIETRO LABRIOLA I PRINCIPALI AZIONISTI DI TIM - PIETRO LABRIOLA

[…] E’ il primo piano del gruppo telefonico nazionale senza la proprietà della rete fissa, che dovrebbe passare entro l’estate al consorzio guidato dal fondo Usa Kkr, anche se Tim ha sottolineato che rimarrà «l’operatore di tlc più infrastrutturato in Italia e continuerà a investire sulla propria rete mobile, accelerando lo sviluppo del 5G, contando sul più ampio spettro di frequenze e sulla più vasta rete di trasporto dati del Paese, e sullo sviluppo del proprio ecosistema tecnologico, composto fra l’altro da un’infrastruttura di 16 data center dislocati su tutto il territorio nazionale».

 

La scommessa dell’ad Pietro Labriola, che su questo progetto si gioca la riconferma, è che la vendita della rete fissa possa permettere a Tim di «muoversi sul mercato con minori vincoli finanziari e regolatori e con un focus maggiore sulle componenti industriali».

 

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Nel piano che arriva al 2026 sono previsti ricavi in crescita del 3% in media annua per la società dei servizi, dopo il distacco della rete, che include ancora Sparkle (la società dei cavi marini internazionali, strategica, per la quale c’è una trattativa col Mef). Si parte dai 14,4 miliardi pro-forma del 2023 per arrivare a 15,8 miliardi a fine triennio.

 

Per Tim domestic è prevista una crescita del 2% in media annua, con ricavi che partono dai 10 miliardi iniziali del 2023 ad arrivare a 10,7 miliardi.

 

Quest’anno i ricavi di gruppo sono attesi in crescita del 3-4%, mentre l’attività italiana dovrebbe crescere del 2-3%. […]

 

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L’Ebitda after lease di gruppo è previsto in crescita dell’8% all’anno dai 3,5 miliardi del 2023 a 4,4 miliardi nel 2026. Per Tim domestic la crescita annua dell’Ebitda after lease è attesa tra il 9% e il 10%, partendo da 1,9 miliardi ad arrivare a 2,5 miliardi.

 

In linea con i target l’andamento previsto per l’esercizio in corso, con crescita dell’Ebitda after lease tra l’8% e il 9% a livello di gruppo e tra il 9% e il 10% a livello di attività domestiche.

 

Tolte le spese per investimento (Capex) dall’Ebitda after lease, da 1,3 miliardi del 2023 si dovrebbe arrivare a 2,2 miliardi nel 2026. Il dato sul mercatocon una perdita domestico dovrebbe quasi raddoppiare da 0,6 a 1,1 miliardi. Quest’anno l’Ebitda after lease meno il Capex è previsto in crescita del 15-17% a livello di gruppo e dell’11-12% a livello di Tim domestic.

 

[…] Il nodo del debito

 

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In generale gli analisti giudicano ambiziosi i target presentati, ma realizzabili […]. Preoccupa però la previsione di alleggerimento del debito, inferiore alle attese. Il mercato fa un semplice conto. Si parte da un indebitamento netto after lease di 20,3 miliardi, si tolgono 14,2 miliardi di debito che se ne vanno con la cessione della rete e quindi l’indebitamento della ServiceCo dovrebbe assestarsi, di partenza, a 6,1 miliardi.

 

Ma se si proietta sul 2026 la crescita indicata dell’Ebitda e il target della leva se ne deduce che tra tre anni l’indebitamento netto sarà più alto di circa un miliardo. Perché? In call con gli analisti e poi coi giornalisti l’ad Labriola ha osservato che fino a giugno, quando è previsto il closing con Kkr sulla rete, il gruppo continuerà a pagare interessi elevati su tutto il debito e a bruciare cassa, ma una leva di 1,6/1,7 a fine piano segnala che il deleverage è importante. Il management ha spiegato che cercherà di capire come mai il mercato dei bond ha reagito bene e l’azionario invece al contrario è crollato tra volumi di scambi pari a 12 volte la norma.

 

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