PERNA SPERNACCHIA L’IDEA DRAGHI PER IL QUIRINALE - “È L’ITALIANO PIÙ POTENTE DEL MONDO: CHI GLIELO FA FARE DI LASCIARE LA BCE? È UN INTOCCABILE PER LA FINANZA INTERNAZIONALE ANCHE PERCHÉ PREDICA IN TEDESCO E RAZZOLA AMERICANO” - “NEL ’92 ORGANIZZÒ IL MEETING SUL BRITANNIA PER DARE IL VIA ALLE PRIVATIZZAZIONI, RISOLTE IN UNA RAZZIA DI RUBAGALLINE - COSSIGA LO CONSIDERAVA UN VILE AFFARISTA E SOCIO DI GOLDMAN SACHS”…

Giancarlo Perna per "Il Giornale"

Quando un mese fa il Cav fece il nome di Draghi per il Quirinale, il presidente della Bce replicò fulmineo da Francoforte: «Sto bene qui e ci resto fino a fine mandato» (ottobre 2019). Ora, pare ci riprovi Pier Luigi Bersani, premier in spe, cui è attribuito il seguente piano. Poiché Monti gli dà l'orticaria, lo spedirebbe volentieri a Bruxelles a presiedere la Commissione Ue. Per farcela, deve però richiamare Draghi a Roma (impensabili due italiani insieme ai vertici dell'Europa), ricompensandolo col Colle per la rinuncia alla Bce. Dunque, è di moda abbinare Mario al Colle.

Tutto può succedere, ma immaginare il sessantacinquenne Draghi nel ruolo dell'ottantasettenne Giorgio Napolitano è contro natura. Al Quirinale, senza offesa, ci si va per tirare i remi in barca. Tra dieci anni chissà, ma adesso chi glielo fa fare? Draghi è l'italiano più potente nel mondo. Se Monti ha dei fan a Berlino, Draghi ne ha quanti lui e, in più, molti altri negli Usa. «Predica in tedesco e razzola americano», dicono di lui.

Si è insediato alla Bce benedetto da Obama. Con Ben Bernanke della Fed erano compagni di studi al Mit. Ha una rete di relazioni con i tycoon mondiali che funziona come un reparto di moschettieri: uno per tutti, tutti per uno. Lo prova l'affare Montepaschi.
Appena Bankitalia ­che Mario guidò tra 2006 e 2011­ è stata sfiorata dall'inchiesta, è scattato il soccorso di Washington.

Neanche il tempo di ipotizzare una lacuna nella vigilanza che il Fmi ha stroncato ogni illazione sciogliendo un peana a Via Nazionale. Mario è un intoccabile cui basta una parola per cambiare il corso degli eventi.

È successo il 26 luglio 2012 in piena bufera spread . Draghi ha detto solo: «L'euro è irreversibile» e ha folgorato gli speculatori. I Bot si sono normalizzati, senza che la Bce abbia speso un soldo per calmierare il mer­cato.

Wall Street Journal ha detto: «La reputazione di cui è circondato negli ambienti finanziari internazionali è decisamente superiore all'importanza che l'Italia ha nell'economia mondiale». Insomma,vale più lui di tutti noi.

Questo beniamino della cerchia finanziaria entrò per la prima volta nelle cronache orbiterracque quando, giugno 1992, attraccò nel porto di Civitavecchia, il Britannia, panfilo della Regina Elisabetta. Salirono a bordo, attesi dai magnati della City, il governatore Ciampi, il numero uno Dc per l'Economia, Andreatta, i capi delle holding pubbliche, Iri, Eni, eccetera e il nostro Mario, allora di 45 anni.

Era stato lui a organizzare l'incontro in qualità di fresco direttore generale del Tesoro, incaricato di procedere alle «privatizzazioni», ossia alla liquidazione dell'enorme industria di Stato. Fu il colossale affare degli anni Novanta di cui quel giorno, beccheggiando nel Tirreno, furono fissati i cardini e i decumani.

L'opinione prevalente sulle privatizzazioni è che si siano risolte in una razzia di rubagalline. Poiché Draghi fu magna pars dell'operazione e poiché, subito dopo, fu assunto dalla banca d'affari Usa,Goldman Sachs, a dieci milioni l'anno (per tre anni,2002-2005) le malignità si sono sprecate.

