Dagoreport
Diciamo che questa è una ricostruzione con tratti di “fantasia”, così che nessuno abbia da replicare. Chi ha la cortesia di leggere, se ne farà un’idea.
La storia contemporanea dei Consigli di amministrazione che non amministrano la Scala comincia nel 2005 quando il direttore Riccardo Muti, su carta di un hotel di Vienna, incomincia a scrivere ai consiglieri di allora chiedendo di cacciare il sovrintendente Carlo Fontana per portare da Cagliari Mauro Meli, detto in Scala “il chitarrista” per lo strumento che suonava.
A Cagliari parleranno poi di paurosi buchi di bilancio lasciati... Muti non è in Italia, ci vuole un po’ a capire che c’è lui dietro alle scelte dei consiglieri, e non spiega le ragioni della richiesta. Grande sostenitore del cambiamento di sovrintendente è il presidente di Mediaset, e allora consigliere Scala, Fedele Confalonieri, con Tronchetti Provera e altri. A opporsi è il sindaco Gabriele Albertini.
I maligni vedono dietro la richiesta la mano del controversissimo agente monegasco Valentin Proczynski (scomparso quest’anno) che, semplificando, ha porte aperte alla Scala per portare i suoi artisti, che li farebbe superpagare al Teatro alle Scala (quindi anche con soldi pubblici) e sottopagare quando, contemporaneamente, si esibiscono per la Filarmonica della Scala un’associazione privata.
gile bae, francesco micheli, andrea bocelli, arturo artom
I sindacati e l’orchestra si ribellano a questo disegno. Muti lascia e anche Fontana. Il critico del “Corriere della Sera”, Paolo Isotta, da vent’anni aedo di Muti, insorge: scandalo! Anni dopo, tra lui e Muti succederà qualcosa a Roma: da allora Muti diventerà uno che ha cercato di piazzare la figlia a fare la regista e che ha regalato alla moglie – con “capelli azzurri e tatuaggi” (scrive) – il Ravenna Festival. E’ la critica musicale, bellezza!
francesco micheli carlo fuortes
Il vicepresidente della Scala e uomo forte di Berlusconi, Bruno Ermolli, potrebbe allora scegliere come salvatore della baracca il finanziere amante della musica, molto noto nei salotti della sinistra ultarchic del centro storico milanese, Francesco Micheli, fondatore di e.Biscom/Fastweb (società che ha cablato Milano) e futuro presidente del festival Mito. Il suo socio fondatore in Fastweb, Silvio Scaglia, in quegli anni se la sta vedendo malissimo per due inchieste: il 23 febbraio 2010 finirà in prigione.
stephane lissner a bfm tv francese 7
Ma su Micheli, uomo colto e di mondo, che tiene un pianoforte a coda sul ponte della barca, a Milano pesa anche un’altra cosa non gradita: la scalata alla Bi-Invest con la quale fece fuori Carlo Bonomi, figlio Anna Bonomi Bolchini, la donna più ricca e amata dai salotti. Per altro, vendette subito dopo la Bi-Invest a Schimberni, presidente della Montedison poi confluita in Eni (la ben nota Enimont), di cui la Bi-Invest, attraverso Gemina di Romiti (dove era raccolta la cosiddetta “ala nobile del capitalismo italiano”) era azionista.
Ermolli sceglie invece come sovrintendente un poco noto francese, di famiglia ebrea ungherese, Stéphane Lissner, che porta come direttore musicale l’ebreo dai cinque passaporti Daniel Barenboim. La Scala è loro e hanno il compito di portare quella produzione europea che negli anni dominati da Muti era stata tenuta lontana dalle sacre porte. E così fanno, anche con ottimi spettacoli, con la continua ostilità nel Cda di due rappresentanti: Micheli, membro designato dal Governo, e Fiorenzo Tagliabue, membro nominato dalla Regione in mano a Lega e Forza Italia. Dopo anni di dissidi, Lissner non ce la fa più. Un giorno va dal ministro e gli dice: “O io o Micheli”. Il ministro toglie Micheli dal Cda. Lissner, però, non è certo uno stinco di santo!
MARANGHI grasso e pisapia e400bd2280178b6dc75012276f3413d8
Si fa rinnovare un oneroso contratto da Ermolli e poi, all’improvviso, lascia tutti in brache di tela e annuncia che se ne andrà all’Opera di Parigi. Portandosi come scalpo (così facevano i grandi conquistatori) una “schiava” italiana: è la ex moglie di Piero Maranghi, figlio del carismatico e incorruttibile ex presidente di Mediobanca, Vincenzo.
