CARO TI COSTA 'STO “CONCERTO” – SE VENISSE AVVIATA UN’INDAGINE DELLA COMMISSIONE EUROPEA SULLA CESSIONE DELLE QUOTE DI MPS, IL MONTE DEI PASCHI POTREBBE ESSERE COSTRETTO A RESTITUIRE AL TESORO I DIECI MILIARDI DI AIUTI PUBBLICI RICEVUTI DALLO STATO – LA CONSOB, INVECE, POTREBBE IMPORRE L’OPA SU GENERALI (OBIETTIVO FINALE DELL’OPERAZIONE): IN QUESTO CASO A CALTAGIRONE, DELFIN E MPS NON BASTEREBBE SOMMARE LE PROPRIE QUOTE A QUELLE DI MEDIOBANCA, SAREBBERO COSTRETTI A SBORSARE FINO A CINQUANTA MILIARDI…
Estratto dell’articolo di Alessandro Barbera per “la Stampa”
francesco gaetano caltagirone - giorgia meloni
Che il governo abbia apertamente sostenuto la scalata del Monte dei Paschi su Mediobanca non è un mistero.
Giorgia Meloni, 25 gennaio di quest'anno: «L'operazione è di mercato. Se dovesse andare in porto parliamo della nascita del terzo polo bancario che potrà avere un ruolo importante per la messa in sicurezza dei risparmi degli italiani».
[…] In questa intricata vicenda di finanza e potere sono più importanti i dettagli noti di quelli ignoti, quelli che rimandano precisamente al rispetto delle regole di mercato citate dalla premier.
federico freni 1 foto di bacco
Per ricostruire i fatti occorre tornare indietro di qualche mese. È il 25 giugno. Il sottosegretario leghista al Tesoro Federico Freni è audito davanti alla commissione Finanze della Camera.
Il Partito democratico gli chiede lumi sulle modalità di cessione dell'ultima tranche del 15 per cento del Monte dei Paschi avvenuto a novembre 2024 attraverso la Accelerated Book Building, una procedura che permette di vendere in tempi rapidi quote di società quotate.
Per piazzare quella quota il Tesoro si affida a Banca Akros, la banca di investimento del gruppo Banco Bpm, l'istituto a favore del quale il Tesoro alzerà successivamente uno scudo contro il tentativo di scalata di Unicredit.
Dice Freni: «La cessione è stata condotta in maniera trasparente e non discriminatoria secondo le usuali prassi di mercato e nel rispetto degli impegni assunti nei confronti della Commissione europea».
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE MILLERI
La tesi dei magistrati di Milano è diversa: accusa Akros di aver deciso a tavolino i compratori - il gruppo Caltagirone e la Delfin della famiglia del Vecchio - al punto da aver impedito a Unicredit (di nuovo) di conoscere i dettagli della cessione per una eventuale offerta migliorativa.
La questione più delicata per il governo è però un'altra, ed è la ragione per la quale Freni cita la Commissione europea.
Qui occorre fare un ulteriore passo indietro, e risalire agli accordi presi nel 2017, e confermati nel 2022, che hanno permesso l'uso degli aiuti di Stato nei confronti di Monte dei Paschi.
Allora per evitare il fallimento la banca senese ricevette dallo Stato 10,4 miliardi. Quegli accordi prevedevano l'impegno a cedere successivamente le quote secondo i principi di trasparenza citati da Freni.
Ieri il portavoce della Commissione Olof Gill si è limitato a dire che Bruxelles non ha alcuna competenza nel giudicare la scalata del Monte dei Paschi su Mediobanca. […]
LUIGI LOVAGLIO - FOTO LAPRESSE
Poiché si tratterebbe di una decisione politica, difficile oggi immaginare che la Commissione decida di contestare il rispetto delle regole sulla cessione delle quote di Mps, ma le procedure dicono che se venisse avviata un'indagine, Monte dei Paschi potrebbe essere costretta a restituire al Tesoro quei dieci miliardi di aiuti pubblici.
Sulla strada dell'inchiesta per il governo c'è poi una seconda mina, e riguarda le conseguenze del "concerto" che i magistrati contestano a Caltagirone, Delfin e Mps.
Qui entra in gioco la Consob, la commissione di controllo sulla Borsa.
Fra le notizie trapelate ieri dalla procura di Milano c'è quella di una «relazione informativa» inviata «nei giorni precedenti le perquisizioni» da parte dei magistrati alla stessa Consob e alla vigilanza della Banca centrale europea.
Ciò significa che negli uffici romani dell'autorità ci sono già gli elementi per valutare l'eventuale mancato rispetto delle regole sulle offerte pubbliche di acquisto.
Le norme dicono infatti che se due o più soggetti (in questo caso Caltagirone, Delfin e Mps) si fossero accordati per acquisire il controllo di una terza società (Mediobanca), e per questo avessero già posseduto complessivamente più del 25 per cento delle quote nei dodici mesi precedenti il patto, allora avrebbe dovuto scattare un'offerta "obbligatoria": nel caso di Mediobanca si è deciso per una offerta volontaria.
La faccenda più delicata è un'altra: se quel "concerto" avesse riguardato anche Generali e ci fossero stati analoghi acquisti, allora quello stesso obbligo scatterebbe per acquisire il controllo delle Assicurazioni Generali, l'obiettivo finale di tutta l'operazione.
In questo caso a Caltagirone, Delfin e Mps non basterebbe sommare le proprie quote a quelle di Mediobanca, sarebbero viceversa costretti a sborsare fino a cinquanta miliardi per ottenere il pieno controllo del gruppo. […]
[…] Nelle intenzioni di Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti la (riuscita) creazione del terzo polo Mps-Mediobanca con il sostegno di Caltagirone e degli eredi Del Vecchio doveva servire anzitutto a ostacolare i piani dei vertici di Generali, fin qui molto sostenuti dalla Mediobanca di Alberto Nagel e determinati a far nascere un colosso del risparmio coi francesi di Natixis. L'obiettivo è raggiunto: il 19 dicembre il consiglio di amministrazione di Trieste metterà la parola fine al progetto.
Resta da capire se tutte le mosse necessarie a raggiungere l'obiettivo - fra cui una contestata riforma delle regole sulle maggioranze nelle società quotate - non abbiano minato la credibilità dell'intero sistema finanziario italiano.




