VALTUR, L’ORA PIU’ DUR! L’AZIENDA FINISCE IN TRIBUNALE E LICENZIA- BEFFATO IL GOLDEN BOY DELLA FINANZA, ANDREA BONOMI: DOPO AVER SPESO 100 MILIONI PER I VILLAGGI DELL' IMPRENDITORE MONTENEGRINO FRANJO LJULJDJURAJ, ORA È COSTRETTO AL CONCORDATO - "FORNITI DATI DI BILANCIO SBAGLIATI"

-

Condividi questo articolo


Fabio Pavesi per la Verità

 

andrea bonomi andrea bonomi

Per uno come lui, abituato a comprare e vendere aziende per trarne profitto, deve essere stata dura. Dura per Andrea Bonomi, il mago della finanza, patron del gruppo di private equity Investindustrial, ritrovarsi dopo solo qualche mese dall' acquisto dei villaggi Valtur con una sorta di zombie in mano. Ed essersi accorto, così lui dice, che i conti del gruppo turistico non erano quelli esibiti all' atto dell' acquisto dall' imprenditore montenegrino (trapiantato in Veneto) Franjo Ljuljdjuraj.

 

Ora l' epilogo e la scelta drammatica (per i 1.000 lavoratori tra fissi e stagionali, di cui 100 viaggiano verso il licenziamento) di chiedere il concordato preventivo per il tour operator.

La vicenda Valtur appare più di una beffa per il golden boy della finanza. Bonomi con la sua Investindustrial entra in Valtur nell' aprile del 2016, rilevando le quote dalla Sofia di Ljuljdjuraj e dalla Nem la sgr della ex Popolare di Vicenza.

 

Franjo Ljuljdjuraj Franjo Ljuljdjuraj

Spende un centinaio di milioni e pensa di aver fatto un affare. L' affare diventa subito un boomerang. Già nel primo bilancio quello di ottobre del 2016, sei mesi dopo l' acquisto, ecco emergere i problemi. Ai primi conti dell' era Bonomi si scrive che da una verifica fatta da un advisor di Investindustrial i valori del debito finanziario netto e del capitale circolante netto sono difformi da quelli presentati dal venditore montenegrino e quindi il prezzo da riconoscere a Sofia viene tagliato seccamente. Ovviamente la famiglia Ljuljdjuraj non ci sta.

 

la diffida E parte la prima diffida in Tribunale. L' imprenditore di origine montenegrina vuole l' intero prezzo pattuito. Non solo, ma pochi mesi dopo l' acquisto di Valtur salta, cioè fallisce Oil, Obiettivo Italia lavoro, una società legata al venditore che offre servizi di hotellerie ai villaggi turistici. Bonomi è costretto a transare.

ANIMAZIONE VALTUR ANIMAZIONE VALTUR

 

La curatela fallimentare di Oil fa partire un lungo negoziato con Valtur, la società operativa, relativamente a servizi prestati negli esercizi 2012-2015 (quando i villaggi erano prima in amministrazione straordinaria ex legge Marzano e poi di proprietà Orogroup, dove Ljuljdjuraj era in maggioranza). Alla fine Valtur spa transa e sborsa 15,6 milioni «a saldo e stralcio» della transazione. Ma a questo punto è Bonomi a reagire.

 

La Valtur promuove a inizio del 2018 un' azione di responsabilità nei confronti di Ljuljdjuraj in quanto amministratore precedente della Valtur e denuncia gravi irregolarità nei rapporti tra la fallita Oil e la Valtur, gestita allora dall' imprenditore montenegrino, stimando un danno per il compratore di almeno 70 milioni.

 

È quindi battaglia legale a tutto campo tra il venditore e la Investindustrial che non pensava di trovarsi di fronte a tanta polvere sotto il tappeto. Morale. Solo sei mesi dopo lo shopping il bilancio di Valtur group spa si chiude con la bellezza di 89 milioni di perdite, più dell' intero fatturato.

 

andrea bonomi andrea bonomi

Oltre 60 milioni sono svalutazioni effettuate dagli uomini di Bonomi appena fatto ordine nei bilanci. Una perdita colossale che si mangia l' intero capitale che va pesantemente in rosso e con debiti a livello di gruppo per 89 milioni. Un crac lampo. E per il finanziere milanese non deve essere stato facile digerire l' amara sorpresa. A questo punto l' intero investimento di Bonomi si brucia. E margini per recuperare non se ne vedono.

 

Da qui la richiesta del concordato preventivo che non prevede, come hanno affermato i sindacati nel primo incontro al ministero, nessuna ristrutturazione del gruppo turistico da parte di Investindustrial.

 

valtur marina di ostuni valtur marina di ostuni

il concordatoIl concordato è la scialuppa scelta da Bonomi per tenere a bada i creditori. Poi dicono sempre i sindacati probabilmente si avvieranno cessioni dei singoli villaggi nella speranza (per Bonomi) di rientrare dall' investimento. Difficile che si faccia avanti un soggetto disposto a rilevare l' intero gruppo. E intanto si è già aperta la girandola delle compravendite.

 

La Cassa depositi e prestiti, come ha scritto La Repubblica nei giorni scorsi, ha comprato a metà novembre i tre resort di Ostuni, Marilleva e Pila. Prezzo della transazione (investimenti successivi a parte) 43,5 milioni. Quei tre resort sono passati di mano più volte. Nel 2005 era stata Pirelli re (poi Prelios) a comprare da Valtur quattro villaggi turistici, i tre in questione e in più Nicotera, per un valore di 103 milioni, lasciandoli in gestione allo stesso tour operator.

Valtur Valtur

 

Bonomi, appena approdato in Valtur ricompra da Prelios per 43,7 milioni gli stessi resort; tempo una manciata di mesi e Valtur, già in forte difficoltà, vende (con una gara) i tre villaggi a Cdp, per la stessa cifra. Quando si vende l' argenteria di famiglia vuol dire che i problemi finanziari sono gravi.

 

A rischiare oltre a Bonomi che non vuole perdere soldi sono i lavoratori e soprattutto i fornitori esposti per decine di milioni di euro che con il concordato, se verrà approvato, vedono congelati i loro crediti. Una storia amara. Per uno come Bonomi abituato alle grandi plusvalenze da ristrutturazioni di successo, Valtur appare quasi un incubo.

 

andrea bonomi andrea bonomi ANDREA bonomi ANDREA bonomi

 

valtur marilleva valtur marilleva andrea bonomi andrea bonomi

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT – JOE BIDEN VUOLE CHE GIORGIA MELONI METTA ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL G7 L’USO DEI BENI RUSSI CONGELATI. PER CONVINCERE LA DUCETTA HA SPEDITO A ROMA LA SUA FEDELISSIMA, GINA RAIMONDO, SEGRETARIO AL COMMERCIO – GLI AMERICANI PRETENDONO DALL’EUROPA UN'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DOPO TUTTI I MILIARDI CHE WASHINGTON HA POMPATO A ZELENSKY. MA METTERE MANO AI BENI RUSSI È UN ENORME RISCHIO PER L’UNIONE EUROPEA: POTREBBE SPINGERE ALTRI PAESI (CINA E INDIA SU TUTTI) A RIPENSARE AI LORO INVESTIMENTI NEL VECCHIO CONTINENTE…