maurizio belpietro matteo renzi

“L’ATTRIBUTO ‘BULLO’ NON PUÒ ESSERE CONSIDERATO DIFFAMATORIO” – IL GIUDICE CIVILE DI FIRENZE, SUSANNA ZANDA, HA CONDANNATO RENZI A PAGARE 38MILA EURO DI SPESE DI LITE, IN UNA CAUSA CONTRO “LA VERITÀ”: MATTEONZO AVEVA ACCUSATO IL QUOTIDIANO DI BELPIETRO DI UNA CAMPAGNA DIFFAMATORIA LUNGA QUATTRO ANNI E AVEVA CHIESTO 2 MILIONI DI EURO. MA IL GIUDICE L’HA STANGATO: “È UNA CIFRA ECCESSIVA E SPROPORZIONATA. IL MASSIMO CHE SI POTREBBE RICHIEDERE È 50MILA EURO…” - LA GIUDICE È LA STESSA CHE HA ACCUSATO L'EX PREMIER DI "USARE IL TRIBUNALE COME UN BANCOMAT", IN UNA CAUSA CONTRO TRAVAGLIO

 

Estratto dell’articolo di Giacomo Amadori per “La Verità”

 

matteo renzi con la pancia 1

Matteo Renzi oggi fa il giornalista nel tempo che gli lasciano gli altri suoi mestieri: senatore, lobbista, conferenziere e advisor del principe saudita Mohamed bin Salman. Ma prima di sedersi sulla poltrona di direttore editoriale del Riformista ha chiesto di processare La Verità per centinaia di articoli, una lite considerata dal difensore del nostro giornale, Claudio Mangiafico, ai limiti della temerarietà.

 

Il giudice civile di Firenze Susanna Zanda ha dato ragione al nostro difensore, ha definito la domanda del fu Rottamatore «infondata» e ha condannato Renzi a pagare 38.000 euro di spese di lite. In passato il fu Rottamatore aveva mandato avanti i familiari nelle cause contro di noi, ma nel 2020 si era messo in proprio e aveva deciso di farcele pagare tutte insieme, accusandoci di aver orchestrato una campagna mediatica diffamatoria lunga quattro anni.

 

MATTEO E TIZIANO RENZI

Per esempio, con notevole sforzo di ricerca […], è riuscito a contare 583 articoli e 134 prime pagine in cui era definito «Bullo». Ma si era lamentato anche di essere stato chiamato «Gran Cazzaro», «Premier Cazzaro», «Ducetto», «Ducetto fiorentino», «Ducetto di Rignano» e «Premier Cazzone».

 

Il giudice, nella sentenza di 36 pagine, sciorina un’ampia giurisprudenza, che va dai provvedimenti nazionali a quelli sovranazionali, compresi quelli della Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu), a cui spesso tocca comporre il conflitto tra libertà di stampa e reputazione.

 

Per esempio la Zanda cita una sentenza contro la Turchia da cui si ricava […] che «nei confronti dell’homo publicus la Cedu ammette una particolare virulenza e anche una dose di esagerazione e di provocazione» e che «nella sua giurisprudenza non vi è traccia di un dovere di moderazione del linguaggio».

MARCO TRAVAGLIO CON CARTA IGIENICA GRIFFATA RENZI

 

Il giudice ricorda, inoltre, che l’articolo 10 della Convenzione per i diritti dell’uomo «viene interpretata in senso di massima espansione della liberta di espressione in caso di critica politica o di satira politica, senza quasi alcun limite […]» e che una sentenza del tribunale di Roma, sfavorevole alle doglianze di Silvio Berlusconi, sosteneva che l’articolo 21 della Costituzione è teso «a proteggere la liberta proprio di quelle opinioni che urtano, scuotono o inquietano».

 

Per la Zanda, dunque, «si puo concludere che l’attributo “bullo” quand’anche ripetuto e diffusamente impiegato verso uno stesso uomo politico non possa essere considerato diffamatorio».