La bella (più alta che bella) lascia Maranghi per diventare la signora Lissner, e viene regolarmente sposata e con casa nel Marais. Oggi è già diventata una delle tante ex signore Lissner. Lui, che era anche direttore artistico, inciamperà in una trasmissione televisiva francese nella quale si dimostra incapace di riconoscere l’aria “Un bel dì vedremo…” dalla “Madama Butterfly” di Puccini.
pereira e franceschini 3472bedb1ef30aea3db02ec4758e8f3c
Alla Scala, comunque, ci risiamo. E’ ancora Ermolli – unico consigliere degli ultimi decenni che si è occupato realmente del teatro – a muovere le pedine. Sembrerebbe il momento di Micheli, che viene rinominato dal ministro Dario Franceschini nel Cda. Lui si offre anche “gratis” come sovrintendente. Un gesto di generosità o un errore fatale? Per gli altri consiglieri è buona la seconda. Ermolli – senza pagare una società di consulenza – sceglie da Salisburgo Alexander Pereira come nuovo sovrintendente.
Arriviamo così al cosiddetto affiancamento, una cosa “molto europea”, da “gran signori”, si dice. Ma qui siamo a metà strada tra l’Europa calvinista e il mondo levantino… e va malissimo. Lissner – che ha deciso lui di lasciare la Scala! – non agevola Pereira; anzi: non firma i contratti che Pereira gli sottopone per l’annata 2014-15, per altro in vista dell’Expo.
Così Pereira, per non saper né leggere né scrivere, incomincia a fermare quattro spettacoli che aveva fatto a Salisburgo e non erano mai stati visti a Milano. Apriti cielo! Siamo ancora negli anni dell’antiberlusconismo e del “conflitto di interessi” permanente. “La Repubblica”, dove sono vedovi di Lissner, con Micheli e altri accusano Pereira di conflitto di interessi: compra da Salisburgo per ripianare i debiti che ha fatto là.
giuseppe sala alexander pereira
In realtà, Aspesi e compagni non amano Pereira più che altro esteticamente, perché vedono in lui un parvenu che si è presentato al braccio di una brasiliana 24enne, Daniela De Souza, allora aspirante stilista ed ex fidanzata con un fotografo di Playboy.
Degli spettacoli presi da Salisburgo non sanno una cicca e non gli hanno mai visti. Ma anche la Chiesa rossa del centro storico di Milano prevede un “Non possumus”: è la tesi di “Repubblica” su Pereira.
FRANCESCO MICHELI STEFANE LISSNER
Viene allestito un processino a Pereira che trova, sorprendentemente, un ottimo avvocato difensore: il sindaco avvocato Pisapia. Che, dicono, detesti Micheli. Le beghe a sinistra, si sa, sono cosa endemica. Pereira la scampa, con disappunto della novantenne Aspesi, che Lissner faceva entrare, di nascosto, in un palco, alle primine under Trenta. Lissner non sopportava invece Isotta, per i suoi comportamenti censurabili (sbraitò in teatro contro una direttrice d’orchestra “femmina”). Lo cacciò dalla Scala come “persona non gradita”. De Bortoli, direttore del “Corriere”, che pure avrebbe spedito volentieri Isotta sulla luna, fu costretto a difenderlo per “la liberta di stampa”.
Arriva Expo, tutto bene, aumentano le aperture di sipario alla Scala e Pereira porta un po’ di soldi dall’estero (58 milioni, dice lui), cosa per la quale era stato chiamato da Ermolli: trovare soldi altrove visto che in Italia non ce ne sono più. Ma le critiche, di alcuni consiglieri, non mancano. Anche sul direttore scelto, Riccardo Chailly. Inoltre Ermolli, dopo Expo, lascia per questioni di salute. Pereira è completamente solo – e vuole star solo – a guidare la Scala.
Nel 2018 il dato di “riempimento sala” cala (nei primi cinque mesi del 2019, invece, è aumento da record); e così si riaccendono voci sul suo destino. Poi arriva l’affaire Arabia Saudita. L’accusa a Pereira è quella di aver pianificato l’ingresso nel Cda di un membro di quel Paese senza dirlo ai consiglieri, con tanto di deposito precauzionale di 3 milioni presso un notaio.
Non è del tutto vero. Il fatto che il Cda abbia potuto respingere questo ingresso dimostra che quella di Pereira era una ipotesi e che i consiglieri hanno avuto tempo e possibilità per stopparla. Si fa persino finta che questo accordo vada contro i diritti umani (ancora ieri scriveva così un quotidiano americano): basta leggere il nome dei consiglieri Scala per mettersi a ridere di questo. Ma nella sua ostilità a Pereira, Micheli ritrova un alleato con il quale non ha nulla in comune: di nuovo la leghista Regione Lombardia. Forse anche Claudio Descalzi, Ad di Eni e membro del Cda.
