1.”IL DIAVOLO CERCA LA GUERRA IN VATICANO”? TRANQUILLI, CI PENSA IL PAPA “DEVIL-BUSTER”! 2. NEL MIRINO DI BERGOGLIO, DOPO AVER SILURATO L’EX SEGRETARIO DI STATO BERTONE, C’È ANGELO BAGNASCO, DAL 2007 PADRONE INDISCUSSO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE, DOVE SI DISEGNANO I RAPPORTI DI POTERE TRA VATICANO E STATO ITALIANO 3. BAGNASCO E I TRE VICEPRESIDENTI SONO PRONTI ALLE DIMISSIONI DOPO AVER FIUTATO L’INSOFFERENZA VERSO IL “PARTITO DEI VESCOVI” ACCUSATO, GIÀ IN CONCLAVE, DI AVER CONTRIBUITO ALLA GUERRA DI POTERE E AI VELENI NELLA CURIA ROMANA 4. PAPA FRANCESCO PRIMA LIMITERÀ IL NUMERO DELLE DIOCESI E POI IMPORRÀ CHE IL PRESIDENTE DELLA CEI NON SIA PIÙ NOMINATO DAL PONTEFICE MA VENGA ELETTO DAI VESCOVI

1 - IL PAPA RIVOLUZIONA LA CEI BAGNASCO PRONTO A LASCIARE
Massimo Franco per il "Corriere della Sera"

Il vertice della Conferenza episcopale italiana (Cei) avrebbe rimesso il proprio mandato nelle mani di papa Francesco. Il cardinale Angelo Bagnasco e i tre vicepresidenti sarebbero pronti alle dimissioni. È il primo effetto della «fase due» della rivoluzione di Francesco, che finora si è concentrata sulla Curia, e la conferma che la crisi della Chiesa cattolica non riguarda soltanto un ambito e una nomenclatura, ma l'intero «partito italiano» ecclesiastico. L'attenzione e gli appelli insistiti del Pontefice, sullo sfondo della riforma e degli scandali dello Ior, avevano velato questo versante.

I riflettori avevano seguito soprattutto la sostituzione al rallentatore del Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, con monsignor Pietro Parolin, e le implicazioni di questo cambio al vertice.
Ma negli ultimi giorni ha cominciato a prendere corpo anche il problema della Conferenza episcopale italiana. Agli occhi del Conclave che ha eletto il 13 marzo scorso Jorge Mario Bergoglio, la crisi che ha portato alle dimissioni di Benedetto XVI è nata da conflitti «romani» nei quali le responsabilità si sono mescolate e confuse. La conseguenza sarà quella di riscrivere la geografia e le coordinate del potere ecclesiastico in Italia.

Per gli episcopati mondiali, il ruolo controverso di Bertone non ha evitato di mettere in discussione anche il vertice della Cei, con il quale il «primo ministro» si era scontrato a lungo. Il loro sordo conflitto ha finito per appannare l'intero «partito italiano», approdato al Conclave tanto numeroso quanto diviso e guardato con ostilità. Francesco ha ribadito che i rapporti con la politica italiana spettano alla Cei, chiudendo una lunga e logorante disputa con la Segreteria di Stato. Ma gli ultimi giorni avrebbero confermato anche la volontà del Papa di riformare in profondità la Conferenza guidata da Bagnasco.

Nel documento approvato il 25 settembre non si trova traccia della possibilità di un passo indietro del vertice della Cei. L'unico riferimento, assai vago, è quello alla «piena e cordiale disponibilità» a fare proprie le indicazioni date da Bergoglio in alcuni colloqui avuti con Bagnasco: alcuni noti, altri rimasti segreti come quello del 21 settembre scorso.

Sono state udienze non rituali, nelle quali, spiegano in Vaticano, l'agenda del capo dei vescovi italiani si è dovuta adattare a quella del Pontefice. Francesco ha fatto capire chiaramente che ha captato uno scontento diffuso; e che spetta agli stessi vescovi dire se qualcosa non va nel modo di lavorare dei vertici della Cei.

Nel Consiglio finito il 25 settembre ci sarebbe stata una discussione sull'opportunità o meno di fare un riferimento esplicito all'offerta di dimissioni: sebbene il pontefice non le abbia chieste né voglia provocarle. Anzi, a chi lo incontra Francesco assicura di non avere nessuna fretta: il suo unico obiettivo è che la Chiesa italiana cambi registro e cultura.

Significa fermare un'elefantiasi che ha reso l'episcopato burocratico e autoreferenziale, malato in alcuni casi di carrierismo e incline a ostentare un'immagine di potere in contraddizione con la frugalità di Casa Santa Marta, la residenza papale in Vaticano. Uno dei pochi aspetti sui quali Bergoglio si è espresso con parole di incoraggiamento sarebbe stato il «progetto culturale» della Cei.