 

matteo renzi mangia prosicutto

Renzi ci ha anche portati in aula per diversi articoli che contenevano un accostamento della sua persona con i guai giudiziari che riguardavano i suoi familiari o i suoi collaboratori.

 

Nel lungo elenco rientravano le inchieste sulla presunta truffa ai danni dell’Unicef che coinvolge il cognato, sulle bancarotte delle cooperative riconducibili ai genitori, sui maneggi intorno agli appalti Consip, sui finanziamenti alla fondazione Open, sull’acquisto della villa fiorentina dell’ex segretario Pd effettuato grazie ai generosi bonifici di alcuni amici, ma anche un articolo su un 25 aprile trascorso da Renzi in Arabia Saudita.

 

Riguardo a tutti questi casi il giudice si limita a osservare che «non risulta che sia stato scritto il falso ossia che l’attore (Renzi, ndr) fosse iscritto nel registro degli indagati», ma che era solo «stato rappresentato un oggettivo e soggettivo collegamento di quei fatti e delle persone coinvolte» al leader di Italia viva, «in quanto oggettivamente parenti o affini».

 

Per la Zanda, «d’altra parte, è di interesse pubblico sapere che per esempio i genitori o i fratelli del cognato di un uomo che abbia la gestione della Cosa pubblica siano indagati per reati come quelli descritti negli articoli di cui si duole» l’ex sindaco di Firenze.

TIZIANO RENZI

Il quale, a parere del giudice, «dunque fondamentalmente vorrebbe impedire al libero giornalismo di informare la popolazione di questi fatti, solamente perché egli non era iscritto nel registro degli indagati». Una sottolineatura che non è esattamente una medaglia per chi oggi si misura con il mestiere del giornalista.

 

La conclusione del giudice è coerente con quanto sopra esposto e non lascia spazio alle lagnanze del «Bullo»: «Per tutti questi motivi la domanda e destituita di fondamento in quanto tutte le condotte descritte in citazione sono espressive della liberta di espressione», scrive la toga, «e non possono essere censurate con una condanna di risarcimento dei danni».

 

matteo renzi marco travaglio - meme by vukic

La Zanda bacchetta Renzi anche per la somma, definita «eccessiva», che aveva richiesto (2 milioni di euro), «ossia quasi sette volte il pretium doloris della perdita di un figlio, secondo le tabelle milanesi per il danno parentale». Il giudice ricorda anche che «il massimo che ordinariamente si potrebbe richiedere per diffamazione e la somma di 50.000 euro».

 

[…] Ma proprio per questa ingordigia, anche le spese legali che dovrà rifondere sono sostanziose, essendo «calibrate sull’importo della domanda rigettata». Il giudice che ha rispedito al mittente le richieste del leader milionario è lo stesso che ha accusato l’ex capo del governo, in una causa contro Marco Travaglio, di «usare il tribunale civile come una sorta di bancomat dal quale attingere somme per il proprio sostentamento, anche quando lo si coinvolge senza alcun fondamento» e che lo ha condannato a pagare 42.000 euro per «abuso dello strumento processuale», oltre ad altri 30.000 euro di spese legali.

 

matteo renzi mangia la pizza

Adesso la Zanda, già presa di mira dal Riformista di Renzi, rischia di subire il trattamento già riservato ai pm che hanno osato processare i genitori del fu Rottamatore, il quale nei giorni scorsi […] aveva […] mischiato le carte e scritto sui social: «La decisione della Corte di cassazione chiude un processo, quello contro i miei genitori, che non avrebbe mai dovuto essere aperto. Solo l’ostinazione pervicace e ideologica della Procura di Firenze ha costretto lo Stato italiano a spendere centinaia di migliaia di euro del contribuente per una vicenda giuridicamente inesistente».