Per la Lega, impegnata nella guerra contro Sala per la riconquista di Milano - e alla quale della Scala non può fregare di meno perché frequentata da stranieri o da ricchi votanti di Calenda - gli storyelling che si possono imbastire sulla questione Arabia Saudita sono due: guarda che bravi che siamo che portiamo la nostra musica nel Golfo Persico; oppure guarda questo Sala che vuol vendere ai musulmani la nostra amata Scala. Questo secondo racconto è molto più facile ed efficace da divulgare; e la Lega lo sceglie. Da quel momento, Pereira diventa del tutto sacrificabile nella guerra Lega-Sala.
Curiosamente il rappresentante della Lega nel Cda è Philippe Daverio che nelle ultime elezioni europee era candidato contro la Lega in “Più Europa”. Ma non importa. L’importante, dicono tutti, è che dopo due stranieri il futuro sovrintendente sia un italiano.
Del resto, siamo il Paese con il maggior numero di teatri lirici del mondo, la lirica è nata qui, avremo pur un italiano che sa fare il sovrintendente?
Come no! Comunque sia, Daverio, alsaziano e europeista, è il rappresentate dei cittadini lombardi che, però, votano Lega, mentre Micheli e la industriale farmaceutica Margherita Zambon sono i rappresentanti dei cittadini italiani che danno alla Scala 30 milioni all’anno: perché loro?
Gli altri consiglieri sono, per lo più, banchieri e industriali che rappresentano le loro aziende e non hanno un minuto di tempo da dedicare alla Scala. Facciamo un solo esempio per capirci: l’Ad dell’Eni, Claudio Descalzi, tra un viaggio in Africa e uno sulle piattaforme petrolifere ha tempo di occuparsi di chi deve cantare alla Scala? Domanda: l’Eni, per esempio, non poteva nominare come suo rappresentante nel Cda Scala il suo ex amministratore, ora in pensione (quindi con tempo a disposizione), Vittorio Mincato, esperto di musica lirica e appassionato cultore di Wagner a Bayreuth?
Comunque, Pereira è senza difese politiche, quindi colpibile. Intanto gli sarebbe stato chiesto dai consiglieri-masnadieri un po’ di tutto. Ma noi non ci crediamo. C’è chi gli avrebbe chiesto la testa di Chailly in cambio della sua permanenza; lui fa orecchie da mercante e inoltre il sostituto suggerito, Daniele Gatti, è finito nella ragnatela del #metoo.
Questo movimento muove le sue accuse con lo stesso fervore che animava gli studenti della Rivoluzione culturale maoista quando fustigavano i professori, rei di conoscere qualcosa. Non si scampa. In un’epoca imprecisata, Gatti avrebbe fatto avances sbagliate a un ignoto soprano e quindi ora, nei Paesi dove vige il totalitarismo politically-correct, non puoi portarlo.
carlo fuortes carla e aurelio regina
C’è chi avrebbe chiesto a Pereira di far suonare alla Scala l’apprezzata 25enne pianista olandese di origine coreana Gile Bae, ma Pereira ha nicchiato. La pianista ha eseguito le sue Variazioni Goldberg di Bach al Conservatorio, e il dopolavoro Eni ha venduto i biglietti per lei a due euro. C’è chi vorrebbe altri concerti in Regione, chi altro ancora…
Il coraggiosissimo sindaco (noi lo vediamo così), sotto attacco della Lega e con mini-fronda interna anti Pereira, ha intanto studiato un metodo perfetto per sostituirlo, “eventualmente” (così è detto). Secondo alcuni – ma sono dei malpensanti - è il metodo scaricabarile, che ricorda da vicino quello usato per i concorsi universitari: prima scegliamo il candidato che voglio far vincere, poi organizziamo metodologicamente il percorso in modo che esca quello che vogliamo, ma senza che siamo stati noi a sceglierlo.
Il candidato scelto è Carlo Fuortes dell’Opera di Roma: è italiano, ha fatto bene a Roma, è vicino al centrosinistra… Viene scelta per sceglierlo la società di cacciatori di teste Egon Zehnder, il cui consigliere d’alto bordo è Aurelio Regina. Regina è colui che ha scelto Fuortes a Roma e che ha lavorato con lui.
Qui nessuno lo sa, la cosa andrà benissimo. Infatti, Egon Zehnder lo seleziona con altri, poi tre consiglieri scremano la crema dei cacciatori e arrivano a soli due nomi: quello di Fuortes e un secondo che, come nei migliori concorsi universitari, non può dare fastidio: lo straniero Dominique Meyer, 64enne alsaziano della Staatsoper di Vienna. Siccome tutti vogliono un italiano questo è il perfetto non-candidato. Delle sue stagioni alla Staatsoper non c’è un critico musicale in tutta Italia che ricordi uno spettacolo: nessuno né ha visto uno.