Per vescovi che non sono riusciti ancora a entrare in sintonia con un Papa sudamericano, non più europeo e tanto meno italiano, i segnali sono inequivoci. E hanno provocato per reazione un tentativo di assecondare con assoluto zelo la volontà papale, perfino forzandola. L'idea di distribuire un questionario nel quale i vescovi debbono esprimere le proprie idee sul modo di operare della Cei e su come va eletto il presidente, è spuntata all'ultimo Consiglio tenutosi dal 23 al 25 settembre, ed è sintomatica.

Risponde alla sollecitazione papale di dare maggiore peso alle conferenze regionali; di tornare a un potere collegiale, ridurre il verticismo e l'autoreferenzialità; e di limitare progressivamente il numero delle diocesi che si sono gonfiate in modo anomalo. Insomma, anche la Chiesa italiana che fino a una ventina di anni fa era considerata un modello, dovrà rivedere totalmente le proprie coordinate perché è parte integrante della crisi.

Non si può escludere che alla fine della consultazione cambi anche il modo in cui viene scelto il presidente: non più, cioè, nominato direttamente dal Papa, ma eletto dagli altri vescovi, come avviene negli altri episcopati. In questo caso, entro il 2014 quello che oggi è un gesto privato di Bagnasco, potrebbe diventare ufficiale.

D'altronde, è una fase nella quale ognuno sta cercando di misurare i propri interlocutori e di trovare un ruolo. Cardinali legati a Bertone come Gianfranco Ravasi o Giuseppe Bertello, che era additato come candidato alla Segreteria di Stato, cercano un difficile equilibrio fra i referenti del passato e il nuovo pontificato. Qualcuno, come il segretario della Cei, Mariano Crociata, resiste alle indicazioni di Francesco e dice no alla proposta di diventare cappellano militare, nel silenzio di Bagnasco.

Ancora, sotto voce ci sono cardinali che criticano Francesco per una presunta difficoltà a capire la complessità dell'Italia; e per la tendenza a favorire il protagonismo di alcuni gesuiti e a decidere le nomine senza consultarsi con nessuno. Ma sono solo effetti collaterali di una transizione inesorabile, programmata da tempo e che trova molti degli «italiani» spiazzati e tenuti all'oscuro di scelte strategiche maturate da tempo e al di fuori dei circuiti tradizionali del potere vaticano.

È indicativo il dettaglio sulla scelta di Parolin, rivelato dal cardinale Oscar Rodrìguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e vicinissimo a Bergoglio. Maradiaga, che coordina la commissione chiamata a riformare la Curia, ha raccontato a monsignor Thomas Rosica, direttore della tv canadese Salt and Light, che occorrerà tempo per ridisegnare il governo.

Ma ha anche raccontato che appena quattro giorni dopo la fine del Conclave, Francesco aveva già deciso di nominare Parolin al posto di Bertone come segretario di Stato. Come si sa, la notizia è stata poi ufficializzata solo il 31 agosto. Ma il particolare fornito da Maradiaga aggiunge sale sulle ferite di un «partito italiano» che aveva spedito Parolin come nunzio in Venezuela per allontanarlo dal cuore del potere vaticano.

2 - «IL DIAVOLO CERCA LA GUERRA IN VATICANO»
Gian Guido Vecchi per il "Corriere della Sera"

«Il diavolo cerca una guerra interna, una sorta di guerra civile e spirituale». Francesco si rivolge ai gendarmi vaticani che indagarono su Vatileaks e chiede loro di difendere la Santa Sede dalla «zizzania delle chiacchiere», perché c'è «una tentazione che al diavolo piace tanto: le insidie contro l'unità di quelli che vivono e lavorano in Vaticano». Sono parole che richiamano ciò che Paolo VI disse il 29 giugno 1972: «Ho la sensazione che da qualche fessura il fumo di Satana sia entrato nel tempio di Dio».

In Vaticano c'è un pertugio dal quale il diavolo stilla il suo veleno, le «chiacchiere» che, dice Francesco, devono essere una «lingua vietata». Parole che aveva già evocato a luglio, quando consacrò il piccolo Stato a San Michele Arcangelo («Gli chiediamo che ci difenda dal Maligno e lo getti fuori... Sii tu il baluardo contro ogni macchinazione che minaccia la serenità della Chiesa») e sono tanto più importanti alla vigilia di una settimana fondamentale per la sua riforma.

E non è solo perché da martedì a giovedì inizierà a riunirsi la Consulta di otto cardinali da tutti i continenti per cominciare a esaminare col pontefice i progetti di riforma della Curia. Francesco ha spiegato che le prime riunioni non basteranno e comunque «la prima riforma dev'essere quella dell'atteggiamento», l'annuncio evangelico di una Chiesa che sappia «riscaldare i cuori», mentre «le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, vengono dopo» e non «a breve» perché c'è bisogno del «tempo del discernimento» per «un cambiamento vero, efficace».

Decisivo, piuttosto, sarà il viaggio di venerdì ad Assisi del primo Papa che ha scelto il nome di Francesco, il discorso del primo successore di Pietro che entrerà nella «Stanza della spoliazione» dove il santo si spogliò di vesti e ricchezze. Il senso della Chiesa povera di Bergoglio è quello che San Francesco scrisse nel testamento: «Vivere secondo la forma del santo Vangelo».

 

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