Il più colorito è stato Francesco Cossiga che nel 2008, favoleggiandosi di un Draghi premier, disse per scongiurarlo: «È un vile affarista. Non si può nominare presidente del Consiglio chi è stato socio di Goldman Sachs. Draghi ha liquidato l'industria pubblica italiana da dirigente del Tesoro. Figurarsi cosa farebbe da premier: svenderebbe agli Usa quel che ne rimane».

Gli si rimprovera pure l'inefficacia nel presiedere il Financial stability board, l'organismo che dovrebbe riordinare il caravanserraglio della finanza mondiale. L'orgia di titoli spazzatura, diciotto volte il Pil mondiale, che dà al nostro futuro la serenità di chi balla sul vulcano.

Bene, in cinque anni al Board- dal 2006 a quando nel 2011 entra nella Bce - Mario ha lasciato le cose come stanno,cavandosela con «65 raccomandazioni» accolte da Tremonti con un ironico: «Un'aspirina per una malattia grave». I più incavolati attribuiscono il suo lassismo ai legami con la finanza angloamericana che, prosperando nei pasticci, non vede di buon occhio il risanamento.

Draghi è maestro nel scansare le critiche. Madre natura gli ha dato un viso imperturbabile- definito «faccia da poker» - con un piccolo sorriso da Gioconda che conserva anche nel sonno (tre ore in tutto, gli bastano). Poi, ha il trucco dell'ascensore. Quando sta per entrare con lo staff in uno, all'ultimo si sgancia e ne prende un altro per restare solo. Lo stesso se qualcuno comincia a criticarlo: si infila nell'ascensore a fianco e tronca lì la cosa.

Romano di buona famiglia - il padre era un alto dirigente bancario- Mario, ancora adolescente, rimase orfano, a cascata, di entrambi i genitori. Ha badato a se stesso, alla sorella e al fratello minori. Al Classico, dai Gesuiti dell'Istituto Massimo, era in classe con Luca Cordero, Staffan de Mistura, Giancarlo Magalli.

Si laureò in Economia con Federico Caffè ed ebbe la lode. Poco dopo si intrufolò a Palazzo Koch, sede di Bankitalia, sapendo che il futuro Nobel, Franco Modigliani, docente al Mit di Boston, era in visita dal governatore, Guido Carli. Anziché essere preso a pedate come sarebbe successo a noi, riuscì- forse per i buoni uffici di Caffè - a parlare con Modigliani che usciva dal colloquio.

Spiegò che voleva andare al Mit per un PhD con lui e lo pregò di trasformare in americana la sua borsa di studio italiana, per affrontare le spese. Esaudito, passò sette anni nel Massachusetts inanellando molte delle attuali amicizie Usa (tra i suoi compagni di corso, Mario Baldassarri) e prendendo l'abitudine harvardiana di stare sempre in giacca anche in caso di zero assoluto, al massimo una sciarpa.

Sposato con la padovana Serena Cappello - discendente di Bianca Cappello, la cinquecentesca granduchessa di Toscana assassinata - fu messo in imbarazzo dal suocero che gli donò un cappotto. Fece buon viso, ma lo appese al braccio e, accampando il caldo, uscì senza indossarlo. Dei due figli, Giacomo è laureato alla Bocconi e ora lavora a Londra in Morgan Stanley (una Goldman Sachs bis); Federica è biologa alla Genextra di Francesco Micheli.

Dopo il PhD e prima di diventare grand commis, Mario ha insegnato dieci anni economia al Cesare Alfieri di Firenze. Una volta, un cronista, stupito di vedere Draghi mescolato ai comuni mortali, riportò sul giornale che «per tornare da Brescia a Milano ha preso l'Intercity delle 15,05, scambiando quattro chiacchiere con un passeggero». Quando anche di voi si riferiranno queste minuzie imbecilli, saprete di essere illustri.

 

GIORGIO NAPOLITANO E MARIO DRAGHIDRAGHI-NAPOLITANOnapolitano draghi Banchieri Centrali Shirakawa Bernanke Trichet Draghi King Draghi, Merkel e Monti mario DRAGHI E MONTI FABRIZIO SACCOMANNI MARIO DRAGHI VITTORIO GRILLIDraghi e Grillisntgdo04 carlo azeglio ciampiope38 carlo azeglio ciampi

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...