 

In realtà, secondo i giudici di Appello, che avevano già assolto Tiziano e Laura, «inesistente» e «insussistente» era il «progettino» che aveva consentito alla coppia di fatturare circa 200.000 euro.

 

Ma per le toghe babbo e mamma non avevano emesso le fatture farlocche per consentire a terzi l’evasione fiscale, ovvero non avevano commesso il reato che i pm gli avevano contestato. Chi, invece, nello stesso processo, è stato accusato di truffa per quei pagamenti, è stato condannato in via definitiva. In un altro […] tweet Renzi ha sparato sull’intera Procura di Firenze che lo ha indagato per finanziamento illecito, definita «delegittimata e squalificata». Ma nonostante qualche giornale amico ancora gli vada dietro, sembra che almeno i giudici abbiano capito perché al suo paese Matteo fosse soprannominato «il Bomba».

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…

silvia toffanin francesca fialdini giorgia cardinaletti tommaso zorzi alessandro giuli pietro tatafiore barbara castorina

A LUME DI CANDELA - TOMMASINO ZORZI NON SARÀ OPINIONISTA AL “GRANDE FRATELLO”: NONOSTANTE LE SPINTE DI CASCHETTO, IL SUO NOME È STATO BOCCIATO – CI MANCAVA IL MINISTRO GIULI-VO IN VERSIONE OFFICIANTE: HA CELEBRATO IL MATRIMONIO DEL SUO CAPO UFFICIO STAMPA, PIERO TATAFIORE, CON BARBARA CASTORINA, TITOLARE DELL'AGENZIA VISVERBI CHE HA ASSISTITO IN PASSATO PROFESSIONALMENTE GIULI (AVRÀ RIFILATO UN ALTRO PIPPOZZO SUL “PENSIERO SOLARE”?) - BIANCA BERLINGUER E ILARIA D'AMICO (CHE LASCIA CASCHETTO) NELL'AGENZIA DI PRESTA - GIORGIA CARDINALETTI AL POSTO DI FRANCESCA FIALDINI - DOPO LA CHIUSURA DI TANGO, COSTAMAGNA OSPITE SU RETE 4 (NEL PROGRAMMA DOVE LAVORA IL SUO COMPAGNO) - LUI È UN POLITICO DI PRIMO PIANO, LEI È UNA BELLA GIORNALISTA. I DUE SONO STATI AMANTI E LUI HA FAVORITO LA SUA ASCESA. DURANTE UNA RECENTE INTERVISTA HANNO FATTO FINTA DI NON CONOSCERSI DANDOSI DEL LEI. DI CHI STIAMO PARLANDO?

luca zaia matteo salvini francesco acquaroli conte bonelli schlein fratoianni matteo ricci

DAGOREPORT - DALLA RIFORMA ELETTORALE AL RIMPASTO DI GOVERNO, IL FUTURO DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È APPESO COME UN CACIOCAVALLO AL SUO PRIMO TEST CRUCIALE: LE REGIONALI – SCATENEREBBE UNO SCONQUASSO NELLA LITIGIOSA COALIZIONE DI GOVERNO SE FRATELLI D'ITALIA DOVESSE PERDERE LE MARCHE, DOVE LA RICONFERMA DEL MELONIANO ACQUAROLI E' INCERTA - A QUEL PUNTO, A NOVEMBRE, LA MELONA VORRÀ ASSOLUTAMENTE IMPORRE UN CANDIDATO ALLA FIAMMA NEL VENETO LEGHISTA - LA DUCETTA HA BEN RAGIONE DI PRETENDERLO: MALGRADO IL SUO 28-29%, ATTUALMENTE FDI GOVERNA SOLO IN TRE REGIONI: MARCHE, ABRUZZO E LAZIO - PER FARCELA, LA DUCETTA DOVRA' CONVINCERE LUCA ZAIA AD APPOGGIARE, COL 40% DI CONSENSI DI CUI GODE LA SUA LISTA, IL SUO CANDIDATO ALLA PRESIDENZA - NEL CASO IN CUI IL "DOGE" NON ACCETTI LA PROPOSTA, A QUEL PUNTO, GIÀ TAGLIATO FUORI DA SALVINI, LE AMBIZIONI DI ZAIA DI RICOPRIRE UN DOMANI LA PRESIDENZA DELL'ENI O MAGARI LA CARICA DI MINISTRO DOVRA' RIPORLE NEL CASSETTO DEI SOGNI...

