TELECOM-MEDIA - CHISSÀ SE BOLLORÉ VUOLE USARE TELECOM COME MONETA DI SCAMBIO PER UNA STRATEGIA PIÙ VASTA - D’ALTRONDE “VIVENDI” VUOLE OFFRIRE CONTENUTI MULTIMEDIALI E TELECOM, IN QUEST’OTTICA, NON È STRATEGICA

Entro fine settimana “Vivendi” potrebbe annunciare di aver raggiunto una quota in Telecom del 14,9% - Una scommessa curiosa, visto che, più o meno un anno fa, Vivendi ha ceduto il controllo di Sfr, concentrandosi sulla missione di fornitore di contenuti, attraverso Canal Plus e la musica di Universal…

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Ugo Bertone per “Libero Quotidiano”

 

VINCENT BOLLORE VINCENT BOLLORE

Avanti. C’è posto nell’arena delle tlc europee dove ormai competono in tanti, al di là delle etichette: gestori telecom fisso e mobile, piattaforme digitali, ovvero tutto quel che si muove sotto il segno della banda larga e ultralarga. Un grande territorio che ogni giorno, ormai, riserva novità. Lunedì ad agitare la City inglese è stato lo scoop domenicale del Sunday Telegraph che ha rivelato l’esistenza di due offerte, ormai tramontate, per l’acquisto del 39% d Sky detenuto dalla famiglia Murdoch.

 

VIVENDI TV VIVENDI TV

A farsi avanti sono state Vivendi, presieduta da Vincent Bolloré, e Vodafone, oggi per la verità concentrata sullo scambio di partecipate con il colosso Liberty Media controllato da Jack Malone. Ad entrambi, comunque, la famiglia Murdoch ha opposto un prezzo di vendita esorbitante (il 73% in più delle quotazioni).

 

Ma la Borsa annusa aria di novità. Manco il tempo di digerire la notizia ed ecco che a Parigi si accendono altri fuochi di artificio. Patrick Drahi, il finanziere che un anno fa ha sfidato le ire del governo acquistando Sfr dalla stessa Vivendi, continua lo shopping. Ieri la sua Altice ha offerto dieci miliardi per Bouygues Telecom.

MARCO PATUANO MARCO PATUANO

 

In questo modo Drahi, che ha invano presentato un’offerta per T-Mobil, la controllata americana di Deutsche Telekom, aumenta la sua presa sul mercato. Ma il suo indebitamento, gestito con la consulenza di Morgan Stanley, sale a 33 miliardi. Più o meno la stessa cifra che grava sui conti di Telecom Italia, eredità che arriva da lontano e che ha limitato (e limita) la capacità di manovra dell’ex incumbent nella delicata partita della banda larga.

 

rupert murdoch al party fo rupert murdoch al party fo

Oggi, massimo domani, i riflettori si spostano proprio sua società guidata da Marco Patuano in cui farà il suo ingresso Vivendi, il colosso multimediale presieduto da Vincent Bolloré, che già entro fine settimana potrebbe annunciare di aver raggiunto una quota del 14,9%. Una scommessa curiosa, visto che, più o meno un anno fa, Vivendi ha ceduto il controllo di Sfr,concentrandosi sulla missione di fornitore di contenuti, attraverso Canal Plus e la musica di Universal.

 

La stessa offerta di Bolloré ai Murdoch nasceva da questa visione: dall’integrazione tra le piattaforme di Canal Plus e Sky poteva nascere una pay tv in grado di coprire sette mercati europei, con spalle abbastanza solide per reggere l’impatto con la concorrenza della tv via cavo o delle Telecom più aggressive, tipo Bt che ha stappato l’esclusiva della Premier League a Fox (sempre Murdoch) salvo poi regalarla, brutto colpo per sir Rupert, ai propri abbonati.

TELECOM ITALIA MEDIA TELECOM ITALIA MEDIA

 

Insomma, l’affondo di Bolloré in Telecom Italia suscita curiosità, anche perché la società non è ritenuta strategica, da quel che dice l’ad Arnaud de Puyfontaine. Un piccolo mistero anche agli occhi di Palazzo Chigi dove, si sa, cresce la tentazione di schierare la “nuova” Cdp nel capitale in funzione difensiva “dell’italianità”.

 

Il sospetto è che l’azionista Bolloré, concentrato nella creazione di un gruppo concentrato sui contenuti, possa usare Telecom come moneta di scambio in una strategia più vasta. Andrà così? Nulla si può escludere. Ma lo scenario competitivo è ben più vasto e complesso di quel che non emerga dalle diatribe nostrane su chi dovrà realizzare la banda larga. La realtà è che, come ben illustra il report diffuso ieri da Nomura, in Europa si è aperta una grande sfida alimentata, per la prima volta da dieci anni, dall’attesa di profitti crescenti per i competitors del Vecchio Continente. In parole più povere, il grande ballo delle fusioni è appena cominciato

 

 

 

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