Salvini Verdini Pereira alla Scala
Ma c’è un doppio intoppo. Un noto banchiere e consigliere Scala, che è, diciamo, in conflitto di interessi con il sindaco, si accorge che c’è un po’ di conflitto di interessi pure in questa triangolazione Zehnder-Regina-Fuortes e poi non gli va di fare la comparsa: lui vorrebbe un italiano, anzi forse vorrebbe Fortunato Ortombina, sovrintendente della Fenice tolto dai radar. Inoltre la Cgil, che già fece saltare Meli nel 2005, dà un altolà: con Fuortes, che ha (secondo loro) decimato i lavoratori a Roma, è sciopero sicuro e subito.
Una scelta, sensata, ci sarebbe: prorogare Pereira e lasciare che sia il prossimo Cda – questo scade a fine anno – a scegliersi il sovrintendente con il quale vorrà lavorare nel futuro. Invece no.
E’ la solita italianata: vediamo chi ce l’ha più duro. La Lega ce l’ha duro, diceva Bossi; ma anche gli altri (si fa per dire, data l’età!) Fuortes non passa; e quando lo viene a sapere lui stesso si sfila. Ma allora non può passare nemmeno Pereira, dicono gli altri. Il quale, appoggiato dall’endorsment di Chailly, ha detto però di essere disponibile alla non conferma purché lo proroghino sino al 2022, quando finisce Chailly e quando finiscono le stagioni da lui pianificate. Gli anti Pereira vorrebbero invece, oltre al non rinnovo, la sua testa subito.
ALEXANDER PEREIRA E LA MOGLIE SCALA
Il sindaco è ormai messo in mezzo. Come nei migliori melodrammi, per non manifestare che è tutta “una burla”, come dice sir Falstaff, a questo punto ha le spalle al muro. Lui ha istruito il percorso con Egon Zehnder e adesso deve riferire se c’è qualcuno meglio di Pereira o no. E, in teoria, dire in cosa è meglio o diverso da Pereira, per che tipo di teatro, per quale sviluppo e quando viene…. Solo che sindaco e Cda sono rimasti con il cerino in mano: il cerino è il non-candidato Dominique Meyer, sopravvissuto ai soliti veti incrociati.
Così ieri, dopo il Cda, il sindaco se ne è uscito dicendo che Pereira non sarebbe più stato sovrintendente, ma senza dire da quando. Che si è trovato “consenso” (di tutti?) su un nuovo soprintendente, ma senza dire chi, perché lo “potete immaginare”. E si è preso dieci giorni per sistemare la matassa. Che è esplosiva. Ricordando proprio quel 2005, dal quale questa storia è iniziata. I sindacati ricordano anche che, nell’ottobre scorso, il sindaco aveva promesso loro un incontro sulla “futura gestione della Scala”. Non lo hanno avuto e loro, in fondo, sono per Pereira, con il quale hanno siglato un accordo molto vantaggioso.
Le chiavi della Scala sono in mano a due persone: Pereira e il direttore generale Maria Di Freda. Quest’ultima è in smaltimento ferie pre-pensione. Pereira, se non resta sino al 2022, potrebbe andarsene, offeso, anche subito. Sarebbe il caos, come nel 2005. Salvo, il paradosso massimo: nominare la pensionata Di Freda sovrintendente pro-tempore per passare le carte a Meyer. Il quale, comunque, formalmente, termina a fine 2020 alla Staatsoper.
Niente di nuovo per un teatro che vive di melodrammi, colpi di scena, capovolgimenti, con direttori d’orchestra che fingono di amarsi, consiglieri-masnadieri che non hanno tempo per il teatro, sovrintendenti che stanno da soli, sindacati sempre pronti a chiedere e, naturalmente, nessuna idea di sviluppo.
E’ giusto che Madonna possa cantare alla Scala in futuro oppure no? Vanno bene le sfilate di moda sul palco? Ci vogliono spettacoli di produzione o vanno bene stagioni di cartellone? Ci vuole la musica contemporanea? Quanto deve lavorare, in sede, il direttore musicale? Facciamo una messa a punto dei rapporti tra Scala e Filarmonica della Scala? E’ possibile che, tradizionali o sperimentali, si fischino sempre le regie? Chi fa fund-raising? Quale sarà il futuro dei Laboratori Ansaldo? Boh. Il ministro cosa dice? Boh, mai detto niente, il ministro. Il sindaco cosa ha in mente? Limare, trovare la quadra, come diceva Bossi, debellare la Lega. Pereira andrà a Riyad?
La Barcaccia lo spinge verso il San Carlo di Napoli. Si porterà dietro gli sponsor? Boh. E i consiglieri? Beh, quelli tra nove mesi non ci sono più! E la Lega sa che Meyer, oltreché non italiano, ha lavorato con la ministra francese figlia del fondatore del Partito Comunista Italiano? Boh boh boh. Aspettiamo il prossimo atto.
maria di freda STEFANO BOLOGNINI - MATTEO SALVINI - ALEXANDER PEREIRA