stefano belingardi clusoni belen rodriguez

DAGOREPORT - LA ''FARFALLINA'' DI BELEN È TORNATA A BATTERE. DOPO UN’ESTATE TURBOLENTA DI SCAZZI E POLEMICHE, PER LA "SCIO-GIRL" ARGENTINA È ARRIVATO UN NUOVO E AITANTE  BELLIMBUSTO - LUI È STEFANO BELINGARDI CLUSONI, ARCHITETTO MILANESE CHE, CON IL SUO STUDIO "BE.ST", NEGLI ULTIMI ANNI HA RIDISEGNATO LO SKYLINE DELLA CITTÀ MENEGHINA - GALEOTTO UN LOCALE IN SARDEGNA, DOVE I DUE SONO STATI PIZZICATI A BACIARSI CON PASSIONE, INCURANTI DEGLI SGUARDI INDISCRETI - A CONFERMARE LA LIASON È LA STESSA BELEN CON UN CAROSELLO DI FOTO SU INSTAGRAM SULLE SUE "HERMOSAS VACACIONES” -DALLO SCAZZO CON IL BENZINAIO ALLE PATATINE LANCIATE IN UN LOCALE: L’ESTATE IRREQUIETA DELL'EX DI CORONA E DE MARTINO - VIDEO

stefano de martino striscia la notizia antonio ricci gerry scotti la ruota della fortuna pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - PIER SILVIO, QUESTA VOLTA, HA VINTO. PIAZZARE LA “RUOTA DELLA FORTUNA” NEL VUOTO PNEUMATICO DELLA PROGRAMMAZIONE ESTIVA, È STATA UNA MOSSA SCALTRA ALL’INSEGNA DI UN SOLO IMPERATIVO: FIDELIZZARE IL PUBBLICO DEI TELE-MORENTI - L’OPERAZIONE È RIUSCITA, IL PAZIENTE È ANCORA IN VITA, MA È SOLO IL PRIMO ROUND DI UNA GUERRA ANCORA MOLTO LUNGA: GIÀ IN SOVRAPPOSIZIONE, IERI SERA, “AFFARI TUOI” ERA LEGGERMENTE IN VANTAGGIO SUL PROGRAMMA DI GERRY SCOTTI, E LA SCELTA DI FAR RIPARTIRE LA TRASMISSIONE DI DE MARTINO DI MARTEDÌ, ANZICHE' DI LUNEDI', HA LASCIATO INTERDETTI GLI ADDETTI AI PALINSESTI - COMUNQUE VADA IL DUELLO NEI PROSSIMI DUE MESI, “PIER DUDI”, ALLA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, ERA STATO CATEGORICO: "'STRISCIA LA NOTIZIA' INIZIERÀ A NOVEMBRE. ANCHE SE CIÒ CHE VA IN ONDA, E NON SARÀ COSÌ, DOVESSE FARE UN TRILIONE DI ASCOLTI" - GLI ESORDI CON MARIA DE FILIPPI, IL FLOP ALL'''ISOLA DEI FAMOSI'' CONDOTTA DALLA MARCUZZI, PRESTA CHE LO SBOLOGNA E LA RISCOSSA CON CASCHETTO (E TANTI ''PACCHI'' A MO' DI CULO): L'IRRESISTIBILE ASCESA DI STEFANO DE MARTINO, ALFIERE DI RAI-MELONI, CHE SOGNA IL FESTIVAL DI SANREMO - VIDEO